Francia: una rivolta contro le élite europee?

Quelli di noi che scrivono e si preoccupano dell’avanzata dell’Islam in Europa occidentale da anni sapevano che alla fine, se i governi di questi paesi non avessero cambiato drasticamente rotta, qualcosa sarebbe dovuto accadere. Finora, gli autoctoni sono stati in gran parte particolarmente tranquilli. Hanno subìto a lungo. I loro leader hanno riempito i loro paesi di un numero esorbitante di migranti provenienti dal Medio Oriente e dal Nord Africa, moltissimi dei quali hanno reso chiaro di non avere alcuna intenzione di integrarsi o di offrire un contributo alle società di accoglienza, ma piuttosto sono stati contenti di rubare, di fare del male, di recare danno e di distruggere, nonché sono determinati, a lungo andare, a conquistare e governare.

Nessuno ha mai chiesto ai cittadini dell’Europa occidentale se desideravano che i loro paesi venissero radicalmente cambiati in questo modo. Questa trasformazione, inoltre, si è intensificata nel corso degli anni. Non c’era dubbio che a un certo punto le popolazioni autoctone dell’Europa occidentale avrebbero reagito.

Ma in che modo? Quelli di noi che professionalmente si occupano di queste tematiche hanno riflettuto per ore su questa domanda. Ci siamo chiesti a vicenda: cosa credi che succederà? Qualcuno ha parlato di balcanizzazione. Già esistono le cosiddette no-go zones – enclave situate all’interno e nei dintorni delle grandi città dove gli “infedeli” sono indesiderati e dove la polizia e i vigili del fuoco vengono regolarmente bersagliati da pietre, se osano intromettersi. È stato abbastanza facile immaginare l’espansione di tali aree, il riconoscimento formale della loro sovranità de facto in base alla legge della sharia e il raggiungimento di una sorta di stabilità relativa. Altri osservatori hanno previsto delle proteste da parte dei cittadini autoctoni – non causate dalle élite la cui vita personale è influenzata in misura minima dalla presenza musulmana nei loro paesi, ma da parte di coloro che sono meno privilegiati, i cui quartieri e le scuole sono diventati luoghi pericolosi, le cui tasse sono sempre più elevate per finanziare ingenti sussidi da concedere ai migranti, i cui medici e ospedali sono talmente sovraccarichi di nuovi arrivati che l’erogazione delle prestazioni sanitarie vitali è sempre più razionata i e i tempi di attesa sono sempre più lunghi.

Nel 2016, i britannici sconcertarono il mondo votando a favore della Brexit, e successivamente nello stesso anno gli americani fecero una cosa ancora più sbalorditiva eleggendo Donald Trump presidente degli Stati Uniti. Alcuni commentatori si aspettavano che le elezioni in Francia, Svezia e nei Paesi Bassi avrebbero inoltre prodotto risultati sensazionali, ma sebbene in questi paesi si siano registrati dei progressi per i partiti politici favorevoli a contenere i flussi migratori, come Rassemblement National (l’ex Front National) di Marine Le Pen, in Francia, i Democratici svedesi, il Partito della Libertà (Pvv) di Geert Wilders e il Forum della democrazia di Thierry Baudet, entrambi nei Paesi Bassi, i risultati sono stati inferiori alle aspettative. Di contro, l’anno scorso, gli austriaci elessero come loro cancelliere Sebastian Kurz, un fervente oppositore delle quote imposte dall’Unione europea per la redistribuzione dei richiedenti asilo, e quest’anno, in Italia, è stato designato premier Giuseppe Conte, il quale ha assunto una posizione ferma contro l’immigrazione illegale e ha ufficializzato la decisione del governo di chiudere i porti italiani all’attracco delle navi cariche di migranti.

Ma la novità più importante su questo fronte non arriva dalle urne. Quest’anno i britannici hanno espresso crescente indignazione per la Brexit pasticciata di Theresa May e, durante l’estate, sono scesi in piazza per protestare contro l’arresto illegittimo e la reclusione di Tommy Robinson, il quale in quel paese è diventato il vero volto della resistenza all’islamizzazione. Inoltre, nelle ultime settimane, i cittadini francesi di tutto lo spettro politico, e per lo più provenienti da piccole città e zone rurali, sono stati impegnati non solo in normali proteste sociali – quella perenne attività ricreativa gallica – ma anche in tumulti e in atti di vandalismo a Parigi e in altre grandi città, saccheggiando luoghi iconici come gli Champs-Elysées, costringendo a chiudere la Tour Eiffel e il Louvre e provocando perfino danni all’Arc de Triomphe.

