Le mille sfaccettature della crisi libica

Gli scenari che si prospettano in Libia dopo l’ultimo accordo del 23 ottobre a Ginevra, non rassicurano né i libici né l’Unione europea. Lo scetticismo espresso dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, riguardo all’efficacia del patto tra i contendenti libici, è sembrato sin da subito un banale espediente per non lasciare gli spazi sia territoriali che economico-politici ostinatamente conquistati nello Stato nord-africano. Così, nonostante le raccomandazioni dell’Unione europea, delle Nazioni Unite e anche della Nato, di cui la Turchia è membro, Erdogan è in procinto di rafforzare “l’ipoteca” sulla strategica attività che riguarda l’addestramento della Guardia costiera libica. Ricordo che nei patti di Ginevra sottoscritti solo una decina di giorni fa, l’Unione europea aveva dichiarato di avere già destinati ulteriori investimenti per la formazione di ufficiali libici, i quali avrebbero dovuto coordinare le azioni di controllo sui flussi migratori verso l’Europa, con la priorità di bloccarli.

L’azione di Ankara è l’ennesimo schiaffo alle organizzazioni internazionali coinvolte in questo scenario ed è la conferma della regola turca che prevede di disdegnare i patti internazionali, creando imbarazzo all’Unione europea, che è sistematicamente ignorata. L’obiettivo turco di istruire la Guardia costiera libica rafforzerebbe spropositatamente la sua posizione geostrategica nel Mediterraneo orientale. Infatti, gli permetterebbe di rafforzare il suo potere nell’area e svolgere un ruolo più incisivo su Cipro, sulla Siria e ovviamente sulla Libia, dove proietta maggiormente la sua ombra. Questa ultima arroganza turca, se riuscisse a pieno, sarebbe una merce di scambio da spendere con l’Europa e si configurerebbe come un potenziale ricatto enormemente strategico, che ovviamente dovrebbe essere evitato. Inoltre, in questi ultimi giorni le comunicazioni ufficiali del ministro turco, Mevlüt Çavuşoğlu, confermano che attualmente viene fornito l’addestramento ai soldati della marina libica; tale accordo che fuoriesce dai binari degli accordi internazionali è il frutto di una convenzione, probabilmente semi-estorta, tra Ankara ed il Governo di Accordo Nazionale (Gna) presieduto da Faïez al-Sarraj che è, appunto sostenuto dal regime turco.

La formazione della Guardia costiera libica, fatta fino ad ora, è stata un elemento essenziale della fallimentare politica migratoria tracciata dall’Unione europea, ad essa è accompagnato l’accordo firmato con Ankara per l’accoglienza dei migranti e dei rifugiati, il tutto è corroborato da un finanziamento di 6miliardi di euro destinati alle organizzazioni umanitarie e lì i fondi si perdono in una moltitudine di “rivoli” che fanno perdere efficacia al progetto e arricchiscono le più disparate organizzazioni. Circa la notizia della gestione turca sulla formazione della Guardia costiera libica, ad oggi risultano innegabili evidenze date da immagini trasmesse su alcuni social, dove si notano gli inizi dell’operazione di istruzione tra militari tripolini e turchi. Al momento Bruxelles non conferma, ma non smentendo mostra un notevole disappunto.

La formazione europea della Guardia costiera libica è stata condotta per la prima volta da maggio 2015 a marzo 2020, nell’operazione militare denominata “Sophia”, il cui fine era quello di respingere i migranti che cercavano di raggiungere la costa europea. Ad essa è poi seguita l’operazione denominata Eunavfor MedIrini”, con la missione principale, anche questa fallimentare, di far rispettare l’embargo sulle armi dirette in Libia e di combattere le reti del traffico di migranti. Le difficoltà nella realizzazione dell’operazione Irini, che si sarebbe dovuta occupare anche dell’addestramento della Guardia costiera, sono state causate anche dalle scarse risorse economiche e si sono accentuate nella complessità dei rapporti con Tripoli. Inoltre, tali problematiche originate probabilmente dall’influenza di Ankara sulle decisioni del governo del Gna di Fayez al-Sarraj, sono state motivate dalla Commissione di Bruxelles come “questioni logistiche e operative”, ma chiaramente sono un semplice alibi che manifesta l’impotenza europea verso le azioni turche. Tuttavia, leggendo il sito informativo “Bruxelles 2”, del 25 ottobre, specializzato in questioni di sicurezza, si nota che la collaborazione tra la Guardia costiera libica e l’Europa è stata interrotta quasi contemporaneamente a causa degli accordi sottoscritti tra Ankara e Tripoli sulla gestione e controllo dell’area marittima, che è l’obiettivo mai nascosto del presidente turco Erdogan.

Il potere che ha acquisto e acquisirebbe Erdogan, con questo gioco di trattati incrociati e ignorati, è incommensurabile: va dallo sfruttamento, che già sta facendo, delle risorse energetiche sottomarine, alla garanzia del controllo delle Guardie costiere, di conseguenza dei flussi migratori nel Mediterraneo e degli enormi flussi di merci che transitano e approdano su quelle coste. Tutto ciò, mette nuovamente in difficoltà gli europei, che sono in balìa delle estemporanee strategie dell’aspirante sultano. Ricordo che il presidente turco, già a febbraio, non soddisfatto degli accordi con l’Unione europea e desideroso di rinegoziarli, ha spalancato i confini della Turchia scaricando circa 20mila richiedenti asilo sulle coste greche, con effetti che ancora in questi giorni manifestano la loro gravità.

Aggiornato il 05 novembre 2020 alle ore 10:50