La nuova Via della Seta si è arricchita, con buona pace di tutti gli scettici che ne avevano decretato la difficile realizzabilità, di un nuovo, fondamentale, tassello. Si tratta della linea ferroviaria Baku-Tbilisi-Kars, inaugurata nei giorni scorsi dal presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev insieme al collega turco Recep Tayyip Erdoğan e alla presenza dei Primi Ministri di Georgia, Kazakistan e Uzbekistan e dei ministri del Tagikistan e del Turkmenistan. Un’opera la cui importanza si può cogliere soltanto dando un’occhiata ai dati: 846 chilometri, 504 dei quali in territorio azero, con la capacità di veicolare 3-5 milioni di tonnellate di merci in tre anni, che dovrebbero salire a 5-6 al quinto anno con l’obiettivo di giungere a 7 milioni di passeggeri e 17 milioni di tonnellate di merci.
Quasi ozioso sottolineare l’interesse che mostra Pechino per questa fondamentale infrastruttura, che verrà ad integrarsi nel colossale progetto Belt & Road, ovvero la Via della Seta 2.0, lanciata dal presidente cinese Xi Jinping nel suo discorso al recente Congresso del Partito Comunista Cinese. Più interessante, invece, riflettere sulle ricadute strategiche e geopolitiche che vanno al di là della mera sfera economica. Ricadute tanto più rilevanti se si pensa che la nuova via ferroviaria attraversa una delle regioni critiche della scena geopolitica mondiale. D’altro canto già la presenza di tanti leader alla cerimonia d’inaugurazione appare particolarmente significativa, come sottolineato dal presidente Ilham Aliyev, che ha evidenziato come tale infrastruttura venga ad integrare altri importanti progetti nel campo delle reti di trasporto del gas e del petrolio, a dare crescente importanza al nuovo porto azero di Alat e rappresenti soprattutto il segno tangibile della “fraternità fra Azerbaigian, Turchia e Georgia”.
Ovvero il nuovo asse geopolitico che sta operando nella direzione di fare della regione caucasica una nuova area di prosperità, stabilizzandone gli equilibri e pacificandola. Il rapporto tra Baku, Tbilisi ed Ankara rappresenta infatti la chiave di volta per risolvere il groviglio di tensioni, rancori, sciovinismi e localismi che ha rallentato lo sviluppo del Caucaso dopo il crollo dell’Urss, facendo di quella che è, potenzialmente, una delle regioni più ricche di risorse del globo, una minaccia per la sicurezza e la stabilità del pianeta.
La linea ferroviaria Btk, che si estende dalla riva del Mar Caspio in Azerbaigian alla capitale della Georgia, prima di approdare in Turchia, dove si inserisce nel più ampio sistema ferroviario turco verso l’Europa, è stata per la prima volta immaginata nel 1993, dopo che una ferrovia allora esistente che andava a Baku attraverso l’Armenia era stata distrutta a causa dell’occupazione dei territori dell’Azerbaigian da parte dell’Armenia stessa. Tuttavia, non sono state avviate azioni decisive fino al 2007, quando i leader di Azerbaigian, Georgia e Turchia si incontrarono a Tbilisi e firmarono un accordo per renderla realtà. Dieci anni dopo gli 846 chilometri di tratta sono stati inaugurati e il primo treno ha iniziato il suo percorso.
Occorre evidenziare che il finanziamento della Btk è stato completamente affrontato dall’Azerbaigian e dalla Turchia, in quanto la Banca Mondiale, la Banca Asiatica per lo Sviluppo e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo hanno rifiutato di sostenere il progetto, manifestando la propria preferenza per la ricostruzione del vecchio percorso attraverso l’Armenia. La tratta in Georgia, pari a 178 chilometri, è stata finanziata con un prestito del Fondo Statale dell’Azerbaigian (Sofaz), per un importo di 112 milioni di dollari (interessi dell’1 per cento) e 323 milioni di dollari (interessi del 5 per cento).
La nuova ferrovia passa intorno all’Armenia, Paese con cui l’Azerbaigian ha un conflitto territoriale fin dagli anni Ottanta e la ferrovia Btk potrebbe essere utilizzata per far pressione sull’Armenia al fine di porre fine alla sua occupazione dei territori dell’Azerbaigian. Combinata con le altre iniziative che Azerbaigian, Georgia e Turchia conducono in partnership - come una serie di oleodotti e gasdotti e legami più stretti nei settori dell’energia, della difesa e dell’istruzione - la Btk, in definitiva, rappresenta un corridoio di cooperazione nel Caucaso. Nel frattempo, l’Armenia aumenta il suo isolamento in una regione che sta rapidamente diventando un crocevia dell’Eurasia.
Per altro è ormai chiaro che le nuove strategie geopolitiche vengono veicolate proprio attraverso le grandi reti di trasporto e comunicazione trans-nazionali e che sono ferrovie, strade, pipeline, reti telematiche che delineano i nuovi scenari geopolitici (si veda “Le nuove reti eurasiatiche. Il futuro dell’Italia lungo la Via della Seta”, Il Nodo di Gordio-Vox Populi, 2016).
Inoltre significativa è stata anche la presenza a Baku dei rappresentanti di Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan e Turkmenistan, che sembra prospettare un nuovo orizzonte comune per i paesi della cosiddetta “turcofonia”, che si prolunga dal nostro Mediterraneo sino all’Asia Centrale e ai confini con la Cina, passando, appunto, per la dorsale caucasica. La ferrovia Baku-Tbilisi-Kars, permettendo, inoltre, di ridurre drasticamente i tempi per il collegamento via terra fra Europa e Cina, apre ad altre prospettive che ci coinvolgono direttamente, visto che contribuirà a dare nuova centralità strategica al nostro Mediterraneo, spostando, almeno in parte, il fulcro degli interessi mondiali, oggi incentrato quasi esclusivamente nelle vastità degli Oceani Pacifico e Indiano. Contribuendo, così, a risollevare i Paesi euro-mediterranei, in primis l’Italia, dalla condizione periferica cui sono da tempo ridotti.
(*) Senior fellow del think tank “Il Nodo di Gordio”
Aggiornato il 03 novembre 2017 alle ore 21:05