Amministrazione americana per Gaza

L’unica via per la pace

L’idea di Donald Trump di un’amministrazione americana per la Striscia di Gaza nel periodo post-bellico non è solo pragmatica, ma necessaria. Dopo anni di instabilità e di dominio di Hamas, che ha fatto della Striscia di Gaza una roccaforte del terrore, la priorità deve essere garantire sicurezza e sviluppo. Israele ha il diritto di difendersi e di smantellare le infrastrutture belliche, ma una volta terminata la tregua, chi garantirà che Gaza non torni a essere una base per attacchi terroristici? Le Nazioni unite hanno dimostrato di essere inefficaci, l’Unione europea predica ma non agisce, mentre gli Stati arabi hanno spesso usato la questione palestinese come arma politica piuttosto che risolverla davvero. Qui entra in gioco la proposta di Trump: un’amministrazione americana, magari con il supporto di Israele, per guidare la ricostruzione e garantire che Hamas non torni mai più al potere. Senza Hamas, la popolazione di Gaza potrebbe finalmente avere una speranza di normalità, sviluppo economico e sicurezza.

Del resto, chi ancora crede che Gaza possa essere governata con la presenza di Hamas dovrebbe guardare alla sua gestione del potere. Negli anni, l’organizzazione ha represso brutalmente ogni forma di dissenso, facendo sparire oppositori, incarcerando giornalisti scomodi e usando il pugno di ferro contro i manifestanti che osavano criticare la corruzione e il carovita. Chiunque si sia opposto al regime è stato intimidito, torturato o ucciso. E mentre il popolo palestinese soffriva, Hamas ha dirottato miliardi di aiuti internazionali per costruire tunnel del terrore e nascondere armi nei magazzini delle scuole gestite dall’Onu, con il silenzio complice dell’Organizzazione che, più volte, ha sorvolato di fronte a queste violazioni. L’unico modo per assicurare un futuro a Gaza è togliere il controllo dalle mani dei terroristi e metterlo in quelle di chi ha davvero la volontà e la capacità di ricostruire.

Per decenni, la comunità internazionale ha cercato di stabilizzare Gaza con aiuti economici e progetti di cooperazione, ma ogni tentativo è fallito perché il vero problema non è la mancanza di fondi, bensì chi li gestisce. Gli aiuti umanitari sono spesso finiti direttamente nelle mani di Hamas, che li ha usati per acquistare armi e rafforzare il proprio controllo sulla popolazione. Strutture dell’Onu, come le scuole dell’Unrwa, sono state trasformate in depositi di razzi, mentre sotto gli stessi edifici venivano scavati tunnel destinati a futuri attacchi contro Israele. A rendere ancora più grave la situazione, il fatto che persino alcuni dipendenti delle Nazioni unite siano stati coinvolti attivamente nelle operazioni terroristiche di Hamas, come rivelato da Israele dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023. Eppure, invece di adottare misure drastiche, l’Onu ha continuato a trattare Hamas come un attore legittimo, permettendo che la sua rete di terrore e antisemitismo prosperasse sotto la loro amministrazione.

La verità è che Hamas non è solo un problema per Israele, ma per la stessa popolazione palestinese. Sebbene mantenga un certo livello di sostegno a Gaza, soprattutto per motivazioni ideologiche, ogni tentativo di opposizione è stato soffocato nel sangue, con arresti arbitrari e torture. L’amministrazione americana proposta da Trump, con il supporto di Israele, non sarebbe un’occupazione coloniale, ma una misura temporanea per garantire che Gaza non ricada nel caos. Sarebbe una gestione di transizione, mirata a ristabilire l’ordine, garantire sicurezza e ricostruire le infrastrutture senza il pericolo che finiscano nelle mani sbagliate. Israele, che ha tutto l’interesse a garantire che Gaza non torni a essere un covo di terroristi, può fornire l’esperienza e la sicurezza necessarie per evitare che Hamas o altre organizzazioni estremiste rinascano dalle macerie. Gli Stati Uniti, invece, possono portare le risorse e il know-how per avviare una ricostruzione vera e duratura.

Questa soluzione è l’unica che possa funzionare, perché a differenza delle “missioni di pace” inefficaci delle Nazioni unite o delle pressioni diplomatiche dell’Europa, si basa su un principio chiaro: chi ha distrutto Gaza con il terrorismo non può essere lo stesso che la governerà dopo la guerra. Le alternative? Si è parlato di un’amministrazione Onu o di un coinvolgimento di Stati arabi. Ma quante volte la comunità internazionale ha già fallito nel gestire Gaza? L’Onu è stata incapace di impedire la crescita di Hamas e ha spesso contribuito al problema chiudendo un occhio sulle sue violazioni. Quanto agli Stati arabi, nessuno vuole davvero assumersi la responsabilità della Striscia. L’Egitto non vuole il problema, i Paesi del Golfo finanziano Hamas ma non vogliono occuparsi della popolazione, e la Giordania ha già abbastanza problemi con i rifugiati. L’unica soluzione credibile è quella proposta da Donald Trump: amministrazione americana per demolire Hamas e ricostruire la Striscia.

Aggiornato il 06 febbraio 2025 alle ore 16:53