Dapprima è stato detto che i rivoltosi francesi erano indignati per un aumento delle tasse sul carburante che era stato motivato dalle priorità ambientali del presidente Emmanuel Macron. “Il prezzo del carburante è diventato inverosimile” ha dichiarato Ghislain Coutard, considerato il fondatore del cosiddetto movimento dei “giubbotti gialli”. Coutard ha inoltre rilevato che molti dei suoi amici “a malapena riescono a sopravvivere” a causa dei costi per mantenere un’auto. “Il minimo problema con l’auto diventa una catastrofe”, egli ha spiegato. “Devi indebitarti e non finirà mai”. Purtroppo, i disordini sono continuati anche dopo che Macron, essendosi reso conto di aver esagerato, ha annullato l’aumento delle tasse sul carburante.

I giornalisti non sono riusciti a ottenere spiegazioni chiare e concise dai rivoltosi in merito alle loro motivazioni e ai loro obiettivi. Forse i dimostranti non trovano le parole – forse esprimono una rabbia che ancora non riescono a motivare. O forse sono riluttanti a dire apertamente ciò che pensano per paura di essere definiti xenofobi, islamofobi o razzisti. In un’intervista, il filosofo francese Alain Finkielkraut ha attribuito le proteste e le rivolte all’insicurezza economica e culturale da parte dei ceti medio-bassi francesi – persone che hanno abbandonato i centri storici delle grandi città a causa dell’aumento degli affitti, che hanno visto il proprio posto di lavoro e le piccole imprese distrutti dalla “ecotassa” e dalle normative, che ritengono di aver perso una lotta di potere con gli immigrati musulmani e che hanno la sensazione che la loro classe dirigente mostri più comprensione per i migranti che per loro.

Adesso le rivolte si sono estese in Belgio e nei Paesi Bassi. Anche lì gli obiettivi dei manifestanti possono essere elusivi. L’Associated Press ha menzionato le lamentele di due anziane donne olandesi riguardo alle tasse elevate, alla crisi degli alloggi e alla perdita delle prestazioni sociali: “Il sistema di previdenza sociale con cui siamo cresciuti è sparito”, hanno detto. “Il governo non è lì per il popolo. È lì per proteggere i propri interessi”. Ovviamente, la tutela di tali “interessi” include il dare priorità ai favori da concedere ai migranti a spese degli olandesi che hanno lavorato tutta la vita. Ancora oggi, tuttavia, per molti autoctoni dell’Europa occidentale può essere più facile essere rivoltosi che parlare con franchezza di Islam e di immigrazione.

Ma queste rivolte si estenderanno ulteriormente? In qualche modo è difficile immaginare i cittadini scandinavi in rivolta: sono troppo pacati. La loro idea di manifestazione pubblica è una fiaccolata silenziosa. Per quanto riguarda i tedeschi, sono troppo disciplinati per scatenare rivolte spontanee. Sì, sono bravi a marciare in fila agli ordini di qualche isterico folle fascista, ma a livello individuale non tendono a esplodere in atti violenti. E comunque, questa impressione potrebbe essere errata. Dopotutto, è stata un vera sorpresa vedere così tanti cittadini britannici solitamente pacati e riguardosi, perfino repressi, affollare le piazze di Londra per esprimere la loro solidarietà a Tommy Robinson. Pertanto, queste rivolte francesi probabilmente si estenderanno in tutta l’Europa occidentale. Forse ci siamo: questo potrebbe essere l’inizio dell’opposizione dei cittadini dell’Europa occidentale al disastroso progetto multiculturale e globalista delle élite. O forse questo è solo un altro passo che ci avvicina al giorno della resa dei conti del continente. Lo scopriremo presto.

(*) Gatestone Institute

Traduzione a cura di Angelita La Spada

Aggiornato il 02 gennaio 2019 alle ore 11:47