
Chi sono i Maga boys (o “maghist”, contrazione di Maga purist) stile Steve Bannon? In sintesi, sono coloro che credono nel miracolo del melting pot sotto l’egida secolare della bandiera stars & stripes, in ragione della quale si richiama all’inedita alleanza tra la vecchia working class bianca dei forgotten people, e quella multirazziale dei nuovi lavoratori immigrati regolari. Entrambi storicamente accomunati dall’odio nei confronti delle élite globaliste e dei migranti illegali, che assediano le frontiere con il Messico. La strategia dei “maghist” è chiara: istituzionalizzare la rivolta populista e nazionalista prendendo pieno possesso delle istituzioni del Paese, quest’ultimo da riformare e risanare, plasmandolo a immagine e somiglianza del popolo americano e di tutti i suoi lavoratori e lavoratrici. I Maga privilegiano così un sentimento prettamente nativista sul piano simbolico, per cui sentirsi un cittadino americano è uno stato di spirito e non di nascita. Combattere l’immigrazione illegale è poi a loro avviso una missione del mondo del lavoro in generale, e dei lavoratori regolari latinos e afroamericani in particolare, perché i bassi salari di chi lavora in nero e non ha un regolare permesso di soggiorno sono una rovina per tutti. In questa visione pseudo rivoluzionaria, le categorie politiche tradizionali di repubblicani e democratici sono inutili e inservibili, perché la vera distinzione è tra populisti nazionalisti contrapposti a elitisti globalisti. Per i maghist, ogni legge o atto di governo non deve essere orientato soltanto al mito di America First!, ma deve andare incontro alle esigenze concrete del cittadino.
L’intera azione politica, cioè, si deve strutturare sulla valutazione degli effetti che le sue decisioni e le relative scelte legislative hanno sulla vita ordinaria dei cittadini americani, tenendo esclusivamente conto degli aspetti pratici che ne discendono, per quanto riguarda le ricadute economiche e il sostengo dei redditi da lavoro. Le classi lavoratrici e le varie etnie debbono prestare la massima attenzione alle ingiustizie che le riguardano, e di cui sono responsabili le élite globali contro le quali occorre predisporsi politicamente a una mobilitazione permanente. Liberarsi dalle catene della moderna schiavitù significa smantellare le cittadelle parassitarie e blindate della burocrazia federale, riducendo la spesa pubblica ai suoi limiti fisiologici, in modo da favorire gli sgravi fiscali per le classi lavoratrici, nonché la crescita economica e il risparmio privato. E questo spiega la necessità di creare il Doge per i tagli alla spesa pubblica, affidandone la responsabilità al miliardario visionario Elon Musk, affiancato da una squadra di giovanissimi geni “inesperti”, i soli in grado di sperimentare vie nuove e inedite, per alleggerire l’onere sul contribuente americano del mantenimento del Leviatano burocratico.
Come si traduce tutto questo in termini di geopolitica e di rottura dei rapporti pluridecennali tra Europa e America? In proposito, la visione di Maga, e di Donald Trump personalmente, si articola su di una doppia critica impietosa del ruolo svolto dall’America post-1945. In primo luogo, secondo i maghist, sulle amministrazioni americane passate grava la responsabilità di aver finanziato, fino al punto di andare in rovina, la protezione degli alleati europei dopo la fine della Seconda guerra mondiale, per cui la posizione egemonica degli Usa si sarebbe rivolta a suo diretto danno, dato il suo ruolo di “ufficiale pagatore” della pax americana. Questo spiega la ragione per cui l’America di Trump è portata a considerare l’Europa come un suo protettorato, fino al punto di spingersi ad accordarsi direttamente con Vladimir Putin per una Yalta 2.0, prendendo come pretesto la risoluzione del conflitto in Ucraina. Di conseguenza, l’imperialismo americano rinuncia alla sua ideologia messianica del XX e dell’inizio del XXI secolo di “esportazione della democrazia” (e del relativo onere di mantenimento degli istituti multilaterali internazionali), abbandonando così i principi del multilateralismo e del dirittismo onusiano. Con Trump si torna a parlare il linguaggio esplicito dei rapporti di forza (rispetto ai quali l’Europa si trova del tutto impreparata), assumendo il rischio per l’America di essere etichettata come potenza predatrice, che genera diffidenza e repulsione all’estero, creando però come contrappeso notevoli vantaggi al suo interno, dal punto della redistribuzione delle risorse.
La seconda, importante recriminazione dei maghist nei confronti dell’Europa riguarda il fatto che l’America ha pagato a caro prezzo negli ultimi 30 anni (a causa del consolidamento di un importante deficit commerciale annuale a favore dell’Unione europea) le pratiche commerciali del libero scambio, da riequilibrare pertanto con una politica tariffaria tale da favorire i processi di reindustrializzazione interna, per il rilancio produttivo e occupazionale negli Usa. Maga, quindi, è una sorta di fin-de-partie per le illusioni di un mondo irenista, così come elaborate dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, quando l’intero Occidente sognava (alla Francis Fukuyama) un mondo pacificato dal diritto e dal commercio, al cui interno erano destinate ad annullarsi progressivamente tutte le differenze tra i popoli e le loro civilizzazioni. E poiché quel fantasma aveva come ossessione l’omologazione giuridica e amministrativa dell’umanità, si sapeva che prima o poi qualcuno avrebbe chiamato banco, obbligando tutti a prendere atto della cruda realtà del diritto della forza.
A quanto pare, in un atto di resilienza disperato, quanto inutile, solo l’Europa continua a credere nella continuazione di una pax americana senza l’America, mentre Trump pensa bene di ricreare un contrafforte geopolitico duale e simmetrico all’imperialismo di Vladimir Putin, lasciando a Mosca mano libera per riprendersi tutto lo spazio perduto, in cui sussistano valide ragioni per la tutela della Russia etnica. Quindi, un buon consiglio per l’uso, a beneficio di Bruxelles: prendere atto dell’impossibilità di fare tutto da soli e, dopo aver messo in comune difesa, finanza e politica estera, scegliere da che parte stare, perché tertium non datur, tra America, Russia e Cina.
Aggiornato il 12 marzo 2025 alle ore 09:53