Onu: 6 miliardi di dollari per aiutare il Sudan

La guerra civile in Sudan continua a mostrare la sua più terrificante immagine. Ormai il Paese è diviso geograficamente e tra fazioni. Il conflitto, con fisionomia da guerriglia, si svolge tra i paramilitari delle Rsf, Forze di supporto rapido, di Mohamed Hamdan Dagalo e l’esercito del generale Abdel Fattah Abdelrahman Al-Bourhan. I due generali prima del colpo di Stato dell’ottobre 2021 che ha deposto primo ministro del governo di transizione sudanese, Abdalla Hamdok, erano alleati. Poi la fame incontrollata di potere ha diviso i due alleati facendo piombare il Paese, dall’aprile 2023, nella più catastrofica condizione sociale immaginabile. Mentre l’esercito “regolare” controlla il Sudan orientale e settentrionale, i paramilitari di Dagalo, detto Hemetti, controllano quasi tutto il Darfur occidentale, un vasto territorio dove sopravvivono 12 milioni di abitanti, circa un quarto della popolazione totale che conta 48 milioni. Intanto i morti sono decine di migliaia, le violenze sessuali sono uno strumento di guerra, e gli esodi sono diventati una costante in continua crescita.

In uno scenario dove una soluzione politica è difficilmente spendibile, le Nazioni unite, il 17 febbraio, hanno chiesto di poter raccogliere 6 miliardi di dollari come risorsa per poter fornire subito aiuti necessari alla popolazione sudanese. I sei miliardi dovrebbero, secondo quanto comunicato dall’Unhcr, Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati e dall’Ocha, Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari, servire a dare sostegno almeno alla metà della popolazione sudanese. Quello che si prevede da ora al mese di maggio non può che aggravare la condizione dei sudanesi. La carestia incombente e prevista renderà aride anche quelle poche risorse che fanno sopravvivere una popolazione già oltre lo stremo. Il tutto va visto anche nei dati raccapriccianti, di fonte Nazioni unite, i quali rivelano che da quando è iniziata la guerra civile almeno 12 milioni di sudanesi sono sfollati, di questi quasi quattro milioni sono scappati oltre confine.

Viste le aree considerate a criticità massima, che al momento sono cinque, è stato stimato che due terzi della popolazione totale soffre la fame e la carestia. Tra queste i due campi di sfollati nei Monti Nuba meridionali e Darfur, rappresentano una criticità assoluta dove la sopravvivenza è una battaglia quotidiana. La realtà è che esiste un’emergenza umanitaria di proporzioni sconvolgenti, tra carestia, violenza sessuale dilagante, bambini uccisi o feriti. Una condizione a cui l’Onu ritiene di fare fronte con continui e ingenti finanziamenti che dovrebbero permettere anche l’accesso al Paese via mare, via terra e via aria. Inoltre, oltre i grandi investimenti sull’assistenza ai sudanesi presenti nel Paese, l’Onu ritiene che almeno due miliardi servirebbero per gli aiuti ai sudanesi sfollati in Egitto, in Libia, nella Repubblica Centrafricana, in Etiopia, in Ciad, in Uganda e nel Sud Sudan.

La situazione in Sudan pone la popolazione ad affrontare una sfida dove la sopravvivenza è l’obiettivo. Ma il perdurare di tale criticità creerà un buco generazionale dove una parte della popolazione adolescente non potrà usufruire della minima istruzione, impedendo una fisiologica crescita o quantomeno quella minima continuità che in questi contesti già è un traguardo. Comunque nel 2024 le organizzazioni umanitarie hanno ricevuto quasi due miliardi di dollari per il Sudan, che pare abbiano sostenuto quasi 16 milioni di sudanesi, oltre ad aver prodotto un notevole sostentamento alimentare per oltre un milione di persone sfollate in altri Paesi confinanti.

Sicuramente un importante sforzo, anche quello di ottenere ulteriori sei miliardi di dollari, ma che potrebbe essere ottimizzato, se le “risorse diplomatiche” fossero investite anche verso i due generali contendenti, ai quali in modo diretto o indiretto, controllando rispettivamente parti del Paese, a queste somme non credo siano indifferenti.

Aggiornato il 21 febbraio 2025 alle ore 10:25