Voglia di cambiamento, insieme a disillusione e distacco verso la classe politica, come dimostrato dall’alto astensionismo: è quanto emerge dagli exit poll delle elezioni presidenziali che si sono svolte domenica 15 settembre in Tunisia. Il primo vincitore è appunto il partito dell’astensione, con solo il 45 per cento degli aventi diritto al voto recatosi alle urne, rispetto al 64 per cento del 2014.
Il malcontento della popolazione si è espresso anche all’interno delle stesse urne, che secondo i sondaggi premierebbero due candidati “outsider” rispetto alle figure che hanno caratterizzato la scena politica tunisina dalla caduta di Ben Ali nel 2011: in testa, a sorpresa con il 19 per cento, si trova il professor Kais Saied, giurista candidatosi come indipendente, seguito dal magnate Nabil Karoui, che è riuscito a ottenere il 17 per cento malgrado si trovi in carcere dal 23 agosto con l’accusa di evasione e riciclaggio di denaro.
Se i risultati ufficiali, attesi per oggi, martedì 17 settembre, dovessero confermare queste posizioni, saranno Saied e Karoui a contendersi la presidenza lasciata vacante dalla scomparsa di Beji Caid Essebsi avvenuta il 25 luglio, a qualche mese di distanza dalla scadenza naturale del suo mandato.
Le urne hanno poi decretato il tracollo del campo laico e moderato riconducibile a Nidaa Tounes, il partito fondato da Essebsi. Nida Tounes è riuscito a contrapporsi efficacemente alle ambizioni e all’agenda islamista di Ennahda, il braccio politico dei Fratelli Musulmani. D’altro canto, le rivalità interne sono state la causa di numerose scissioni, che hanno causato la dispersione dei voti e un allontanamento generale degli elettori, danneggiando infine tutti i candidati alle elezioni presidenziali provenienti originariamente da Nidaa Tounes.
Il fallimento più clamoroso è stato quello del primo ministro, Youssef Chahed, uscito dal partito dopo la rottura irrimediabile delle relazioni con Essebsi per fondare Tahya Tounes. Complice il fatto di non essere riuscito ad affrontare efficacemente la grave crisi economica e la disoccupazione dilagante, Chahed non è andato oltre il 7,5 per cento. E non deve avergli giovato neppure la vicenda legata all’arresto di Karoui, da buona parte dell’opinione pubblica interpretata come una mossa dello stesso Chahed volta a eliminare un pericoloso rivale alla successione di Essebsi.
Rispetto al fallimento del primo ministro, Nidaa Tounes non ha fatto certo di meglio, non essendo riuscita ad esprimere direttamente nessun candidato. Inizialmente aveva offerto sostegno a un altro dei suoi fuoriusciti, Mohsen Marzouk, anch’egli fondatore di un nuovo partito, Machrouu Tounes. Marzouk ha però deciso di ritirare la sua candidatura poco prima delle votazioni, per appoggiare quella da indipendente del Ministro della Difesa, Abdel Karim Zubeidi, vicino ad Essebsi, che non ha superato il 7 per cento dei consensi.
Sul fronte islamista, Abdelfattah Mourou, il candidato del partito dei Fratelli Musulmani, Ennhada, si è fermato all’11 per cento sebbene nutra qualche speranza di accrescere la sua percentuale di voto quando lo spoglio delle schede sarà completato. Nel complesso, anche la Fratellanza ha sofferto di un calo di consensi, ma cercherà presto la rivincita alle elezioni parlamentari del 6 ottobre, dove Ennahda intende riconfermarsi come primo partito per avere la maggior voce in capitolo nella formazione del prossimo esecutivo. Inoltre, Ennahda potrà risultare decisiva per l’elezione dello stesso Presidente.
Esclusa la possibilità di un appoggio a Karoui, al ballottaggio i Fratelli Musulmani potrebbero convogliare il proprio capitale di voti su Saied, con il quale sembrano possibili preoccupanti convergenze, ad esempio sulla contrarietà ad approvare una legge che introduca l’uguaglianza tra uomo e donna per quanto concerne i diritti di eredità (promossa invece da Essebsi), sulla reintroduzione della pena di morte e sui diritti civili (Saied, in particolare, ha preso di mira gli omosessuali).
Resta da risolvere la questione legata alla contestata detenzione di Karoui. Se eletto, l’uomo d’affari e proprietario del canale televisivo Nessma, non potrebbe in ogni caso esercitare il suo incarico dal carcere. Ciò lascerebbe la strada spianata non solo a Saied, che ha basato la sua campagna elettorale su toni anti-establishment, ma provocherebbe una profonda spaccatura nel Paese, poiché i sostenitori di Karoui non considererebbero pienamente democratica l’investitura dell’avversario.
Al di là delle vicende giudiziarie con contorni politici che lo hanno colpito, Karoui è rimasto l’unico esponente di matrice laica e moderata in grado di ostacolare possibili derive in senso fondamentalista. Se verrà messo fuorigioco definitivamente, la situazione di caos e incertezza rischia così di favorire come vincitore di questa fondamentale fase elettorale la sola forza davvero organizzata presente oggi in Tunisia: i Fratelli Musulmani.
Aggiornato il 17 settembre 2019 alle ore 10:48