La questione curda e le anime buone europee

Siamo alle solite con la favola dei buoni e cattivi. Il moralismo politico ritorna sulla questione dei curdi siriani e fa strame del realismo (e della verità). A stare alla narrazione diffusa da fior di giornalisti e commentatori europei ed italiani, con l’accordo di Sochi di martedì scorso tra il “cattivo” russo Vladimir Putin e l’altro “cattivo” turco Tayyip Erdogan (accordo approvato persino da quell’altro “cattivo” del presidente siriano di Bashar al Assad) i “buonissimi” curdi siriani dello YPG hanno dovuto sloggiare dal Rojava, dopo essere stati traditi e abbandonati da quell’indigeribile “cattivone” - ora anche “traditore”- di Donald Trump.  Molti giornalisti italiani ed europei si stanno stracciando le vesti per la sconfitta delle nuove vittime della martirologia del villaggio globale (i “curdi”, il “popolo curdo”) e l’ennesimo rinvio della realizzazione del magnifico sogno (umanitario?) di dare finalmente uno Stato al “popolo curdo senza stato”.

Peccato – sembrano voler dire quei moralisti e buonisti - che Trump non abbia scatenato una guerra contro la Turchia, la Siria, l’Iran e l’Iraq (tutti stati contrari ad uno stato del Kurdistan) che avrebbe coinvolto e visto su fronti opposti anche la Russia e alcuni stati europei. Peccato che non ci sia stata una guerra mondiale per il sacrosanto stato curdo! Qualcuno dice persino: “dovevamo farlo noi europei, e così avremmo dimostrato chi siamo!”. Mandando soldati europei da Parigi, Londra e Roma a morire per Kobane? In fondo – suggeriscono- i militanti dello YPG braccio armato del PYD chiedevano solo, con moderazione, un’autonomia regionale del Rojava: in fondo è come quella che hanno ottenuto le due fazioni curde irachene (da decenni in lotta ed anche in guerra fra loro) del PKD guidato dalla famiglia dei Barzani (alleati dei turchi e anti-iraniani) e l’UPDK della famiglia dei Talabani (alleati degli iraniani e del PKK turco). Che male c’è?

Peccato che i Barzani hanno, subito dopo, nel 2017, indetto un referendum popolare per l’indipendenza e la formazione di uno stato curdo in Iraq (finito prevedibilmente con il 92% dei favorevoli). E che c’è di più democratico di un referendum? A parte che il governo di Baghdad allarmatissimo (appoggiato dall’intera comunità internazionale) non ne riconobbe la validità, esso dimostra cosa si nasconda dietro le “moderate” richieste di “autonomia” dei curdi siriani del Rojava: un progetto gradualista. Prima l’autonomia in Siria, poi un’analoga autonomia in Turchia. E poi uno stato curdo siriano-curdo e infine finalmente un grande “stato del Kurdistan”. Geniale! Peccato che non solo la Turchia non può che difendere le sue frontiere ed il suo territorio, ma anche la Siria, l’Iraq. Al progetto si oppone ovviamente anche l’Iran perché sa che prima o poi anch’essa dovrebbe essere amputata della regione curda di Mahabad con i suoi circa 10 milioni di abitanti. Nelle more si aprirebbe nel frattempo una lunga fase di terrorismo curdo in tutti quegli stati.

Se ne deduce che solo con una guerra mondiale uno stato curdo sarebbe possibile. È questo che vogliono le anime belle europee? Si rendono conto che con il loro buonismo moralista e la loro superficiale irresponsabilità rafforzano il velleitario nazionalismo curdo già responsabile di eccidi e lotte sanguinose quanto inutili. Quel nazionalismo è rappresentato peraltro da organizzazioni terroristiche come le due organizzazioni militanti e affiliate tra loro, il PKK e lo YPG siriano che non rappresentano affatto il “popolo curdo”. Le popolazioni curdofone sono divise per storia, tradizioni, religione (si pensi ai “curdi” zaza” che in maggioranza seguono la religione alevita) e sono state sempre in lotta anche armata fra loro. Sono divise anche linguisticamente: esistono infatti almeno 4 lingue (non semplici dialetti) incomprensibili tra loro e di uso quasi esclusivamente orale, anche se la retorica diffusa impone di chiamare “curde”. Uomini e donne che nei loro paesi non sono affatto discriminati e vogliono solo vivere bene e mandare i figli alle università (che non potrebbero mai essere tenute in una delle lingue curde, dato che il loro vocabolario è estremamente elementare) e mal sopportano le imposizioni dei militanti di organizzazioni nazionaliste (che vanno dall’imposizione di tasse rivoluzionarie fino alla confisca di beni).

Per converso il PKK (definito terrorista anche dall’Ue, oltre che da Usa e Turchia) viene ritenuto responsabile della morte violenta in Turchia di circa 40mila persone, tra cui molti giovani soldati turchi di leva, colpevoli solo di vestire una divisa nonché moltissimi curdi, per lo più professionisti e insegnanti, uccisi solo perché si guadagnavano la vita insegnando il turco nelle scuole. C’è di più. Quanto allo YPG, un rapporto di Amnesty International del 2015 ha rivelato che le “Unità di Protezione Popolare” conducevano una campagna violenta e sistematica di saccheggio, demolizione e dislocazione di persone - in particolare arabi e turkmeni - nei territori da essi controllati e ha definito questi atti “crimini di guerra”.

Nel giugno del 2015 un rapporto del segretariato generale dell’Onu denunciò che giovani al di sotto della maggiore erano stati reclutati nelle file delle varie milizie impegnate nel conflitto siriano, citando numericamente la presenza di 24 minori nei ranghi dell'YPG. Nonostante le assicurazioni dello YPG ancora nel giugno del 2017 un rapporto del dipartimento di stato USA evidenziava che le milizie YPG stavano continuando ad utilizzare minori in guerra, spesso sottraendoli con la forza alle loro famiglie. Giovani anche minori dei 15 anni di età, maschi e femmine, sarebbero stati poi indottrinati e addestrati a compiti operativi. Anche PKK e YBS - una milizia yazida - farebbero lo stesso, arruolando forzatamente giovani anche di 12 anni, maschi e femmine, da utilizzare in ruoli di combattimento e supporto nel nord dell'Iraq.

Secondo un report redatto dal think-tank inglese, l’Henry Jackson Society, PKK (considerato un'organizzazione terroristica in USA, Turchia e Unione Europea) e PYD sarebbero due organizzazioni sorelle, affiliate tra loro per ideologia (marxista-leninista) e catena di comando, il che è un fatto storico indubitabile. Secondo lo stesso rapporto essi sarebbero responsabili dell'instaurazione di un regime autoritario nelle aree sotto il loro controllo nella Siria orientale. In particolare il PYD utilizzerebbe varie forme di intimidazione, tra cui anche l'omicidio, nei confronti delle componenti della società civile curda e araba siriana che non ne condividono l'ideologia. Notizie tutte da verificare, certo. Ma provenienti da diverse fonti e convergenti.

C’è comunque davvero da domandarsi: che tipo di stato sarebbe quello curdo che le anime belle europee si affannano ad auspicare? Quali sarebbero i suoi metodi al suo interno e i suoi rapporti con i paesi vicini? Non certo ispirati a principi liberal-democratici e pacifici. E soprattutto: siamo sicuri che i “buoni” della narrazione diffusa siano poi così buoni? Vuoi vedere che anche i “cattivi” della favola non sono così cattivi come si pensa a leggere certi moralisti politici?

Aggiornato il 24 ottobre 2019 alle ore 12:28