Da quante linee di forza è composto l’universo migrante? E quali sono le direzioni principali e le ragioni dei flussi, perennemente dinamici, sempre in evoluzione e nella loro composizione mai uguali a se stessi, anche a poca distanza di tempo? In molte parti del mondo, soprattutto nel ramo più robusto della corrente migrante che punta dall’Africa verso il Vecchio Continente, transitando per Nazioni fallite del Sahel e del Magreb (Libia in testa a tutti), le statistiche registrano come a partire siano i più giovani e quelli che hanno in mille modi messo assieme il denaro necessario per pagare i trafficanti (come l’autotassazione di intere famiglie allargate). Sobbarcandosi così tutto il costo umano e materiale dei trasferimenti in terre desertiche e in mare, alla mercé delle bande di banditi e predoni, comprese le guardie di frontiera. E il tasso di mortalità relativo a queste trasferte della speranza non ha alcun peso per chi è determinato a partire a ogni costo. Tuttavia, il ragionamento da fare in merito è del tipo per assurdo, facendo un salto temporale di cinquanta anni in avanti, tenuto conto dell’inesorabile tasso di invecchiamento delle popolazioni autoctone europee, nonché dell’assoluta prevalenza della religione musulmana nella componente migrante. Quest’ultima, destinata in ipotesi, nel 2080, a divenire maggioritaria, avverando così lo scenario disegnato da Michel Houellebecq nel suo libro più famoso Sottomissione. Ora, la tanto temuta sostituzione etnica, che parla di numeri assoluti e non della composizione etnica, religiosa e linguistica delle nuove popolazioni, in realtà ha poco o nulla a che vedere con quello che sarà il vero paradigma del “cambiamento di civiltà”, nel senso di un prevedibile riflusso e balzo all’indietro del progresso scientifico, tecnologico e umanistico, costato agli europei millenni di evoluzione, in guerre, conquiste e rivoluzioni, per la creazione dello Stato di diritto e del welfare sociale.
Questo perché se saranno, come in ipotesi, la Sharja e il diritto coranico a dettare legge tra cinquanta anni in Europa, allora si tornerà al 600 dopo Cristo e la società occidentale europea come tale avrà termine. Di questo, e non altro, occorrerà serenamente prendere atto, abbandonando i miti woke del razzismo e del pregiudizio sociale, che non hanno nulla a che fare, per esempio, con una fotografia spietata della reale condizione delle attuali aree urbane europee, sempre più vaste, in cui esistono importanti insediamenti di comunità allogene, provenienti in gran parte dall’Asia e dall’Africa. Anche perché è un falso mito quello della prolificità delle seconde e terze generazioni, i cui numeri saranno invece sempre più ristretti, perché i nuovi immigrati e quelli di loro nati in terra europea avranno le stesse difficoltà degli autoctoni a mettere su famiglia e a mantenere i propri figli. Venendo, cioè, colpiti come gli autoctoni dallo stesso costo elevato della vita, per cui avere figli è, innanzitutto, un lusso. Ma anche lì, dove l’integrazione e l’assimilazione dovesse funzionare, soprattutto nelle fasce di popolazione immigrata non musulmana, la contaminazione dei comportamenti sociali delle nostre società del benessere rafforzerebbe la tendenza a non fare figli, o ad averli molto tardi, da parte delle donne lavoratrici di seconda e terza generazione. Il vero problema del mondo, oggi come nel 2080, non sarà mai la ramificazione dei flussi dei migranti e la portata dinamica delle correnti migratorie che li caratterizzano, ma l’esplosione incontenibile degli immensi slum (bassifondi, baraccopoli), che crescono come un cancro inarrestabile di lamiere, fango e discariche a cielo aperto nelle metropoli africane e sudamericane, in cui si concentrerà tra alcuni decenni il 90 per cento della popolazione più povera del mondo.
Come, quando e chi potrà mai arrestare questo immenso inquinamento antropico e ambientale, destinato a rendere vane tutte le velleità green, che solo un mondo di benessere tecnologico e industriale, come quello occidentale, può permettersi? Ora, il già evidente e sempre più progressivo fallimento di una Onu sterilmente terzomondista e di un diritto internazionale in via di smantellamento, è di per sé la causa e l’effetto del ritorno in grande stile dell’uso della forza per la regolazione del rapporto tra gli Stati e tra i rinascenti imperi. E questa configurazione di confronto allargato renderà praticamente impossibile rimuovere quella gangrena dei regimi autoritari in Africa, Asia e Sud America, responsabili di ridurre in miseria le loro popolazioni, sottoposte a ogni genere di soprusi e sopraffazioni. Soprattutto, in riferimento a quelle vaste aree in cui organizzazioni criminali e milizie armate di ogni genere e risma dominano incontrastate. Del resto, se oggi si perdono in Occidente intere generazioni di giovani a causa di droghe fabbricate e smerciate da Nazioni sudamericane, è a causa del fatto che il Global North si auto-impedisce di far ricorso alla forza. I suoi eserciti super-tecnologici, cioè, non possono fare il lavoro di polizia e di sicurezza che i narco-Stati falliti non sono in grado di garantire.
E tutto ciò avviene malgrado molti di questi ultimi siano dei regimi democratici, in cui i loro cittadini votano Parlamenti e presidenti del tutto impotenti ad arginare il fenomeno del narcotraffico e dei cartelli, che prosperano, prolificano e dettano legge proprio all’interno delle mega-baraccopoli urbane, nutrendosi del loro degrado. Ora, come si pensa di resistere a quella che sarà la vera esplosione delle migrazioni, con centinaia di milioni di persone disperate per fame, sete e desertificazione, che daranno l’assalto alle frontiere blindate degli Stati occidentali? Mettendo in campo cannoniere e divisioni corazzate? Per la cura del fenomeno non c’è che da ridurre la piaga mondiale dei milioni di chilometri quadrati di baraccopoli in pieno degrado, e praticare una politica globale di contenimento delle nascite nei Paesi a più alto tasso di natalità. E la sovrappopolazione, come accade in Africa, è proprio il frutto di quel degrado spaventoso degli insediamenti fatiscenti, all’interno dei quali sono saltati da tempo tutti i tabù e le tradizioni millenarie della famiglia africana. Perché i costi della relativa bonifica saranno sempre molto inferiori alle sofferenze che verranno inflitte ai popoli e agli eserciti di migranti senza speranza.
Aggiornato il 23 luglio 2024 alle ore 14:08