Nuova Zelanda, il killer delle moschee accusato di 50 omicidi

Brenton Tarrant dovrà rispondere di 50 capi d’accusa per omicidio e altri 39 per tentato omicidio. Lo ha reso noto la polizia neozelandese, a proposito del 28enne estremista australiano, killer della strage nelle moschee di Christchurch, avvenuta il 15 marzo scorso. Come si ricorderà, dopo la mattanza è arrivato anche l’avvertimento terroristico. Con l’Isis che ha minacciato vendetta. In un post condiviso su Telegram alcuni gruppi affiliati ad Al Qaeda avevano discusso del massacro come di “guerra dei Crociati” contro i musulmani, promettendo di rispondere con il “linguaggio del sangue”. Sul canale Telegram filo Isis Al-Asyaf Al Baghdadi, l’appello era stato quello di “versare il sangue dei Crociati”.

Da allora, l’allerta in Nuova Zelanda è massima. Insieme a Tarrant era finito sul banco degli imputati anche Facebook. Anche perché l’assalitore aveva filmato e postato, in diretta, sul social network, le fasi della mattanza. Non a caso, Mia Garlic, rappresentante di Facebook in Nuova Zelanda, aveva detto che il colosso della Silicon Valley era intervenuto per rimuovere 1,5 milioni di video dell’attacco a livello globale, “di cui oltre 1,2 milioni sono stati bloccati mentre erano in caricamento”.

“Metteremo al bando tutte le armi stile militare”, ha detto la premier neozelandese Jacinda Ardern, nei giorni successivi alla strage. Saranno banditi anche i bump stock, i dispositivi che trasformano i fucili in semi automatici. “Il 15 marzo – ha dichiarato la Ardern – la nostra storia è cambiata per sempre. Ora cambieranno anche le nostre leggi. Il Paese ha vissuto una violenza portata da qualcuno che è cresciuto e ha imparato la sua ideologia da qualche altra parte”.

 

Aggiornato il 04 aprile 2019 alle ore 16:48