Intelligenza artificiale o stupidità naturale?

Il caso Etiopia

Quella che viene chiamata “Intelligenza artificiale” (Ia) può essere paragonata, a livello sociale, alla scoperta dell’energia nucleare. Due eccellenti “invenzioni”, a meno che il loro utilizzo, come avvenuto per l’energia atomica, non prenda percorsi drammaticamente perversi, o magari occultamente programmati. Circa l’Intelligenza artificiale, concetto imbarazzante in quanto ad oggi pare più un preambolo alla “stupidità naturale”, è evidente, anche ad una massa poco analitica, che la quasi perfetta manipolazione di immagini, voci, ed azioni, porta, se non letta con consapevolezza, ad avere informazioni totalmente lontane dalla realtà. Ciò si verifica con particolare facilità quando l’uso dell’Intelligenza artificiale, unito al basso livello di alfabetizzazione tradizionale e mediatica, fattore diffuso a livello planetario, favorisce lo sviluppo delle false informazioni. Inoltre, queste false informazioni, hanno la capacità di penetrare nella società grazie ad un altro sistema atto a favorire la manipolazione, cioè internet. L’Etiopia può essere un esempio accelerato dell’applicazione fraudolenta dell’Ia, in quanto viene utilizzata dalle fazioni in guerra, grazie anche alla scarsa istruzione mediatica, per diffondere false notizie le quali alimentano le inquietudini etniche, ricordando che hanno accesso ad internet almeno 36 milioni di etiopi. Infatti l’Etiopia, il secondo Paese più popoloso dell’Africa con i suoi 127 milioni di abitanti, è costituita da un complesso mosaico di gruppi etnici e tribali caratterizzati da profonde divisioni che hanno fatto la storia ed i drammi del Paese.

Esempi significativi dell’utilizzo di questa arma mediatica si riscontrano analizzando i numerosi falsi video lanciati su internet negli ultimi tempi, molti riguardanti discorsi manipolati del capo del governo e premio Nobel per la Pace – poco meritato – Abiy Ahmed Ali, che annuncia la morte di un capo dei ribelli, notizia falsa. In questo contesto, dove il basso livello di educazione ai media è accompagnato da una “sofferenza culturale cronica e diffusa”, il fact-checking (verifica dei fatti), si può concentrare su quanto apparso in numerosi video che fanno riferimento alla complessa guerra nel Tigray, regione ubicata al nord del Paese, che ha devastato l’area per due anni. Il conflitto è terminato nel 2022 senza una risoluzione chiara, ma soprattutto, con atrocità che continuano a opprimere la popolazione. Infatti l’area rimane scossa da diversi conflitti, soprattutto negli Stati regionali di Oromia e Amhara, dove gli scontri sono tra l’esercito e gruppi ribelli. Da varie indagini eseguite da agenzie giornalistiche anche francesi, sul fact-checking, è emerso che i belligeranti utilizzano la disinformazione con l’obiettivo di alimentare le tensioni e diffamare gli avversari. Prima dell’Ia venivano manipolati testi, foto, iscrizioni con maggiore complessità, oggi superata grazie agli strumenti di Intelligenza artificiale disponibili scaricando applicazioni gratuite, che semplifica la manipolazione di video e audio in modo stupefacente. Vengono utilizzati vecchi video dove a personaggi pubblici viene decontestualizzata la presenza, sostituite le parole e applicati tagli ai loro vecchi discorsi. Un recente esempio mostra il primo ministro Ahmed che annuncia una decapitazione avvenuta a novembre dell’anno scorso in Oromia, ma la realtà è ben diversa, infatti il video risaliva al 2020 dove Amed parlava dell’omicidio del noto cantante Hachalu Hundessa. Oppure quando personaggi filogovernativi, a luglio 2024, hanno diffuso un video dove una voce, sicuramente manipolata dall’Ai, affermava che Human Rights Watch chiedeva alla comunità internazionale di classificare l’Esercito di liberazione oromo come organizzazione terroristica, cosa che la Ong ha negato categoricamente.

Queste alterazioni mostrano quanto l’Ia sia manipolabile e possa essere impiegata, come era chiaro sin dall’inizio, per scopi lontani dall’ausilio all’intelligenza umana. Resta il fatto, anche questo prevedibile, che sia uno strumento particolarmente insidioso nella nostra epoca storica, non solo nell’Etiopia ben guarnita dal basso livello di alfabetizzazione anche tra i giovani. Fattore che aggrava maggiormente la questione. Quindi come gestire l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale? Quale tattica attuare per controllare la “narrazione”? Ad oggi ritengo che il “caso etiope” sia un test significativo per comprendere bene l’entusiasmo nato attorno a tali manipolazioni; infatti anche nel Paese africano dove l’opinione pubblica è fortemente divisa sia politicamente, etnicamente che a livello tribale, la disinformazione generata dall’Ia diventa un’arma letale che viene utilizzata dagli attori dei vari conflitti. Controllare la narrazione in un contesto dove l’Ia è gestita per questioni nazionali è complesso e difficile anche alla luce della mancanza di coinvolgimento dei media locali, sia indipendenti che pubblici, nella lotta al fenomeno. Perciò un maggiore coinvolgimento dei media nel far comprendere le minacce che un utilizzo improprio dell’Intelligenza artificiale può causare potrebbe essere un sistema di equilibrio, tra chi impiegherà lo strumento dell’Ia per scopi filantropici e chi invece ne farà un uso strumentale. Ma sappiamo che l’uso strumentale attecchisce sulla massa la quale assorbirà dall’Intelligenza artificiale la parte “subnormale”.

Aggiornato il 28 gennaio 2025 alle ore 17:50