Biden frena Israele nonostante i dubbi di Netanyahu

Joe Biden è riuscito a frenare Benyamin Netanyahu. Almeno per il momento. Ma Israele promette di dare la sua risposta all’attacco dell’Iran, che nella notte di sabato ha lanciato per la prima volta centinaia di droni e missili contro lo Stato ebraico, rischiando di far precipitare il Medio Oriente nell’abisso. La reazione, ha spiegato il ministro Benny Gantz dopo ore di riunioni, consultazioni frenetiche e appelli globali alla de-escalation, arriverà ma “nel modo e nel momento più adatti. Costruiremo una coalizione regionale contro la minaccia dell’Iran ed esigeremo un prezzo”. E sarà il Gabinetto di guerra a deciderlo. Mentre l’attacco iraniano era ancora in corso e il mondo tratteneva il fiato, Joe Biden ha alzato la cornetta dalla Casa Bianca per chiamare Benyamin Netanyahu, rassicurarlo sull’incrollabile sostegno di Washington dopo gli attriti sulla guerra a Gaza ma avvertirlo altrettanto chiaramente che gli Stati Uniti non si sarebbero fatti trascinare in una guerra contro Teheran. E quindi non avrebbero sostenuto una contro rappresaglia israeliana. L’insuccesso dell’offensiva del regime iraniano – al 99 per cento respinta dall’Iron Dome israeliano e dalle forze americane, britanniche, francesi e giordane – è “una vittoria” di Israele, un successo strategico che “dimostra la vostra capacità di difendervi dai vostri nemici” assieme agli alleati, è stato il messaggio che il commander-in-chief ha consegnato al vecchio amico Bibi nel tentativo (per il momento riuscito) di placarne la rabbia e prevenire una reazione contro l’Iran e i suoi alleati in Libano, Siria e Yemen.

Secondo fonti israeliane citate dal New York Times, proprio in seguito alla telefonata il premier israeliano avrebbe bloccato la ritorsione sollecitata dai falchi del suo gabinetto di guerra. “Ogni discussione che ha avuto, ogni decisione che ha preso Biden erano volte ad evitare un allargamento del conflitto. Gli Stati Uniti non vogliono la guerra”, ha spiegato in serata il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana John Kirby Dopo giornate di allarmi e paura per un attacco considerato imminente da parte degli ayatollah come ritorsione al raid che il primo aprile ha ucciso un generale dei pasdaran a Damasco, sabato sera alle 22 è scattata la vendetta di Teheran con cinque ondate di strike: tre con i droni kamikaze Shahed 136 e due con missili da crociera e balistici. Un’azione “telefonata” da Teheran, che ha avvertito gli alleati della regione e non solo ben 72 ore prima dell’ora X, ma che ha comunque impiegato oltre 300 tra droni e missili. La maggior parte di questi sono stati abbattuti prima del confine israeliano sui cieli dell’Iraq e della Giordania. Le forze di difesa israeliane – con l’aiuto di caccia americani, britannici francesi e giordani – hanno annunciato di aver intercettato e distrutto il 99 per cento dei vettori scagliati da Teheran. Alcuni sono però passati e il bilancio è di circa 30 feriti, tra cui una ragazzina di 7 anni che sta lottando per la vita. Teheran ha rivendicato che “l’attacco ha raggiunto tutti i suoi obiettivi”, con “duri colpi” inferti ad una base aerea del Negev, colpita da missili balistici Kheibar. Ed ha ammonito non solo gli Usa “a stare fuori dal conflitto” minacciandone le basi nella regione ma anche tutti quei Paesi che hanno aiutato Israele a contenere l’attacco. Per questo sono stati convocati dal ministero degli Esteri a Teheran gli ambasciatori di Francia, Gran Bretagna e Germania. Poi l’Iran ha risposto al segretario dell’Onu Antonio Guterres – che ha parlato di “devastante escalation” – sostenendo di aver esercitato “il diritto all’autodifesa” e ha ammonito Israele a non compiere “altre follie” o la reazione sarà “molto più pesante”.

Intanto il premier israeliano ha convocato i leader dell’opposizione per un aggiornamento sulle condizioni di sicurezza del Paese. Lo riporta la stampa locale, precisando che la riunione si terrà nella Kirya, dove si trova il quartier generale delle Forze di difesa israeliane a Tel Aviv. “I droni usati contro Israele sono gli stessi utilizzati in Ucraina, è dunque troppo presto per parlare di de-escalation”, ha avvertito l’ambasciatore israeliano in Italia, Alon Bar, intervenendo Sky Tg24. Il diplomatico non ha voluto sbilanciarsi su un eventuale attacco di risposta israeliano. “Non so”, ha detto, “e non penso sia una buona idea dire ai propri nemici cosa faremo”. “Il mio Paese – ha proseguito Bar – è stato attaccato da centinaia di missili balistici e droni ma questo fa parte dello sforzo continuo dell’Iran di portare a un’escalation nella regione. Finché non troveremo un modo per fermare l’Iran questo rischio rimarrà”.

Aggiornato il 15 aprile 2024 alle ore 16:16