A proposito di Lori

La quasi totalità dei media saluta l’elezione del nuovo sindaco di Chicago, Lori Lightfoot, come un evento storico perché trattasi del successo di una donna, afroamericana e omosessuale.

È chiaro che si sia di fronte a un fatto memorabile e inconsueto che ovviamente vediamo con favore perché dimostra quanto i pregiudizi comincino a diventare merce rara e quanto l’America – nonostante una serie di storture di sistema – resti comunque la terra delle opportunità ove ci si misura sul valore delle proprie idee.

Detto questo, troviamo quantomeno triviale, se non proprio razzista (razzismo al contrario), continuare a sperticarsi perché una donna, per giunta lesbica e con “l’aggravante” di essere afroamericana, abbia avuto “l’ardire” di vincere una contesa elettorale nella terza più grande città degli Stati Uniti.

La signora Lightfoot non è un Panda da ammirare in uno zoo e nemmeno una specie protetta da contemplare e compatire. Questa continua allusione alla razza, al genere e ai gusti sessuali è un po’ stucchevole, provinciale e controproducente perché quasi sottintende che il neo sindaco non abbia altri meriti.

Tanto altro si potrebbe invece dire dell’avvocato Lightfoot visto che è persona di pregio perché, come si legge sul suo sito ufficiale, è stata la prima, come presidente del consiglio di polizia di Chicago, a guidare un corpo civile indipendente composto da 9 membri incaricato di decidere le questioni disciplinari per le accuse di cattiva condotta rivolte dalla comunità alla polizia. È stata inoltre amministratore delegato ad interim del Dipartimento dei servizi di approvvigionamento di Chicago, dove ha combattuto con successo una lunga battaglia contro un sistema corrotto che discriminava minoranze e donne.

Ma noi continuiamo ad incensarla perché donna, nera e lesbica, così, tanto per atteggiarci ad anime belle: non ce ne dovrebbe impipare un fico secco dei suoi fatti privati che invece ci ingolosiscono a tal punto da indurci a trattarla come se il suo programma, apertamente focalizzato sulla guerra alla povertà e al malaffare, fosse un dettaglio di poco conto.

Perché alla fine giochiamo a fare gli aperti ma ognuno di noi è un provinciale a suo modo: c’è chi ancora si scandalizza e c’è chi gioca a fare l’aperto. Ma nessuno si pone di fronte alla notizia come se ci fosse semplicemente una persona che ha vinto una sfida elettorale difficile e che dovrà dimostrare la propria capacità di mantenere le promesse, unico fatto sul quale è giusto che venga giudicata.

Anche le omissioni nel porgere l’evento all’opinione pubblica sono abbastanza nauseanti. La notizia è stata più o meno presentata così: “Lori Lightfoot, donna, afroamericana e omosessuale ha vinto le elezioni in maniera schiacciante. L’avversario, Toni Preckwinkle, ha preso il telefono in mano per congratularsi appena un’ora dopo la chiusura dei seggi”.

Ma chi sarà mai Toni Preckwinkle? Chi sarà mai questo fantomatico avversario? Toni Preckwinkle è un’altra donna afroamericana. Ma questo non era strumentale alla narrazione.

Aggiornato il 08 aprile 2019 alle ore 12:28