Europa: Si vis pacem, para bellum

La locuzione latina “Si vis pacem, para bellum” (se vuoi la pace, prepara la guerra) viene usata soprattutto per affermare che uno dei mezzi più efficaci per assicurare la pace consiste nell’essere armati e in grado di difendersi. La Commissione europea sembra averlo capito ed ha presentato una strategia industriale di difesa di vasta portata e un programma di sussidi da 1,5 miliardi di euro. L’obiettivo è far sì che l’Ue – la seconda economia più grande del mondo – inizi finalmente a far sentire il suo peso quando si tratta di difesa. Lo scorso 5 marzo, la Commissione europea ha presentato una strategia europea per l’industria della difesa insieme a un fondo di sovvenzione di almeno 1,5 miliardi di euro denominato “European Defence Industrial Strategy”. Thierry Breton, il commissario all’Industria, ha sottolineato durante la presentazione della strategia che l’Europa si trova di fronte a una “minaccia esistenziale”, mentre l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell ha avvertito: “In risposta all’aggressione della Russia contro l’Ucraina, l’Ue deve rafforzare le sue capacità di difesa”. “(La strategia) non è una risposta alla guerra in Ucraina, ma piuttosto una risposta più ampia a un cambiamento di paradigma strategico. È un riconoscimento del fatto che (la difesa) è un argomento che non scomparirà per un po’”, ha affermato Camille Grand, ex segretario generale aggiunto della Nato e ora membro politico del Consiglio europeo per le relazioni estere.

Invece di formare una forza combattente multinazionale – qualcosa che era stato preso in considerazione nei primi anni della Guerra fredda – questa volta si tratta di costruire il complesso militare-industriale del blocco e di diminuire la dipendenza dell’Europa dalle armi statunitensi – una preoccupazione che cresce in vista delle elezioni presidenziali americane di quest’anno. La strategia della Commissione europea rompe un tabù: mentre Bruxelles aveva precedentemente accettato di utilizzare il bilancio dell’Ue per finanziare la produzione di munizioni e incentivare gli appalti congiunti in caso di emergenza, la Commissione ora vuole sancire questo principio a lungo termine. Tuttavia, questo piano di difesa non contraddice l’obiettivo iniziale dell’Ue di prevenire la guerra sul suolo europeo, secondo Riho Terras, membro del Parlamento europeo ed ex comandante dell’esercito estone. “L’Europa deve essere preparata alla guerra e, poiché è un’unione economica, dovremmo concentrarci sull’industria della difesa”, ha affermato. Breton ha evitato proposte come la costruzione di un esercito europeo e si è concentrato invece su ciò su cui Bruxelles ha effettivamente una competenza: il mercato unico.

Tuttavia, alcune proposte sono di vasta portata. Includono la possibilità di realizzare un sistema per aiutare i Paesi dell’Ue ad accumulare scorte di armi e rendere più facile la vendita di armi, così come il potere di reindirizzare l’industria civile verso la difesa in caso di emergenza, oltre a incentivi finanziari per un maggiore approvvigionamento congiunto di armi. Secondo il pensiero della Commissione, i pagamenti dovrebbero andare solo ad aziende europee. L’Ucraina sarà trattata come un Paese quasi membro e potrà partecipare agli acquisti congiunti di armi. La difesa “deve rimanere una responsabilità nazionale”, ha detto Breton ai media francesi. “Non si tratta di cambiare i trattati, si tratta di lavorare meglio insieme nel quadro dei trattati”. Trattandosi di un regolamento, il programma di investimenti avrà bisogno dell’approvazione sia del Parlamento europeo sia della Commissione europea.

Secondo Antonio Missiroli, ex segretario generale aggiunto della Nato, le sfide emergenti alla sicurezza, associate ad un eventuale disimpegno degli Stati Uniti nella Nato, potrebbero spingere i governi europei ad una maggiore integrazione nel settore della difesa. “L’Unione europea tende a reagire agli shock”, ha detto riferendosi alla guerra in Ucraina. “Paradossalmente, se si materializzeranno più shock in questo senso, probabilmente ci sarà più disponibilità a percorrere nuove strade per sostenere la base industriale della difesa in Europa”. Il successo della strategia di difesa dipenderà in ultima analisi anche dalle risorse finanziarie che riuscirà ad ottenere. “Il denaro conta, non è aneddotico”, ha affermato Camille Grand. “Non si tratta solo di organizzare il mercato, siamo in un campo in cui se metti i soldi sul tavolo, questo può fare la differenza”. Anche se si prevede che il programma europeo per l’industria della difesa avrà un valore di almeno 1,5 miliardi di euro, sarà necessario molto di più se Bruxelles intende seriamente costruire un complesso industriale competitivo. In definitiva, secondo Breton, l’Europa ha bisogno di cento miliardi di euro.

Gli 1,5 miliardi di euro “non sono molti soldi quando si tratta dell’industria della difesa, ma possono comunque funzionare come incentivo, come bonus, come ciò che unisce gli Stati membri”, ha ammesso la vicepresidente esecutiva della Commissione Margrethe Vestager. Un’idea sollevata dal primo ministro estone Kaja Kallas, dal presidente francese Emmanuel Macron e dal primo ministro belga Alexander De Croo è quella di replicare il modello attuato durante la pandemia ed emettere debito congiunto. “Il finanziamento delle guerre avviene quasi sempre con il deficit e c’è un’ottima ragione per farlo, perché è semplicemente inefficiente aumentare le tasse per le spese temporanee” come si spera possa essere una guerra, ha affermato Guntram Wolff, senior fellow di Bruegel, think tank europeo specializzato in economia. Va detto che ci sono anche altre interessanti proposte al vaglio in questo momento, come creare gruppi di Paesi che si uniscono per emettere congiuntamente obbligazioni di difesa; modificare le regole per la Banca europea per gli investimenti per consentirle di investire nella difesa; e modificare il sistema di classificazione che stabilisce un elenco di attività economiche sostenibili dell’Ue per includere esplicitamente progetti militari.

(*) Docente universitario di Diritto internazionale e normative sulla sicurezza

Aggiornato il 11 marzo 2024 alle ore 10:33