Dai primi anni settanta la penisola scandinava, forte di un sistema giuridico complessivo dalle “braccia aperte”, ha accolto nelle proprie città migranti prevalentemente di religione islamica, provenienti da varie aree geografiche, in maggioranza pakistani, iracheni, siriani, iraniani, marocchini, somali, ed anche dall’area balcanica a prevalenza islamica (Bosnia e Kosovo). In una visione della società caratterizzata da una miopia “socio-culturale”, forse dettata dalla troppa sicurezza, gli scandinavi hanno elaborato un sistema di welfare sbilanciato e alla luce dei fatti non ragionato, disegnato, in molti casi, per una tipologia di collettività di religione islamica e caratterizzato da un’eccessiva disponibilità all’”assistenza”, a tal punto da spronare un flusso migratorio oltre le “fisiologiche e motivate dinamiche umane”.
Che l’integrazione in Scandinavia, fosse un utopia, lo si è notato subito, infatti sia in Norvegia, come in Danimarca e Svezia, tali “comfort” offerte dagli Stati accoglienti, hanno portato, non ad una volontà di integrarsi in contesti sociali e giuridici autoctoni, ma ha creare delle “enclav” islamiche, all’interno delle quali nemmeno la polizia o l’ambulanza possono penetrare.
Il dieci agosto un norvegese bianco, armato e con un elmetto e divisa militare, ha aperto il fuoco all’interno del centro islamico di al-Nour di Baerum, un sobborgo di Oslo; l’azione non ha avuto conseguenze grazie all’intervento di un fedele, “ex militare pakistano” e addetto alla vigilanza della moschea, che ha disarmato il norvegese, bloccandolo, per poi permettere alla Polizia di trarlo in arresto, la quale ha classificato l’azione come un tentativo di “atto terroristico”.
L’atto, con fisionomia “terroristica”, si colloca in una “vena” di attacchi da parte di gruppi d’individui, che vedono nell’ideologia “suprematista” una barriera a quello che ritengono, “invadente e contagioso multiculturalismo”, e che si allinea con le analoghe situazioni verificatesi negli Stati Uniti e in Nuova Zelanda dove, ricordo, sono stati uccisi, a marzo di questo anno, 51 fedeli musulmani in due moschee nella città di Christchurch. L'artefice della strage di Christchurch aveva pubblicato il suo “manifesto” in cui si definiva influenzato dall’ideologia di estrema destra, tra cui i principi della “dottrina ” del neo-nazista norvegese Anders Breivik autore della strage (endogena) del 2011 in Norvegia, in cui uccise settantasette norvegesi di cui sessantanove nell’isola di Utoya dove si stava svolgendo una festa di giovani simpatizzanti del Partito Laburista. Lo scopo del gesto di Breivik era quello di mandare un “segnale” al Governo Laburista, necessario, come rivela nelle sue affermazioni: “a fermare una decostruzione della cultura norvegese per via dell'immigrazione in massa dei musulmani". La drammatica “Crociata interna di Breivik”, elaborata in una complessità sociologica con aspetti anarcoidi causati dalla non controllata “accoglienza”, rappresenta, nell’ambito della smisurata follia manifestata, un significativo aspetto implosivo del concetto di integrazione interculturale.
La Norvegia esprime un profondo disagio a riguardo dei problemi con l’islam “di casa”, tale disagio è stato palesato anche pochi giorni fa dalla quarantenne Sylvi Listhaug, Ministro e membro del partito Progress Party, che ha pubblicato un post nel quale dichiara: "Credo che coloro che vengono in Norvegia debbano adattarsi alla nostra società. Qui mangiamo carne di maiale, beviamo alcolici e mostriamo il nostro viso. Quando vieni in Norvegia, devi rispettare i valori, le leggi e le regole che esistono qui"; tali dichiarazioni fatte da un Ministro dell'integrazione denotano una forte dose di preoccupazione. Se la Norvegia è preoccupata la Svezia non è da meno; oggi esistono circa 55 aree urbane dette “no-go areas”, simili alle famigerate “ZUS” francesi (Zone urbaine sensible), dove nemmeno la posta viene recapitata, e dove si accede solo con scorta di polizia, preventivamente concordata e spesso respinta. In particolare a Malmö, nel quartiere di Rosengård, la situazione sfugge al controllo statale, a Stoccolma nel quartiere di Rinkeby, in una sorta di “mitologica” Babilonia, si parlano più di quarantacinque lingue, convivono circa diciassettemila persone appartenenti a circa 50 etnie differenti.
Ad Oslo una forte attività di proselitismo è portata avanti dall’imam salafita Fahad Qureshi, che predica la conversione dei norvegesi all’islam, che discrimina l’omosessualità, che lotta per l’applicazione della sharia in Norvegia, che obbliga il niqab alle donne musulmane (nonostante una legge norvegese lo vieti) e che opera per ottenere la separazione dei sessi nei bus e nei servizi pubblici. Ad oggi in Norvegia si contano quasi 3500 norvegesi convertiti all’islam, spesso ostentati da Qureshi nei canali televisivi. Secondo Statistics Norway, i musulmani sono circa 125.000, il 2,5 per cento su un popolazione di più di cinque milioni di abitanti, e si collocano al secondo posto dopo i luterani.
Una breve menzione va fatta al ruolo che i Fratelli Musulmani esercitano in Norvegia, un progetto che interessa sia aspetti interni che esterni allo Stato: internamente l’ostentazione di palese appartenenza: burqa, niqab, barbe e abbigliamenti con “tratti” salafitici, espressioni che sempre più spesso disturbano i norvegesi; all’esterno in co-coordinamento con organizzazioni islamiche radicali, effettuano lo smistamento ed il recupero di molti miliziani jihadisti anche fuoriusciti dall’ex Stato islamico, oltre i noti finanziamenti per la “logistica d’integrazione” in generale; un ganglio della rete planetaria dell’islam “estremista”.
Rammento che il deputato laburista norvegese Youssef Gilani, di origine pakistana, ha proposto che ai detenuti musulmani possa essere somministrato il pasto halal (lecito) e che un’area del carcere possa essere destinata alla preghiera, similmente alla richiesta di una stanza per la preghiera islamica all’aeroporto di Oslo dedicata ai tassisti musulmani; il capo della Task Force che si occupa della sicurezza sul lavoro, Fahim Naim, ha chiesto che venga studiata una legge che vieti, in determinati periodi dell’anno e in alcuni giorni della settimana, la vendita di alcolici in locali pubblici, al fine di poter accogliere i clienti musulmani; in fine l'ospedale Kristiansand ha ceduto ad una richiesta di alcuni musulmani, che hanno preteso la rimozione dell'immagine di un maialino facente parte di una serie di figure allegre presenti nella sala giochi per bambini malati.
Ricordando che il governo al potere della Norvegia scaturisce da una coalizione tra il Partito conservatore (centro-destra) e il Partito progressista contrario all'immigrazione, ritengo che l’”esperienza scandinava”, profondamente in atto, debba essere analizzata in un’ottica di “accoglienza globale” europea e con una lettura necessariamente relativistica utile sia alla “cultura occidentale” che alla comunità islamica non radicale.
Aggiornato il 13 agosto 2019 alle ore 14:36