La notizia, non smentita, è passata in sordina: il ministero degli Esteri israeliano ha denunciato che Romi Gonen, Emily Damari e Doron Steinbrecher, le tre donne rilasciate l’altro giorno da Hamas, erano tenute prigioniere in un’edificio dell’Unrwa ovvero l’agenzia delle Nazioni Unite per il sussidio dei rifugiati civili palestinesi in Medio Oriente.
Per la serie, niente di nuovo sotto il sole. L’Onu, da dopo il terribile attacco di Hamas del 7 ottobre di due anni fa, aveva già palesato il suo approccio benevolo nei confronti dei terroristi. E ovviamente aveva duramente attaccato Israele.
Lo stesso capo dell’Unrwa, lo svizzero Philippe Lazzarini, ha dichiarato che “attaccare, prendere di mira o utilizzare edifici delle Nazioni Unite per scopi militari è una palese violazione del diritto internazionale umanitario”. Ovviamente riferendosi agli attacchi difensivi portati avanti da Israele. Però nulla viene detto sul fatto che gli stessi edifici fungono da covi dei terroristi. Esattamente come nulla fu detto nel 2014, quando fu trovata una scuola piena di razzi pronti ad essere lanciati sui civili israeliani. O come, sempre dopo il 7 ottobre 2023, fu trovata la rete di gallerie e bunker sotterranei proprio sotto l’ospedale di Gaza.
Ma se l’Organizzazione delle Nazioni Unite − che dovrebbero mantenere la pace e la sicurezza internazionale, sviluppare relazioni amichevoli tra le Nazioni, promuovere migliori condizioni di vita, il progresso sociale e la tutela dei diritti umani − continua a fare distingui applicando due pesi e due misure, allora viene meno al suo ruolo primario. Non solo non promuove la pace, ma diventa complice di azioni terroristiche.
D’altra parte, è la stessa organizzazione che proprio questa settimana ha scelto Ali Bahraini, ambasciatore dell’Iran e già rappresentante permanente presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali a Ginevra, come leader per guidare il gruppo chiave dell’Unhrc: Bahraini sarà infatti responsabile del coordinamento e della direzione delle attività durante le sessioni del Consiglio per i diritti umani e della gestione delle questioni relative all’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani.
Perché si sa, l’Iran è da sempre in prima fila nella battaglia per la promozione dei diritti umani.
Aggiornato il 24 gennaio 2025 alle ore 16:10