Trumpist! Il “Mega” power

Quale è il differenziale politico (vero) tra gli Stati Uniti di Donald Trump e l’Unione europea di Ursula von der Leyen & Co? La differenza sostanziale è la seguente: il primo firma ordini esecutivi, che hanno effetto immediato e danno tempestivo seguito ai suoi impegni presi in campagna elettorale. La seconda, invece, ha solo il potere di proporre regole la cui efficacia ed effettività necessitano di tempi esasperatamente lunghi. Il primo comanda, la seconda deve chiedere il permesso a 27 condomini litigiosi. Allora, come si arricchisce di contenuti lo slogan “Mega” (Make europe great again) senza che l’Europa abbia una lingua comune? Innanzitutto, una piccola nota di colore, per la rivendicazione simbolica del logo “Mega”, da parte di questa testata: nell’articolo La Rivoluzione conservatrice: a partire da Trump si sottolinea che “la vittoria di Maga chiama alla reiterazione del suo successo (tipo “Mega”) anche qui in Europa, più ricca e più potente dell’America, se non marciasse perennemente disunita”.

Per uno slogan così coinvolgente, si presuppone che chi lo ha enunciato abbia in mente una strategia epocale, per il totale rinnovamento politico-economico del Vecchio Continente. Per ora, però, non si è ancora visto nulla del genere, anche se, con molta fatica, dalle parti del regolamentificio di Bruxelles (che è poi un cementificio, in cui viene murata viva la volontà collettiva) qualcuno balbetta di una massiva emissione di eurobond per una difesa e un’Intelligenza artificiale comuni. A ben vedere, il tutto è destinato a configurarsi come un’altra follia della cartiera Straburgo-bruxelloise di regole sovrastrutturali, per cui poco accadrà nei prossimi decenni, dato che senza bilancio, fiscalità e spesa comuni ogni Paese membro farà del suo meglio per intralciare il processo di unificazione, in materia di difesa e di digitalizzazione.

Come qualche esperto ha fatto notare, nella Ue si producono 12 tipi di tank, mentre l’America adotta un solo modello, per non parlare degli aerei da caccia, che sono cinque-sei volte tanto rispetto al loro unico omologo costruito negli Stati Uniti. Allora, all’Europa disunita, in preda a convulsioni isteriche per aver perduto per sempre l’ombrello protettivo di difesa americano, non resta che mettere mano al portafoglio, sfoltendo il più possibile l’albero del dirittismo, che costa carissimo al contribuente europeo, perché non si può garantire più welfare, accoglienza, protezione e diritti per tutti, sperando che sia qualcun altro a pagarli. L’unica salvezza per questo continente alla deriva sarebbe quella di avere un sola leadership, e un unicocapo” che possa sedersi alla pari al tavolo delle trattative “multipolari” della geopolitica mondiale con i suoi pari grado di Cina, Russia, America e India.

Ma anche qui: come si fa a parlare di “Europa” escludendo una visione di lungo periodo per il suo ricongiungimento con l’Eurasia (Russia, in particolare), “contro” e assieme alla quale si è combattuto per secoli (vedi oggi l’Ucraina), mancando in modo folle, per colpe imperdonabili dell’America, della Germania e della Francia, l’accordo per il totale superamento di Yalta a favore della riunificazione politico-economica tra Europa e Russia dopo il 1991? Altra considerazione sostanziale: perché non fare come l’India che ha sottoscritto importanti joint-venture con l’industria degli armamenti Usa, per impiantare sul suo territorio fabbriche avanzate di armi ultramoderne, che beneficiano del know-how statunitense?

In pratica, anziché coltivare il nostro orticello continentale per armonizzare e mantenere decine di industrie nazionali degli armamenti, così come per l’Ia, perché non investire (alla cinese) alcune migliaia di miliardi di euro in comune per la costruzione di joint-venture inter-occidentali nei suddetti settori, copiando la mossa dell’India, cosa che ci risparmierebbe decine di anni per poter competere con colossi come Cina e Russia? Il terzo pilastro, però, il più importante di tutti, sarebbe far diventare la Ue più attrattiva della Cina come mercato del lavoro, per quanto riguarda investimenti e delocalizzazione delle più importanti industrie nazionali americane, come quelle della Silicon Valley e degli armamenti. Lo si può fare copiando in meglio il capital-comunismo cinese, nel senso di colmare con la spesa comune (emissione di eurobond) la forbice esistente tra mercato del lavoro asiatico e quello europeo nei settori produttivi strategici. Mossa totalmente giustificata quest’ultima per compensare l’aggravio, sul costo-orario del lavoro in Europa, delle necessarie tutele (sicurezza e welfare pensionistico) per la protezione dei nostri lavoratori.

In pratica, se a parità di qualità e di standardizzazione lo stesso item (un bene industriale qualsiasi) costa “sei” in Cina e “dieci” in Europa, allora i “quattro” di differenza sarebbero proporzionalmente coperti con risorse finanziarie comuni europee, per la parte relativa all’aggravio delle nostre maggiori tutele sul lavoro.

Poi, c’è da fare un grande discorso su che cosa si deve intendere per “democrazia”. Si prendano come esempio le migrazioni di massa e i movimenti di centinaia di milioni di irregolari, che tentano in ogni modo di entrare in Occidente, creando enormi problemi di sicurezza, integrazione e di spesa (sempre più insufficiente) per l’accoglienza. Stabilito che i trafficanti sfruttano a loro vantaggio la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e il Diritto del mare, per non favorire il ritorno dei totalitarismi (come sta accadendo) non c’è che un modo di procedere: sospendere quegli accordi a tempo indeterminato, riattivando il diritto al respingimento, e assimilare le organizzazioni di trafficanti di esseri umani e del narcotraffico a quelle del terrorismo internazionale, nei cui confronti è legittimo l’intervento armato.

Del resto, si è mai sentito di migrazioni epocali verso Cina, Russia e i ricchissimi Stati del Golfo? Se la maggior parte dei Paesi africani, ricchi di risorse naturali, sono in bancarotta a causa del saccheggio indiscriminato e del malgoverno criminale da parte delle loro leadership post-coloniali, perché assumercene le colpe? O chiudiamo ermeticamente le frontiere, azzerando tutti i contributi per l’assistenza, oppure decidiamo per una delta force, con compiti di polizia internazionale, per salvare centinaia di milioni di persone da violenze, miseria e persecuzioni. Occorre, cioè, ripensare da cima a fondo il concetto di democrazia, ripristinando il ragionevole uso della forza e, soprattutto, creando una Onu 2.0 in cui si entra solo se si hanno istituzioni funzionanti come le nostre!

Aggiornato il 11 febbraio 2025 alle ore 09:52