Scenari e prospettive internazionali

Intervista a Maurice Pascal Ambetima

Al conflitto russo-ucraino, che da due anni occupa gran parte della comunicazione e dell’apprensione internazionale, alcuni mesi fa si è aggiunta la drammatica dinamica israelo-palestinese. Sebbene si tratti di questioni profondamente diverse, che necessitano di filtri e interpretazioni specifiche, si può chiaramente ritenere questo momento storico come ampiamente preoccupante, per tutti i risvolti catastrofici che potrebbero generarsi (dall’ansia per l’uso dell’atomica sino alla delicata questione del genocidio, di cui si parla spesso a sproposito). Di questi argomenti, ma anche del meno raccontato scenario congolese, ne parliamo con Maurice Pascal Ambetima, segretario generale di Magic Amor, ente del terzo settore che lavora da più di vent’anni nella Repubblica Democratica del Congo, e dottore di ricerca in diritto internazionale.

Le situazioni di crisi nel contesto globale sembrano allargarsi sempre di più. Crede che il peggioramento della congiuntura internazionale abbia delle ragioni di fondo che possono essere pienamente identificate?

Le ragioni di fondo di cui parla sono in parte ben visibili e comprensibili e, in parte, non del tutto riscontrabili. In primis, partendo dalla crisi israelo-palestinese, mi verrebbe da dire che le cause siano da ascrivere all’insufficienza di leadership illuminate nei due schieramenti contrapposti e da identità etnico-religiose troppo forti, che comportano una continua dinamica di scontro. Per quanto riguarda il secondo grande filone, quello russo-ucraino, di cui abbiamo ampiamente parlato in passato, la realtà dei fatti è che gli attori presi in considerazione hanno deciso, chi per una, chi per un’altra ragione, di moderare il livello di scontro e rendere la situazione maggiormente stazionaria. Probabilmente, chi anelava di più a un risultato simile era proprio la Federazione Russa.

Spicca tra tutti il conflitto israelo-palestinese, che sembra ineluttabilmente destinato a una dinamica di crisi...

È proprio come da lei asserito. Parliamo di un conflitto che non solo ha comportato una progressiva polarizzazione degli attori principali presi in causa, gli israeliani e i palestinesi, ma anche l’opinione pubblica internazionale si è accodata a questa tendenza di sposare convintamente la posizione dell’una o dell’altra parte. Sono in pochi a cercare di analizzare in modo complesso la situazione, sotto un piano giuridico e politologico: un’indagine di questo genere implica che le colpe vengano parzialmente divise tra gli attori principali e minori coinvolti nel conflitto. Questo elemento si scontra con il pensiero binario volto alla semplificazione, che nella maggior parte dei casi ha la meglio sul grande pubblico.

Per quanto riguarda il conflitto russo-ucraino, ritiene che questo possa essere l’anno decisivo per la risoluzione della guerra o siamo ancora in uno scenario stazionario?

Su questo ci sono poche certezze. Se abbiamo imparato qualcosa da questo conflitto, quel qualcosa è che la propaganda militare non consente di comprendere correttamente quale delle due parti stia avendo la meglio in un dato periodo di tempo. Quante volte abbiamo sentito parlare di Volodymyr Zelensky in difficoltà o di Federazione Russa che sta ripiegando sul fronte, pur senza giungere a un esito definitivo? Potrebbe durare settimane, mesi o qualche altro anno. Dipende molto da chi avrà parecchio da perdere nella continuazione del conflitto.

Vista la sua recente visita in Repubblica Democratica del Congo, in qualità di Segretario generale di Magic Amor, organizzazione non-profit che opera da due decenni con progetti di cooperazione allo sviluppo, quali sono le attuali problematiche dell’area? Come mai non se ne parla tanto?

La Repubblica Democratica del Congo, da diversi decenni, soffre di una situazione critica nella parte orientale del Paese. Noi italiani lo sappiamo perfettamente, data la triste e recente perdita dell’ambasciatore Luca Attanasio, che è avvenuta subito dopo l’esplosione di colpi d’arma da fuoco diretti al convoglio che lo trasportava, qualche anno fa, proprio nell’area sopracitata. Attualmente, diversi documenti firmati dalle intelligence straniere sembrerebbero confermare che lo Stato del Ruanda sostenga militarmente ed economicamente uno dei gruppi ribelli più sanguinari: l’M23. Ne è nato anche un caso – a seguito del gesto della pistola puntata sulla tempia dei giocatori della Repubblica Democratica del Congo, nel corso della Coppa d’Africa – per denunciare il silenzio della comunità internazionale sulla questione. Un’altra situazione estremamente complessa, che stiamo affrontando per quel che si può, come ente del terzo settore, dando una possibilità a bambini orfani che vengono dall’est di essere accolti nella nostra struttura di Kinshasa. Speriamo in un futuro e in un mondo migliore.

Aggiornato il 01 marzo 2024 alle ore 11:33