Quello sporco gioco per delegittimare Trump

Il generale Michael Flynn è uno di quei soldati la cui storia è stampata sul petto. Diverse file di nastrini per aver partecipato a tutte le più importanti campagne dell’esercito statunitense e diverse decorazioni ad indicare che non era l’ufficiale addetto ai rifornimenti. Un uomo, pertanto, che difficilmente si può immaginare fare il doppio gioco con potenze nemiche. Scelto da Donald Trump a capo della National Security Agency (Nsa) è passato alla storia anche per la breve durata dell’incarico: dal 20 gennaio al 13 febbraio 2017. Successore di quella Susan Rice tanto cara a Obama, non si era ancora insediato che la macchina del fango era già stata avviata. Incontri sospetti con l’ambasciatore russo Sergey Kislyak proprio nei giorni in cui Obama aveva annunciato misure di ritorsione per le interferenze del governo russo nella campagna presidenziale americana, piani per rapire il religioso turco Fethullah Gülen per una consegna extra–giudiziaria a Recep Erdoğan, soldi ricevuti da un colosso russo.

Ovviamente l’obiettivo di chi stava dietro al mastino Robert Mueller e all’Fbi che stava investigando non era certo Flynn ma il suo presidente che seppur appena nominato aveva fatto capire che il vento stava cambiando. Le strategie processuali di Flynn, subito dimessosi, hanno condotto dapprima a un patteggiamento finalizzato ad una sorta di accordo che avrebbe portato a conoscere le carte e poi ad una lieve condanna solo per false dichiarazioni all’Fbi e non per alto tradimento. Sempre secondo un preciso copione che solo un uomo della levatura di Flynn poteva mettere in atto per smascherare i suoi detrattori, su sua richiesta il processo è stato revisionato nonostante le contromisure prese dal noto giudice Emmet Sullivan nominato alla corte federale da Bill Clinton. In questi giorni il colpo di scena. Il Dipartimento di giustizia americano ha fatto cadere le accuse alla luce delle recenti prove esibite che incastrano l’Fbi per aver agito con intento persecutorio. Non solo.

Da quanto riportano i quotidiani americani pare che l’Amministrazione guidata da Barack Obama abbia posto in essere mirate azioni illegali per cercare di incastrare Trump, che infatti – anche se senza successo per gli accusatori – ha dovuto subire anche la procedura di impeachment. Il tutto è emerso, oltre che per la revisione del processo a Flynn, perché il direttore della National Desecration ha desecrato documenti che hanno consentito di divulgare i nomi di ex funzionari della presidenza Obama coinvolti nell’opera di delegittimazione. Tra di essi figura l’ex capo dello staff della Casa Bianca Denis McDonough, l’ex direttore dell’Fbi James Comey, l’ex direttore della Cia John O. Brennan e l’ex direttore della National Intelligence James R. Clapper. Ci si deve chiedere cosa ha fatto Trump per suscitare tale imponente massa di manovra fangosa contro di lui. Forse c’è qualcos’altro oltre a quel ciuffo ribelle...

Aggiornato il 15 maggio 2020 alle ore 12:19