
Appena i jihadisti capeggiati dal “taleb”, tradotto in studente, di al-Qaeda, Ahmad al-Shareh, hanno deposto il regime dell’alawita Bashar al-Assad, il governo golpista di Damasco, in un primo momento, aveva deciso di cacciare i russi dal Paese, ma dopo veloce ripensamento ha optato per rinegoziare le concessioni accordate dal regime di Assad alla Russia per le basi di Tartus e di Hmeimim. Le due “licenze” hanno una durata fino al 2091 per la prima e durata illimitata per la seconda. La rinegoziazione è chiaramente finalizzata ad un tentativo, azzardato, di ridimensionamento del potere di Mosca sul territorio siriano, ma anche tesa a ottenere condizioni economiche migliori. Nonostante il caos siriano la questione delle basi russe in Siria è per Mosca essenziale, sia per la presenza militare della Russia in Medio e Vicino oriente, ma anche come fondamentale trampolino per l’Africa.
Ma oltre agli interessi geostrategici di Mosca, è verosimile che le trattative aperte tra i russi ed il governo siriano su questi fondamentali siti militari e commerciali, potrebbero configurarsi, per la Siria, come una merce di scambio per ottenere un sostegno a livello diplomatico, oltre che rientri economici frutto delle operazioni commerciali russe. Ricordo che Mosca è radicalmente impegnata e coinvolta sia nell’economia che nella difesa siriana almeno dal 1947 (guerra fredda), quindi il suo impegno nella guerra civile siriana del 2015, che è stato fondamentale per mantenere Bashar al-Assad al potere, arriva a valle di un rapporto dove il Cremlino ha investito somme ed energie enormi nel Paese. Inoltre, l’8 dicembre – appena deposto Assad – proprio dalla base di Hmeimim l’ex presidente, con la sua famiglia, sono partiti verso la Russia, dove hanno trovato accoglienza. Attualmente le due basi russe sono ancora parzialmente attive, ma mentre prima i militari di Mosca potevano liberamente muoversi nelle città costiere siriane, e dalle basi decollavano aerei per bombardare i ribelli che combattevano contro il regime di Bashar al-Assad, ora piccoli gruppi, di ex ribelli, montano la guardia all’ingresso di entrambi i complessi. Oggi i militari russi prima di uscire dalle basi dovrebbero informare le guardie siriane, ma in pratica godono di una discreta libertà di movimento.
I contatti tra il potere precario in Siria e gli emissari russi sono ormai frequenti, infatti da più fonti sia russe che siriane, oltre che da alcuni organi diplomatici internazionali, vengono rivelati dettagli interessanti sui primi contatti a livello verticistico tra il presidente jihadista Ahmad el-Shareh e un autorevole rappresentante di Vladimir Putin. È trapelato, ma l’argomento era stato già manifestato dalla Russia subito dopo il golpe, che gli argomenti trattati erano relativi ai miliardi di dollari di debito che la Siria ha nei confronti della Russia, e anche ad un possibile rientro dei fondi siriani depositati in Russia, nonché sul destino dell’ex presidente Assad. Una risoluzione diplomatica tra la Siria e la Russia è sicuramente vantaggiosa per entrambi. Anche perché, nonostante ci sia stato un opinabile allentamento di alcune sanzioni europee e statunitensi verso il regime jihadista siriano, le restanti restrizioni non favoriscono le operazioni del nuovo governo damasceno. Il Paese è devastato da anni di conflitti e instabilità che hanno causato un forte impoverimento della società; di conseguenza il ripristino delle tradizionali forniture russe di carburante e grano risultano fondamentali per la sopravvivenza dei suoi quasi 23 milioni di abitanti. Inoltre la Russia da decenni fornisce armi alla Siria, e in un contesto dove Israele ha già distrutto la quasi totalità dell’arsenale militare siriano, le forniture di armamenti sarebbero necessari per il regime che ha previsione di utilizzarle abbondantemente all’interno del Paese.
Al momento risulta, da fonti delle Nazioni unite, che la Russia non ha ripreso le esportazioni di grano in Siria, ma che, visti i continui contatti, non è escluso che a breve riprenda questo mercato. Il regime siriano è bramoso di riaprire i rapporti con la Russia, ex nemici, oggi potenza in ascesa, grazie anche a Donald Trump, e Mosca resta un potere troppo influente per non essere compresa nelle dinamiche siriane. Da parte sua la Russia ha bisogno di un governo a Damasco che garantisca i suoi interessi, ed è pronta a concludere accordi che permettano il mantenimento delle basi militari e di conseguenza il business correlato. Elemento significativo è che Trump ha un atteggiamento “non invadente” verso la Siria, fattore strategico nel quadro delle relazioni tra Washington e Mosca. Va anche considerato che con la cacciata di al-Assad la Siria è uscita dal cono d’ombra proiettato dall’influenza dell’Iran, acerrimo nemico, per ora, degli Stati Uniti.
Allo stesso tempo Israele favorirebbe la Russia a mantenere la sua presenza nel Paese per contrastare l’influenza della Turchia, attore molto attivo nel supportare i gruppi che hanno acceso la ribellione siriana, tra cui Hay’at Tahrir al-Sham, recentemente sciolto dal suo capo il neo presidente el-Shareh.
In realtà la questione siriana è frastagliata e osservata con attenzione a livello internazionale. Gli attuali rapporti siro-russi sono basati su interessi strategici comuni, che riguardano aspetti fondamentali come la vendita di armi, o come i finanziamenti e la tecnologia per le infrastrutture fondamentali, come dighe e centrali elettriche. La Siria, prima del colpo di Stato jihadista, era generalmente esente da debiti esteri, ma ora deve una cifra che tocca i 23 miliardi di dollari, non tutti destinati al Cremlino. Ahmad el-Shareh a fine gennaio aveva chiesto la cancellazione dei debiti e prestiti contratti con la Russia dal precedente regime, computabili in miliardi di dollari; importi che contribuiscono a spronare l’ansimante governo siriano a scendere a compromessi senza eccessivi negoziati.
Un altro fattore che rafforza una realtà che vede il regime siriano governare il Paese in modo discontinuo e disomogeneo e con ostacoli in crescita. Una questione che riporta il titolo del mio precedente artico: Chi comanda in Siria? Forse anche la Russia!
Aggiornato il 17 marzo 2025 alle ore 10:01