Netanyahu e quella data per Rafah

Da una parte i numeri. O meglio, le stime dello Stato di Israele: 133 persone ancora nelle mani dei miliziani. Forse meno di un centinaio ancora vive. Dall’altra la mediazione Usa: 40 giorni di tregua, 40 ostaggi liberati. Nel mezzo Benjamin Netanyahu. Che ha un’idea chiara: il successo su Hamas “richiede l’ingresso a Rafah e l’eliminazione dei battaglioni terroristici presenti lì. Accadrà”. E soprattutto “c’è una data”. Queste le parole del premier israeliano, il quale rivela di aver ricevuto “un rapporto dettagliato sui colloqui al Cairo: stiamo lavorando continuamente per raggiungere i nostri obiettivi, in primo luogo il rilascio di tutti i nostri ostaggi e la vittoria completa su Hamas”. Di altro tenore il punto di vista del portavoce del Dipartimento di Stato americano, Matthew Miller: “Abbiamo detto chiaramente a Israele che riteniamo che un’invasione militare di Rafah potrebbe avere un effetto estremamente dannoso sui civili e quindi danneggiare la sicurezza di Israele”.

Tutto può accadere. Mentre c’è chi è pronto a “ogni scenario”. Con la postilla: “Hamas non si illuda che il ritiro delle truppe da Gaza Sud significhi la fine della guerra”. A spiegarlo, a chiare lettere, è Israel Katz, ministro degli Esteri israeliano, braccio destro di “Bibi”. In un’intervista a Repubblica, indica che se verrà trovato l’accordo sul rilascio degli ostaggi, “ci sarà un temporaneo cessate il fuoco quindi l’Idf non entrerà a Rafah. Ma lo farà in futuro, a tempo debito. Hamas pensa che non lo faremo? Si sbaglia”. Nel contempo, bisogna valutare anche un altro aspetto: dopo l’attacco a Damasco contro i pasdaran, l’Iran potrebbe reagire. Katz replica: “Israele non si è preso la responsabilità per l’attacco, ma l’Iran ha annunciato che farà una rappresaglia contro di noi. Non ci spaventa. Non vogliamo la guerra con l’Iran, ma se ci attaccano direttamente, risponderemo”. E ancora: “L’Iran è la testa del serpente. Ha fornito a Hezbollah 150 mila missili per distruggerci. L’Europa, gli Stati Uniti, l’Onu devono fermare l’Iran ed evitare che si doti dell’arma atomica”.

Poi il messaggio all’Occidente, che per il ministro degli Esteri israeliano “sta facendo un grande errore. Deve sanzionare economicamente Teheran e far sentire la pressione. Altrimenti l’Iran diventerà un’altra Nord Corea”. Infine, confessa: “Gli israeliani non vogliono stare a Gaza. Sarà la Comunità internazionale a prendersi la responsabilità della Striscia, una volta sconfitta Hamas. Ma chiunque verrà ad amministrare Gaza, deve lasciare a Israele la possibilità di intervenire sul tema della sicurezza, lasciarci entrare nel caso dovessimo vedere nuove organizzazioni terroristiche”.

Hamas, da par sua, starebbe valutando la proposta di cessate il fuoco e di scambio ostaggi presentata da Israele. Ma in una dichiarazione condivisa dall’agenzia di stampa palestinese Maan News, dice: “Mentre apprezziamo gli sforzi dei mediatori e la nostra volontà di raggiungere un accordo e la posizione dello Stato ebraico nei negoziati resta ostinata”.

Aggiornato il 09 aprile 2024 alle ore 11:22