Riceviamo e pubblichiamo dall’Unione Armeni d’Italia.
Il 12 luglio 2020 un gruppo di soldati azeri, a bordo di un veicolo militare, ha tentato di penetrare nella zona nord-est del territorio armeno, nella provincia di Tavush, aiutato da un fuoco di sbarramento delle artiglierie azere, con l’intento di prendere la postazione tenuta dai giovani soldati di leva armeni.
In seguito alla risposta della parte armena, il folto gruppo di soldati azeri, appartenente alle truppe speciali del paese, ha dovuto ritirarsi, lasciando sul campo numerosi morti e feriti gravi, fra i quali un generale e un colonnello delle forze armate.
L’aggressione azera continua attraverso l’uso di artiglieria pesante, carri armati, bombardamenti mirati ai villaggi e alla popolazione civile armena.
Le forze armate azere, come è loro consuetudine, hanno schierato l’esercito vicino ad un insediamento di civili, circondando la propria popolazione con batterie di artiglieria e mettendola in pericolo. L’obiettivo era quello di provocare le forze armate armene, che in risposta alle provocazioni avrebbero sparato in quella direzione.
Dopo i tentativi della Turchia, importante alleata dell’Azerbaigian, di provocare instabilità nella regione, l’invocazione da parte degli azeri di una guerra contro l’Armenia rappresenta una grave mossa irresponsabile, oltretutto considerando la richiesta del Segretario generale delle Nazioni Unite per il cessate il fuoco globale per via della pandemia del Covid-19.
La tregua firmata fra le parti alla fine del conflitto del 1993, con la garanzia del gruppo di Minsk (Usa, Russia e Francia), viene costantemente violata dall’Azerbaigian da anni.
Parallelamente alla violazione sistematica della tregua e alla strumentalizzazione a fini provocatori della propria popolazione civile da parte dell’Azerbaigian, Paese che deve la sua ricchezza e il suo esercito ai proventi dei petrodollari, all’estero siamo costretti ad assistere a una rozza manipolazione delle notizie da parte di alcuni organi di stampa chiaramente schierati.
A proposito della sfera dei media internazionali, abbiamo assistito al lavoro di alcune testate giornalistiche che, cadendo nel tranello azero-turco, hanno cercato di ricostruire l’accaduto come se fossero stati gli Armeni ad attaccare per primi. Gli Armeni non sono interessati a territori azeri.
Desideriamo ribadire che gli Armeni sono un popolo pacifico, che rifiuta la violenza come arma di soluzione dei conflitti. Da sempre auspichiamo il coinvolgimento delle diplomazie per la salvaguardia della pace e per la soluzione giusta dei problemi del Caucaso.
Gli Armeni da anni sono vittime della politica distruttiva del nazionalismo turco ed oggi questa realtà ci viene imposta attraverso l’alleanza e la collaborazione con l’Azerbaigian.
Tutti questi avvenimenti ci ricordano che i sistemi autoritari, nei periodi di crisi, tentano di distogliere l’attenzione dei propri cittadini dalle questioni reali del proprio Paese, individuando il nemico da colpevolizzare, rappresentato spesso da un Paese vicino.
E ora, dopo più di un secolo di negazionismo del Genocidio Armeno da parte della Turchia, si è rafforzata la politica autoritaria del presidente Ilham Aliyev, tesa a mantenere la stabilità interna usando come collante l’odio contro il “Nemico Armeno”, da individuare in ogni parte del mondo e reprimendo ogni tipo di dissidenza.
Questo schema va ripetendosi ormai da un quarto di secolo a Baku. Un sistema fortemente corrotto istiga all’odio contro gli Armeni, rischiando di intaccare la stabilità di tutto il Caucaso.
In Azerbaigian, come in Turchia, questa centralizzazione del potere è resa possibile da una forte restrizione della libertà di espressione e di ogni altro tipo di libertà proprie della democrazia.
Negli ultimi anni la politica di aggressione verbale del presidente Aliyev si è tradotta in fatti concreti: il tentativo di invasione in questi giorni della Repubblica d’Armenia e nel 2016 del Nagorno Karabakh, territorio armeno da più di due millenni, con le sue città antiche, con le sue chiese e la sua gente autoctona. Siamo sinceramente stupiti nel vedere la mancanza da parte dei Paesi europei di interventi diretti ed efficaci tesi a frenare l’arroganza della dinastia Aliyev.
Aggiornato il 17 luglio 2020 alle ore 18:03