Grazie all’attività dell’Associazione We Are, attiva da un decennio sul confine turco-siriano con assistenza e sostegno per i profughi siriani in fuga dal regime e dal conflitto, si è svolta la presentazione del volume di Shady Hamadi, intitolato “La nostra Siria grande come il mondo” e scritto con il padre Mohamed. Ai lavori hanno partecipato anche il giornalista della Rai, Amedeo Ricucci con Enrico Vandini e Lorella Morandi del direttivo di We Are. Nel 2011 scoppiò la Primavera siriana, presto divenuta una tremenda guerra. Oggi il regime siriano, capeggiato sempre da Bashar al-Assad, ha indetto una conferenza con cui vorrebbe che i rifugiati all’estero tornassero nel Paese, per dare una parvenza di normalità al mondo intero.
In “La nostra Siria grande come il mondo” Mohamed e Shady Hamadi fanno parlare due generazioni, riscoprendo un dialogo che non sempre è stato facile. Avventurosa e sorprendente la vita di Mohamed, che per molto tempo ha nascosto al figlio ciò che aveva subito nelle carceri siriane, riflessiva e impegnata quella di Shady. Ascoltandoli, riusciamo a comprendere un pezzo di Siria contemporanea, un racconto di cosa fosse la Siria cinquant’anni fa, di cosa volesse dire opporsi al regime e di come si vivesse allora in Italia da stranieri, ma anche le confidenze di cosa sia la Siria per chi non ci è nato ma che lì sente le proprie radici.
Nei capitoli, le due voci si alternano, trovando a poco a poco accordi nella condivisione di ricordi ed emozioni. La politica vissuta da protagonista da Mohamed in Lombardia, la scoperta delle dinamiche politiche, sociali e “antropologiche” di Milano, il volontariato come guida turistica, la perdita della moglie. E per Shady, i libri scritti, la collaborazione con i quotidiani, le presentazioni nelle scuole, nelle librerie, nelle piazze, le partecipazioni in tv, la voglia di fare che si scontra con un’Italia che offre poche opportunità ai giovani, la vita a Londra ma con le radici ben salde in una Siria amata e grande come il mondo. La situazione dei cittadini siriani è drammatica.
Dal marzo 2011, con l’inizio della guerra civile, le forze filogovernative di Assad sono impegnate contro l’Fsa, l’esercito libero siriano formato da migliaia di disertori che si sono rifiutati di uccidere civili innocenti. I profughi, nei campi dei Paesi confinanti alla Siria, sono ormai milioni e le condizioni per la loro sopravvivenza sono molto complesse, visto che anche un pezzo di pane può divenire una richiesta per perdere la vita.
Amedeo Ricucci da anni spiega e descrive qual è realmente la situazione contemporanea della Siria, una verità che spesso non viene raccontata dalla grande informazione. L’iniziativa di We Are avviene negli stessi giorni della richiesta dell’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, che ha ricordato alla comunità internazionale che la Siria sta per entrare nel suo undicesimo anno di violenza e conflitto e la ricerca della verità, della giustizia e dei risarcimenti per le vittime non solo deve continuare ma essere intensificata. L’Alto commissario ha sottolineato l’urgente necessità di affrontare la questione dei dispersi e delle persone scomparse, già una seria preoccupazione in Siria prima del 2011. Data la mancanza di accesso alla regione da parte dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani in Siria, è difficile stabilire con precisione il numero di uomini, donne e bambini scomparsi, ma la cifra è stimata in decine di migliaia.
Inoltre, l’Alto commissario ha invitato il regime siriano a rivelare tutti i luoghi di detenzione, a fornire liste complete di nomi e ad assicurare la registrazione formale di tutte le persone detenute in queste strutture, chiedendo anche una cessazione delle continue torture nei confronti dei dissidenti. Le persone detenute dovrebbero poter comunicare con le loro famiglie.
“Ricordo al Governo siriano i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale che afferma il rispetto dei diritti umani di indagare sulle violazioni, tra cui le sparizioni forzate, e di garantire che i responsabili siano ritenuti responsabili, anche attraverso procedimenti penali”, aveva recentemente dichiaro la Bachelet. Le organizzazioni internazionali per la tutela e il monitoraggio dei diritti umani e le Odv di volontariato, come We Are, continuano a sollecitare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a superare la paralisi causata dall’esercizio del diritto di veto e a chiedere che i responsabili delle violazioni dei diritti umani siano chiamati a rispondere delle loro azioni di fronte alla Comunità internazionale.
(*) Mohamed e Shady Hamadi, “La nostra Siria grande come il mondo”, Add editore
Aggiornato il 22 marzo 2021 alle ore 12:54