Russia: economia di guerra o economia di pace?

L’obiettivo della propaganda russa è stato sin dall’inizio dell’operazione speciale, quello di mantenere l’illusione di resistere anche passivamente agli effetti esterni che colpivano il Paese, cioè le “sanzioni”. In effetti, le previsioni che venivano lanciate dall’inizio del conflitto, ormai al terzo anno, che facevano presagire sofferenze e drammi sociali, si sono poi rivelate parzialmente esatte. Infatti, non solo la crescita economica ha retto, ma grazie alla mobilitazione dell’economia di guerra che ha rinfrancato il complesso militare-industriale, che opera a pieno ritmo, la produzione nazionale ha fatto sviluppare un’accelerazione, che come è storicamente di prassi, ha portato la disoccupazione a livelli minimi. Meglio si può comprendere questa dinamica economica legata al conflitto se si osserva cosa sta succedendo oggi in Russia, magari puntare l’attenzione sull'inflazione e sulla politica monetaria tracciata dalla Cbr, Banca centrale della Russia.

Infatti, leggendo quanto sta accadendo nei meandri del potere russo, si nota una forte inquietudine degli oligarchi russi e del mondo imprenditoriale. Così questo disagio punta lo sguardo verso i tassi di interesse che risulta stiano viaggiando intorno al 20 per cento già da alcuni mesi, un livello che non si raggiungeva almeno da un ventennio, e che sta disorientando alcune fasce sociali e soprattutto settori economici. In questo quadro finanziario tremante la colpa di tali sbilanciamenti viene attribuito al governatore della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina, alla quale tutti i capitani di industria addebitano la responsabilità dei movimenti del sistema monetario. È evidente che in ambito imprenditoriale, con il costo del denaro a livelli alti, resta difficile fare investimenti o prevedere progettualità che possano dare una redditività veloce e superiore ai tassi di interesse attualmente applicati.

La realtà è che è sempre più difficile per il popolo fare fronte ai propri debiti, il che porta a fallimenti di massa. Ancora più grave è la situazione per quelle aziende russe che hanno il debito a tasso variabile. Ma anche l’azienda ferroviaria russa Rossijskie železnye dorogi, Ržd, che è presente nel settore in regime di monopolio, e che è il più grande datore di lavoro del Paese, ha comunicato che nel corso di questo anno taglieranno i propri investimenti almeno del 35 per cento. Circa l’immobiliare, il governo non ha più i mezzi per sovvenzionare prestiti che consentano ai privati ​​di continuare a indebitarsi. Considerando anche che la bolla speculativa sui prezzi negli ultimi anni è salita a livelli vertiginosi. Ma come sempre accade, tutto questo articolato sistema economico bilancia la crisi con l’economia di guerra: un puntello economico che farebbe pensare che se dovesse mancare per “questioni di pace”, potrebbe far crollare veramente la struttura economico-sociale del Paese.

Così nell’incertezza dei tempi si ricorre sempre all’oro o al “mattone”, in questo caso il mattone è più evidente. Intanto, coloro che fanno della crisi ricchezza, gli oligarchi, stanno investendo sull’immobiliare. Così vediamo che questi personaggi che fanno affari prevalentemente all’estero, rimpatriano i loro profitti investendo su abitazioni di lusso. Infatti, per quanto riportato dalla società Knight frank Russia – che offre una panoramica del mercato degli investimenti immobiliari in Russia, che esplora e pubblica le dinamiche degli indicatori chiave e le tendenze di mercato-, il prezzo di queste abitazioni a Mosca è aumentato, guarda caso, di oltre il 20 per cento nel 2024. Adesso il metro quadrato tocca i 20mila euro, sulla linea, e superando, i prezzi riscontrabili nelle zone di prestigio di Parigi, Londra, Roma e Milano. Gli appartamenti di lusso nel centro storico di Mosca superano i trenta milioni di euro, mentre in periferia le ville di classe affacciate sulla Moscova vengono proposte in vendita tra i 20 e i 40 milioni di euro.

Potrebbe sorprendere questo stato di salute immobiliare in un Paese in guerra, con l’economia devastata dalle sanzioni e dove l’inflazione ha toccato il 9 per cento nel 2024, ma sono proprio le sanzioni e l’inflazione a spiegare questa improvvisa passione degli oligarchi russi per i loro capitali. Tuttavia la Russia, o meglio per ora Vladimir Putin, dovrà prima o poi sedersi al tavolo dei negoziati, ma oltre il business degli oligarchi nel mercato immobiliare, la presenza della stagflazione, cioè il matrimonio tra stagnazione e inflazione, non facilita un equilibrato dialogo con gli interlocutori designati a tracciare un piano di pace.

Forse per la Russia ancora è meglio un’economia di guerra piuttosto che una economia di pace?

Aggiornato il 10 febbraio 2025 alle ore 10:41