Asia Bibi è finalmente libera e ha lasciato il Pakistan accompagnata dai suoi familiari più stretti per salire su un aereo diretta verso una destinazione al momento sconosciuta.
A dare la buona notizia, affidandola alla Bbc, è stato il legale della donna, Saif ul Malook, costretto nei giorni scorsi a scappare dal Pakistan dopo aver ricevuto minacce di morte da parte dei gruppi radicali islamici. In favore della causa di Asia - cattolica, accusata di blasfemia e poi assolta il 31 ottobre dalla Corte suprema pachistana dopo 8 anni di carcere, ma comunque costretta restare nel suo Paese a causa di un ricorso presentato dagli estremisti islamici che chiedono alla Corte Suprema di rivedere il verdetto di assoluzione - si è mobilitata tanta parte dell’Occidente offrendole asilo. In prima fila l’Italia a cui Ashiq Masih, marito di Asia Bibi, proprio l’altro ieri ha rivolto un disperato appello di aiuto raccolto subito dal ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha assicurato: “Ci stiamo lavorando con altri Paesi occidentali, con discrezione per evitare problemi in loco alla famiglia che vuole avere un futuro”.
Ma anche le istituzioni europee sono scese in campo per proteggere questa donna minacciata a causa della propria fede, con il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani che ha espressamente esortato Islamabad a rilasciare ad Asia e ai suoi cinque figli i documenti di viaggio necessari per consentirle di incontrare i parlamentari europei, a Bruxelles o a Strasburgo.
“Asia Bibi è libera! La verità, alla fine, vince sempre!”, ha twittato ieri sera Tajani non appena appresa la notizia della liberazione. Dopo la condanna all’impiccagione nel 2010, otto anni di carcere e la gioia per l’assoluzione con la liberazione che sembrava dietro l’angolo per Asia è cominciato un altro calvario. L’odio professato nei suoi confronti da parte degli estremisti sunniti di Tehreek-e-Labbaik ha portato per tre giorni nelle piazze del Pakistan decine di migliaia di persone con le foto del volto della donna circondato da un cappio e la scritta: “impicchiamola”. Poi, la richiesta di revisione della sentenza frutto di un accordo raggiunto dal Governo del premier Imran Khan con i gruppi radicali islamici. Quindi, Asia è finita nuovamente dietro le sbarre - “per la sua sicurezza”, è stato detto - nella struttura detentiva di Multan. Fino a ieri, quando ha potuto finalmente assaporare il piacere della libertà per tanto tempo negatale.
Aggiornato il 08 novembre 2018 alle ore 11:50