Rimpatri: l’Unione europea fa ordine

La proposta per un modus operandi comunitario. Bruxelles prova a mettere ordine nel caos dei rimpatri, il vero punto debole della gestione migratoria in Europa. Attualmente, solo un migrante su cinque lascia effettivamente il territorio Ue dopo un ordine di espulsione. Troppo poco, troppo lento. E soprattutto, con 27 sistemi diversi, l’inefficienza è la regola, non l’eccezione. Ecco perché la Commissione europea ha deciso di voltare pagina con la proposta di un nuovo regolamento sui rimpatri, che sostituirà la direttiva ormai obsoleta del 2008. “Mettiamo ordine in casa nostra”, ha dichiarato Henna Maria Virkkunen, la vicepresidente della Commissione. Ormai non è più segreto che l’Ue voglia diventare padrona del suo destino in materia di immigrazione, e senza un meccanismo efficace, la fiducia dei cittadini vacilla e gli estremismi trovano terreno fertile. Ma il vero nodo che sta facendo discutere è la creazione di hub per i rimpatri nei Paesi terzi, strutture dove trasferire chi ha già ricevuto un provvedimento di espulsione. Vedi gli accordi tra Italia e Albania.

Bruxelles è rimasta colpita in positivo dalla soluzione adottata dal governo di Giorgia Meloni, ma precisa che gli hub non saranno centri per richiedenti asilo e che non si tratterà di un “copia e incolla” del modello albanese o ruandese. Funzioneranno solo in Paesi terzi che rispettano i diritti umani e saranno attivati in base ad accordi formali. Nessun minore non accompagnato o famiglia con bambini verrà trasferito in queste strutture. “Gli hub per i rimpatri sono diversi rispetto al modello Albania ma guardiamo a tutte le altre soluzioni innovative, lo facciamo con mente aperta. Diamo un’occhiata, vediamo se funziona o meno. Se funziona, funziona”, ha spiegato Magnus Brunner, commissario agli Affari interni e migrazioni. Al momento, fonti Ue assicurano che le strutture in Albania non potranno essere trasformate in centri di rimpatrio prima dell’adozione del nuovo regolamento.

L’altra grande novità è “l’ordine europeo di rimpatrio”, pensato per eliminare la frammentazione tra i vari Stati membri. Attualmente, un migrante irregolare può ricevere un provvedimento di espulsione in un Paese e poi spostarsi in un altro senza conseguenze immediate. Con il nuovo sistema, invece, un ordine di rimpatrio varrà per tutta l’Unione. Dal 2027, Bruxelles potrà addirittura rendere obbligatorio il riconoscimento reciproco di questi ordini tra i Paesi Ue, se verranno rispettate le condizioni giuridiche e tecniche. In modo tale che chi riceve un ordine di espulsione non potrà più eluderlo semplicemente attraversando un confine. Ma non si tratta solo di espulsioni forzate: il nuovo regolamento punta anche a incentivare i rimpatri volontari, offrendo assistenza, supporto economico e programmi di reintegrazione per chi decide di tornare nel proprio Paese dorigine.

Chi prova a sottrarsi al rimpatrio dovrà fare i conti con nuove regole più severe. Chi non collabora rischia di perdere benefici, vedersi confiscati i documenti o subire restrizioni più rigide. La detenzione, vista come ultima opzione, sarà comunque possibile nei casi di rischio di fuga. La durata massima salirà da 18 a 24 mesi, con possibilità di proroga per chi è considerato un pericolo per la sicurezza. Chi invece collabora con le autorità potrà beneficiare di misure più favorevoli.

Aggiornato il 12 marzo 2025 alle ore 15:52