Coronavirus, l’Oms avverte: Africa “impreparata”

Sabato 22 febbraio l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha nuovamente allertato la comunità mondiale che i sistemi sanitari africani non possiedono ne le competenze, ne le attrezzature per fronteggiare l’epidemia da coronavirus Covid-19; se il virus si palesasse e si diffondesse nel continente, sarebbe impossibile prevedere o controllare i suoi effetti.

Il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, durante un vertice con i Ministri della Salute dei Paesi africani aderenti all’Unione Africana, ha esortato gli Stati membri ad “unire le forze per essere più aggressivi” nel organizzare un’efficace risposta al “nuovo coronavirus”. Ufficialmente, ad oggi, resta l’Egitto l’unico Paese in Africa ad aver registrato un caso confermato di contaminazione da Covid-19, ma i dubbi su tale dato sono condivisi da quasi tutti gli “addetti ai lavori”.

È evidente che il Sistema sanitario africano è impreparato ad affrontare tale minaccia epidemica, gli ospedali non sono in grado di rispondere puntualmente ai casi di contagio, e se il coronavirus inizierà ad essere riconosciuto e conseguentemente verrà dichiarata la sua diffusione in tutto il continente, i sistemi sanitari dovranno gestire contemporaneamente le varie malattie endemiche con sintomi simili al Covid-19, quindi pazienti con insufficienza respiratoria, shock settico o insufficienza multipla di organi. La preoccupazione maggiore dell’Oms è che i pazienti, che necessiteranno di cure intensive, avranno bisogno di attrezzature come i respiratori di cui sono carenti la maggior parte dei Paesi africani. Inoltre un’altra determinante sfida per i Paesi africani è anche quella di avere la capacità di eseguire test di screening, come i “tamponi”.

Da questo punto di vista qualche miglioramento si è già riscontrato in queste ultime tre settimane; infatti dopo Senegal e Sud Africa, che fino a pochi giorni fa erano gli unici laboratori in grado di eseguire test di individuazione del virus, ora i Paesi africani in grado di fare uno screening per rilevare il coronavirus è aumentato a 26.

A livello di “non prevenzione” si nota che, anche se molte compagnie aeree africane hanno sospeso i voli per la Cina, come la Kenya Airways, la principale e tra le più utilizzate compagnie aeree del continente, l’Ethiopian Airlines, ha mantenuto tutti voli (per la cronaca questa compagnia dalla sua fondazione avvenuta 73 anni fa ha avuto 53 incidenti).

Nel 2019 più di 2,5 milioni di passeggeri sono transitati tra la Cina e l’Africa tramite Addis Abeba; Ethiopian Airlines continua a svolgere 5 voli settimanali per Pechino, Shanghai e Canton. L’Oms ha fatto presente che ogni Paese è sovrano ed al momento non può emettere alcuna restrizione alla circolazione tra Cina ed Africa.

La comparsa di nuovi casi di contaminazione da Covid-19 nella Corea del Sud, in Iran, in Italia come anche negli ospedali e nelle prigioni cinesi, alimenta le preoccupazioni per la diffusione di un’epidemia che ha già fatto qualche migliaio di morti.

Eric d’Ortenzio, epidemiologico presso l’Istituto nazionale per la salute e la ricerca medica (Inserm), ha partecipato ad uno studio sulla vulnerabilità dell’Africa che, come detto, conta un solo caso noto. Lo studio appena pubblicato su The Lancet, mostra che l’Etiopia, il secondo Paese più popoloso in Africa dopo la Nigeria, ma anche il Sudan, l’Angola, la Tanzania, il Ghana ed il Kenya, hanno lo stesso grado di vulnerabilità al coronavirus. Il loro sistema sanitario sarebbe completamente incapace di assorbire lo shock ed in caso di conclamato contagio, sarebbe sopraffatto.

Anche se il continente africano sembra risparmiato da questa ulteriore emergenza sanitaria, sta comunque subendo già gravi conseguenze economiche, soprattutto a causa della limitazione della circolazione delle persone e della caduta dei prezzi delle materie prime.

La “virtuale assenza in Africa” del Covit-19, non ha impedito il generarsi d’importanti conseguenze economiche, a cominciare dalle difficoltà di trasferirsi da e verso la Cina (partner principale dell’Africa), di persone e di merci, sia via aerea che via mare.

Le compagnie di navigazione sono state costrette a cancellare i loro scali cinesi a causa dell’epidemia, e vengono stimate le perdite intorno ai 350 miliardi di dollari a settimana. Una perdita che deriva in gran parte dalla limitazione al minimo indispensabile degli scambi tra Africa e Cina, normalmente cruciale per fornire i mercati cinesi e l’industria metallurgica di Tianjin, Shanghai e Guangzhou. I porti dell’Africa orientale, da Gibuti a Dar es Salaam situati sul nuovo tracciato della Via della Seta sono i più colpiti. Al momento molte nazioni hanno chiuso, anche disordinatamente e parzialmente, le proprie frontiere: Afganistan, Iran, Romania, Austria, ma quando si valuterà una azione sul Trattato di Schengen?

Aggiornato il 24 febbraio 2020 alle ore 11:14