Dopo il prevedibile e sprezzante intervento turco a sostegno del Governo di Tripoli riconosciuto dall’Onu, e la contestuale posizione della Russia a sostegno del generale Khalifa Haftar, il bilanciamento delle forze schierate a favore della Tripolitania o della Cirenaica ha avuto un forte sussulto.
Lunedì il presidente francese Emmanuel Macron, nell’ambito di un colloquio con il presidente tunisino Kais Saied, ha dichiarato, in una conferenza stampa, che Erdogan sta facendo un “gioco pericoloso” che lascia spazio anche a prospettive geostrategiche dove l’occidente, nel suo complesso, potrebbe essere quasi estromesso. Il presidente francese davanti ad un’escalation delle tensioni di cui la Turchia è un’artefice cruciale, ha aggiunto che Ankara sta violando tutti i suoi impegni di non interferenza assunti a gennaio nella Conferenza di Berlino; ha inoltre affermato che tali giudizi sono stati condivisi anche con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, durante una telefonata-intervista lunedì pomeriggio. Macron ha ribadito la necessità della fine dell’interferenza straniera e degli atti unilaterali di coloro che cercano, attraverso la guerra, di ottenere nuove posizioni economiche e politiche in Libia. Inoltre il presidente tunisino Kais Saied si è dichiarato preoccupato per le sofferenze che la Tunisia accusa dalla precarietà sociale e politica presente nella confinate Libia, riferendosi ai rischi di contagiosità destabilizzatrice alle porte del suo paese. E’ ormai una sensazione comune, nei paesi del Maghreb, il fatto che la Libia rischia una spartizione tra Russia e Turchia rischiosissima per l’intera regione.
Il tono tra Parigi ed Ankara continua a salire; la Francia ha le prove, ma sono evidenti, che la Turchia stia fornendo massicce quantità di armi al Gna di Sarraj, in violazione dell’embargo imposto dalle Nazioni Unite, oltre la messa a disposizione di quelli che alcuni definiscono “cani da guerra”, cioè i mercenari siriani al soldo di Ankara. Per contro la Turchia accusa Parigi di appoggiare il generale Haftar e di “subappaltare” la parte più visiva del suo sostegno alla Cirenaica, agli Emirati Arabi e all’Egitto.
Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha messo in guardia che qualsiasi avanzamento a favore del Gna di Tripoli verso Sirte, potrebbe portare ad un intervento diretto dell’esercito egiziano nel conflitto. Tripoli ha dichiarato di avere letto l’affermazione dell’Egitto come una dichiarazione di guerra.
Nella fattispecie, ad oggi, si può affermare che la Nato sia stata colpita da “morte cerebrale”, vista la totale assenza e l’incapacità di “regolare”, con i suoi strumenti, una circostanza geopolitica sicuramente macchinosa ma non irrisolvibile. Ricordo che della comatosa Nato la Turchia ne fa parte, rivelando che tra i membri dell’Alleanza non esiste né la comunanza di strategie, né il minimo coordinamento.
Così la Lega Araba martedì, su istanza dell’Egitto, ha chiesto il ritiro delle truppe straniere dalla Libia e l’apertura di colloqui. La riunione si è svolta in videoconferenza, dove anno partecipato i rappresentanti di 21 paesi arabi, più il Governo di Tripoli, che inizialmente aveva rifiutato l’invito dell’Egitto (alleato con Haftar). Il verbale di fine riunione possiamo sintetizzarlo con la Lega Araba che rifiuta qualsiasi intervento straniero illegittimo in Libia e chiede il ritiro di tutte le forze straniere dal territorio della Libia e dalle sue acque territoriali. Il privilegiato rappresentante di Tripoli, Saleh al-Shemakhy, ha espresso riserve sull’efficacia dell’appello della Lega Araba, dichiarando, banalmente e con spirito di sudditanza, che le forze straniere che sostengono Sarraj (Turchia), hanno contribuito a respingere l’aggressione dell’esercito del maresciallo Haftar.
Tale “vertice” partito male e verosimilmente mutilato a causa dell’assenza di un rappresentate della Cirenaica, ovviamente formalmente non riconosciuto dall’Onu ma palesemente esistente e determinante, si è concluso male con una affermazione, quella del rappresentante di Tripoli, che conferma il netto asservimento ad Ankara, facendo immaginare che l’influenza della Turchia sulla Tripolitania è assoluta, e che senza il sostegno di Ankara forse la questione libica avrebbe preso la strada tracciata da Haftar.
Aggiornato il 26 giugno 2020 alle ore 11:12