Il nazional-conservatorismo nasce dalla crisi sempre più evidente e (probabilmente) irreversibile dell’utopia liberale di Jean-Jacques Rousseau e di John Locke, che avevano sognato un mondo ideale in cui si negava la ragione dell’esistenza stessa di istituzioni politiche che avevano trovato radici nel mondo giudaico-cristiano, quali lo Sato nazionale, la comunità, la famiglia e la tradizione religiosa. Altri pensatori del movimento “NatCon”, come Patrick Deneen dell’Università di Notre Dame, sostengono che le élite attuali dovrebbero essere sostituite da una aristocrazia migliore, innervata su di un populismo più “muscolare”, che faccia leva sul potere dello Stato per far avanzare il bene comune. Anche se nel suo saggio Regime change: Towards a Postliberal Future Deneen sembra voler rievocare un rinnovato sodalizio Stato-Chiesa, evidentemente sulla falsariga di quanto sta accadendo nella Russia putiniana, dove però, a tutti gli effetti, esiste una sorta di “religione di Stato” greco-ortodossa, diversamente da quanto accade nella frammentazione delle chiese americane. In Ungheria, Paese-leader della nuova ideologia (il che presenta una qualche somiglianza con i movimenti nazionalisti del Primo Novecento), il nazional-conservatorismo è un progetto finanziato e sostenuto dallo Stato. Tanto è vero che nel 2020 sono stati donati con legge parlamentare 1,7 miliardi di dollari, in azioni di società pubbliche quotate, al Mathias Corvinus Collegium (Mcc) che assicura, a costi calmierati, la formazione superiore, ma con un preciso indirizzo nazionalista, ai giovani talenti ungheresi non abbienti.
L’entità di una simile donazione, occorre dire, in rapporto al Pil/Paese, è superiore alla somma del contributo statale statunitense complessivo per le Università di Harvard, Yale, Stanford e Princeton. L’Mcc rappresenta un prezioso strumento ideologico/intellettuale del regime di Viktor Orbán, per attrarre nella sua orbita organizzazioni culturali di destra romene e slovacche, attraverso sistemi di cooperazione con l’Istituto nazionalista ungherese. L’Mcc, sta pianificando l’apertura di succursali a Berlino, Vienna e in Inghilterra, mentre ha aperto di recente un suo centro a Bruxelles che fa propaganda per un’Europa degli Stati sovrani dai confini rafforzati. Si dice contrario alla cultura della guerra, e propende ad affrancare l’iniziativa politica dai vincoli della dittatura green. L’iperattivismo del Governo ungherese non si limita però al solo sostegno dell’Mcc, ma guarda molto più lontano per la costruzione di un asse tra Budapest e l’anglosfera. In questo quadro, l’Ungheria finanzia centri di ricerca conservatori che hanno addentellati con il “Centre for Fundamental Rights”, co-sponsor del Danube Institute e del ramo ungherese della Cpac (Conservative Political Action Conference, ospitato dall’American Conservative Union), cui partecipano conservatori e politici da tutti gli Stati Usa e dal mondo. Ed è proprio il Danube Institute a sostenere e finanziare due riviste in lingua inglese, come l’Éuropean Conservative e l’Hungarian Conservative, che fanno da mediatore politico-intellettuale e da organi di diffusione dell’ideologia orbaniana, nei confronti del mondo dei conservatori anglosassoni.
Del resto, esponenti di primo piano della politica ungherese sostengono come la diffusione del pensiero orbaniano nel resto dell’Europa e nell’anglosfera sia un semplice atto di autodifesa, da parte del mondo conservatore, accerchiato ed emarginato dalla dittatura del liberalismo globale, che agisce come uno strumento ideologico del divide-et-impera per la conquista del pianeta. E questo moderno modello di networking ha consentito ai nazional-conservatori di altri Paesi l’approfondimento reciproco di idee e lo sviluppo di interessi comuni. Tant’è vero che il Partito di Jaroslaw Kaczynski, il Pis, quando era al Governo, importava dall’Ungheria le sue tecniche statuali, mentre analogamente, in Florida, il governatore Ron DeSantis, mesi prima che il Governo Orbán facesse la stessa cosa, aveva adottato altrettanti provvedimenti di legge. Con questi ultimi si mettevano al bando, rispettivamente, le lezioni sull’omosessualità e l’ideologia gender, nonché quelli sulla critica della teoria razziale nelle università, adottando contestualmente un più rigido controllo sui college minori, i cui insegnamenti erano ritenuti troppo liberali. Il motto “L’Ungheria è amica delle famiglie” compare nei manifesti multilingue che campeggiano nei pressi dell’aeroporto di Budapest. Ed è vero che le donne che hanno un certo numero di figli beneficiano di ampi sussidi statali, come prestiti a lunga scadenza per gli studenti e un consistente aiuto per l’acquisto di una casa. Su questa falsariga, ai tempi in cui governava il Pis in Polonia, lo Stato garantiva 125 dollari al mese per ciascun figlio, misura che ha determinato il deciso crollo della povertà infantile.
In tal senso, anche in America si è creato un movimento di opinione per il sostegno ai genitori che lavorano (una sorta di “workfare”) per aiutare le famiglie in difficoltà, anche se in questo caso l’intervento pubblico non si è dimostrato molto efficace. Altro pilastro ideologico dei NatCon americani è l’aumento della fertilità, come condizione indispensabile per la difesa della famiglia tradizionale, dato che, giustamente, se vuoi essere un nazional conservatore hai bisogno di una Nazione da conservare! Ed Elon Musk, uno degli uomini più ricchi del mondo, ospite di Giorgia Meloni, ha ribadito il punto, asserendo che “occorre far nascere più italiani per salvaguardare la cultura italiana”. Certo, per ora i NatCon europei e statunitensi hanno punti di vista molto diversi, sia in economia, negli affari sociali e in politica internazionale. Chi sostiene l’America first e il partito Fidesz di Orbán, ad esempio, vorrebbero porre fine agli aiuti militari all’Ucraina, all’opposto dei polacchi del Pis e di Fratelli d’Italia. Un fenomeno da seguire molto da vicino, questo dei NatCon, che si vanno configurando come un San Giorgio mondiale contro il Dragone del politically correct.
Aggiornato il 28 maggio 2024 alle ore 18:44