Ucraina: è l’ora del negoziato?

Non è più procrastinabile una seria azione diplomatica, da parte dell’Unione europea, che induca Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky a trovare un onorevole compromesso per far cessare il conflitto. È ormai chiaro che gli Stati Uniti stanno preparando il loro disimpegno nella guerra tra la Federazione Russa e l’Ucraina. I segnali sono inequivocabili. Lo speaker repubblicano della Camera degli Stati Uniti, Mike Johnson, ha dichiarato che i repubblicani non voteranno la legge sugli aiuti all’Ucraina. Se ci dimenticassimo solo per un momento di far parte del Patto Atlantico e della nostra assoluta fedeltà, che in alcuni casi, per eccessivo trasporto, ha rasentato la sudditanza agli Usa, dovremmo guardare alla guerra di invasione della Federazione Russa contro l’Ucraina con maggiore pragmatismo.

È un dato ormai assodato, in tutte le cancellerie dei Paesi della Nato, che l’Ucraina difficilmente riuscirà a riconquistare i territori che i russi hanno conquistato e che si sono auto-assegnati dopo l’invasione che è iniziata il 24 febbraio 2022. Tra pochi giorni saranno due anni che è iniziato un conflitto che ha messo in ginocchio l’economia del Vecchio Continente, ma soprattutto ha messo in discussione un equilibrio che aveva garantito all’Europa il più lungo periodo della sua storia senza guerre. Quando ci si renderà conto che si deve fare qualcosa di concreto per fermare una infinita carneficina, è sempre tardi. La forza della democrazia rispetto alle dittature e alle autocrazie è quello di saper correggere i propri errori. Quali sono state le vere motivazioni che hanno indotto Vladimir Putin ad invadere l’Ucraina? Perché gli Stati Uniti hanno scelto di fatto di fare una guerra per procura alla Russia, causando una situazione di crisi della governance mondiale, facendo avvicinare la Russia alla Cina? Tra qualche decennio sapremo di chi è stata la colpa che ha causato la tragedia nel cuore dell’Europa. Chi sono stati quelli che hanno consigliato all’anziano presidente americano Joe Biden di utilizzare l’Ucraina per cercare di destabilizzare la Russia dell’autocrate Vladimir Putin? “Ai posteri l’ardua sentenza”.

È facile prevedere che le elezioni presidenziali che si terranno in America il prossimo 5 novembre segneranno lo spartiacque della politica estera della potenza, in declino, nordamericana. Se dovesse vincere le Presidenziali – come sembrano indicare i sondaggi – Donald Trump, molte cose cambierebbero sia nel sostegno finanziario e militare all’Ucraina che l’impegno statunitense nella stessa Nato. Segnali inequivocabili si sono avuti con l’intervento di Trump in un recente comizio elettorale a Conway, nel South Caroline, dove ha dichiarato che non esiterebbe a “incoraggiare” Stati, come la Russia, a “fare quel diavolo che vogliono” dei Paesi Nato che non rispettano i loro impegni finanziari, ovvero il contributo alla difesa impiegando il 2 per cento del loro Pil. In sostanza, Donald Trump ha mandato in soffitta l’articolo 5 del trattato Nato, che recita: “Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti”.

L’Unione europea si dovrebbe teoricamente sostituire agli Usa per aiutare l’Ucraina contro la Federazione Russa. Non credo che in questa Europa ci siano, oggi, le condizioni politiche, economiche e sociali per assistere l’Ucraina in una guerra dove in pochi credono in un possibile successo di Zelensky su Putin e che ha causato la crisi economica attuale. È sempre più evidente la stanchezza – nella stessa Ucraina – nel continuare una guerra dove gli stessi comandanti dell’esercito non sono convinti di vincere. Finora è passato quasi in silenzio il fatto che molti nella nomenklatura, ex sovietica, che governa l’attuale Ucraina si siano arricchiti grazie a una diffusa corruzione in tutti i gangli della politica e della burocrazia. Non giova alla causa Ucraina la recente defenestrazione da parte di Zelensky del comandante in capo dell’esercito che stava oscurando, per popolarità, lo stesso ex attore comico. Bisognerebbe accogliere i messaggi trasversali che sta lanciando Putin alla Comunità internazionale della sua disponibilità a fermare una guerra che, nel lungo periodo, non potrà non favorire la Russia. Gli americani non sono nuovi a cambi repentini in politica estera. Un possibile e probabile ridimensionamento del sostegno militare all’Ucraina potrebbe significare una più grave e cocente sconfitta dell’Occidente.

Aggiornato il 14 febbraio 2024 alle ore 10:22