Immaginare l’Algeria dopo Abdelaziz Bouteflika, può sembrare difficile data la sua pluridecennale permanenza al potere; occorre osservare che il grande Stato del Magreb ha “retto”, non senza grandi sacrifici, a profonde tensioni interne, alle manifestazioni popolari del 1988, alle proteste rivoluzionarie che hanno portato alla guerra civile del 1999 (più di 200mila morti, numerosi “desaparecidos” algerini accusati a vario titolo di attività “anti governative” e fatti scomparire ad opera delle forze di repressione, intere comunità sterminate, intellettuali oppressi e sgozzati dai soliti “opportunisti” del caos), ha “retto” alle endemiche e serpeggianti minacce jihadiste, ed è nella reminiscenza di quegli anni cruenti e spesso rievocati da chi li ha vissuti, che i giovani algerini hanno intelligentemente snobbato i falsi “profumi” della “Primavera” araba del 2011.
Le azioni del Governo tese a fronteggiare tali manifestazioni, sono state regolate dimenticando, però, lo spirito socialista, laicista ed indipendentista che Ahmed Ben Bella (primo presidente algerino dopo la fine della colonizzazione francese), aveva inculcato nel pensiero politico algerino, ma anche utilizzate con la consapevolezza che un “braccio” troppo tenero non avrebbe avuto efficacia e forse avrebbe causato effetti peggiori. Tuttavia Bouteflika è riuscito a mantenere una difficile stabilità sociale ed un moderato laicismo. Nonostante tali situazioni, fisiologiche in ogni contesto sociale e particolarmente in questo, gli algerini hanno potuto vivere in un ambito nel quale vigeva una “Antidemocrazia Naturale” sopportabile, che non ha impedito, specialmente alle donne, di poter studiare e frequentare le Università, cosa non ovunque scontata nel mondo arabo; che ha permesso la nascita e lo sviluppo di una economia prodotta da privati, ma che non ha favorito la nascita di una credibile classe dirigente politica alternativa. Senza dubbio lo Stato nord africano sta attraversando una congiuntura economica difficile: si prevede che il gas, una delle fonti più importanti dell’economia algerina, nell’arco di pochi anni non sarà più disponibile a causa dell’esaurimento dei giacimenti; tale condizione creerebbe una crisi complessiva del sistema economico, facendo venire a mancare quei modesti supporti di assistenza sociale alla popolazione, determinati comunque, per un equilibrio generale. Va ricordato, inoltre, che Bouteflika è salito al potere grazie al gradimento di cui godeva da parte dei generali dell’esercito algerino che hanno visto in lui l’unica alternativa in quel drammatico momento. Erede ideologico di Ahmed Ben Bella e Houari Boumédiène, solo per citare i più noti, ha sempre indossato abiti civili e cravatta, come tutti i suoi predecessori, preservando egregiamente, anche nell’immagine, la laicità algerina e mantenendo anche lo spirito patriottico, non solo rappresentato dal Fln (Fronte di Liberazione Nazionale).
La protesta pacifica studentesca, contro la quinta ricandidatura di Bouteflika, ha sortito i suoi effetti; dopo settimane di manifestazioni, il governo algerino si è dimesso. Secondo l’agenzia ufficiale APS, Abdelaziz Bouteflika ha rinunciato al quinto mandato. Le elezioni presidenziali del 18 aprile sono rinviate; si specifica che la tornata elettorale per le presidenziali avrà luogo dopo una “conferenza nazionale” incaricata di riformare il sistema politico e di redigere una nuova Costituzione. La richiesta di cambiamento iniziata soprattutto per la ricandidatura di quella che viene definita la “mummia”, riferita alla malmessa figura del Presidente, malato, da anni paralizzato dagli effetti di un ictus, che non per sua volontà, ma per mancanza di alterativa credibile, è stato indotto a ripresentarsi come guida dell’Algeria, per poi ritirasi, ha obbligato la timorosa e prudente classe dirigente politica algerina a fare un passo in avanti. Intanto lunedì il Ministro dell’Interno algerino, Noureddine Bedoui, è stato nominato primo ministro in sostituzione Ahmed Ouyahia, l’obiettivo è quello di creare, con la figura del Presidente uscente, una sorta di “passaggio del Testimone”. Inoltre, in attesa dei “passi istituzionali” Noureddine Bedoui avrà l’incarico di formare il nuovo governo, fino alle elezioni, probabilmente entro il 2019. Sarà affiancato in questo delicato momento di transizione, secondo l’Agenzia Aps, da un vice primo ministro, Ramtane Lamamra,che probabilmente avrà anche il ministero degli Esteri, carica già ricoperta dal 2013 al 2017.
Va rilevato che la protesta studentesca ha avuto un peso maggiore quando si sono aggiunti ai loro cortei, gli avvocati e la potente Magistratura (circa un migliaio hanno aderito a scioperi e manifestazioni), che nonostante il richiamo delle Autorità ai loro “doveri di Stato”, hanno portato in “piazza” il loro potere con il fine di ottenere un cambiamento della politica. Altro tema della protesta studentesca è la richiesta/speranza di un avvicendamento della classe dirigente attuale, cosa difficilmente realizzabile causa l’età media della popolazione troppo bassa, e la inibizione alla crescita politica esercitata dalla miope e vecchia “nomenclatura” già dal 1999.
Quello che emerge dall’analisi di ciò che sta accadendo è che gli studenti algerini non vogliono una rivoluzione violenta, non vogliono una dittatura mascherata da “pseudo democrazia”, auspicano un “New Deal” della politica con nuovi personaggi che possano rafforzare i principi laici e che non impediscano alle studentesse di protestare a viso scoperto e con i capelli al vento, senza l’obbligo di indossare il hijab, ed ai loro colleghi maschi di avere tagli di capelli alla moda senza l’obbligo di identificarsi con lunghe barbe; ma il pericolo si lega sempre al solito fenomeno sociologico, vedi Siria, Albania ecc: il passaggio dalla “protesta intellettuale”, al subentro degli “opportunisti” e all’annichilimento di questi ultimi da parte dei “terroristi”, il passo è breve. Attualmente il rischio più percepito, nell’ambito di una “vacatio legis”, è quello dello spazio politico che potrebbero conquistare i Fratelli Musulmani sempre molto attenti a sfruttare il malessere sociale al fine di raggiungere il “potere”, ma l’Algeria va salvaguardata; la sua disgregazione politica aprirebbe il varco al jihadismo, favorirebbe un tracciato più facile alla migrazione africana e incrementerebbe il dissesto geopolitico in un area del mediterraneo alla ricerca di una stabilità volutamente fatta perdere, stimolando le “potenze” europee ed occidentali ad interessarsi non più solo economicamente del grande stato magrebino, ma anche e con più peso al suo futuro politico.
In attesa delle elezioni ricordo che anche in questo caso, la Francia, “Françafrique”, è molto interessata agli eventi; infatti non sta favorendo i desideri di cambiamento. Gli interessi francesi verso la sua ex colonia, sono strategici sotto molti aspetti: dalla collaborazione nella lotta al Jihadismo nelle reciproche Nazioni, a quello dello sfruttamento delle risorse algerine, ma anche a livello politico ed economico: investimenti, finanziamenti, consulenze, banche.
In Francia ed a Parigi in particolare si sono svolte in questi giorni numerose proteste organizzate da algerini francesi nelle quali chiedevano all’Eliseo di prendere una posizione, contro la ricandidatura di Bouteflika, istanza ovviamente ignorata dal Governo transalpino; questa richiesta e relativa reazione, palesano due aspetti degni di considerazione: il primo è la percezione da parte degli algerini della grande influenza della Francia nella loro politica interna; l’altro è che all’Eliseo, per ora, non interessa il cambiamento, ma alla luce del ritiro della candidatura del presidente Bouteflika, il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian ha dichiarato: Je salue la déclaration du président Bouteflika par laquelle il annonce ne pas solliciter un cinquième mandat et prendre des mesures pour rénover le système politique algérien; aggiungendo: Au lendemain des grandes manifestations, qui se sont déroulées dans le calme et la dignité à travers toute l’Algérie, la France exprime l’espoir qu’une nouvelle dynamique à même de répondre aux aspirations profondes du peuple algérien puisse s’engager rapidement, ritengo che rapidamente siano i tempi fondamentali al fine di evitare un pantano politico sempre in agguato in questi frangenti.
Aggiornato il 12 marzo 2019 alle ore 11:43