Le marce di Navalny scuotono l’immobilismo russo

Mentre in Europa nascono nuovi fenomeni politici (come Macron in Francia) e tentennano quelli vecchi (la May in Gran Bretagna), in uno scenario di instabilità ormai cronica, a Est dell’Ue la Russia appare come un monolite, con una granitica maggioranza stabile di consensi garantita al presidente Vladimir Putin e al suo partito Russia Unita. Sarà veramente granitica? Gli europei occidentali che leggono la realtà russa con gli occhiali dell’informazione di Stato rischiano di commettere lo stesso errore di chi riteneva l’Urss destinata a durare in eterno, o addirittura a sorpassare gli Usa. Sebbene la maggioranza a Putin e a Russia Unita sia molto solida, ci sono sintomi di crisi che non vanno trascurati.

Uno di questi sintomi è l’altissimo tasso di astensionismo che ha caratterizzato le ultime elezioni, soprattutto a Mosca e San Pietroburgo. Un altro è la manifestazione organizzata dal blogger e attivista d’opposizione Alexei Navalny. Escluso dalla competizione elettorale presidenziale, ferito agli occhi da una squadra di picchiatori, Navalny usa due strumenti per fare opposizione: Internet e la piazza. Dopo un’ondata di marce contro la corruzione che ha organizzato a marzo, ieri ha ripetuto la protesta contro gli abusi di potere in 169 città. L’affluenza è stata inferiore rispetto a quella di marzo. Ma c’è anche da dire che la precedente manifestazione è stata seguita da centinaia di arresti. E pochi hanno il coraggio di scendere in piazza, sapendo che l’effetto della loro scelta è la galera, o quantomeno un brutto quarto d’ora in un commissariato di polizia.

Navalny, di professione avvocato, è una figura molto nota nel mondo di Internet russo più ancora che in quello della politica. Con le sue inchieste, basate da documenti pubblici tratti dal catasto e dalle procure, smaschera la corruzione del potere ed espone i casi, di volta in volta, con video realizzati con grande professionalità.

A fine marzo, ha fatto il colpo gobbo: ha smascherato un vero e proprio impero segreto dell’attuale premier in carica Dmitri Medvedev. Un impero fatto di organizzazioni non-profit collegate a lui personalmente tramite i loro presidenti, tutti suoi ex compagni di scuola e uomini di fiducia. Arricchendosi con elargizioni di oligarchi a lui vicini e prestiti di banche private e pubbliche, pur non comparendo ufficialmente come il proprietario, Medvedev (che è stato presidente della Russia fino al 2012) si sarebbe accaparrato ville mozzafiato, immensi terreni in Russia, yacht, piste da sci private e anche una grande tenuta in Toscana, (che in passato apparteneva a Malagodi, lo storico leader del Pli). “Tutte bufale”, smentisce il Cremlino, ma i russi intanto sono indignati.

La nuova opposizione al Cremlino ha ben poche caratteristiche in comune con i movimenti di massa pro-democrazia nel resto dell’ex Urss (come la Rivoluzione delle Rose in Georgia o quella Arancione e il Maidan in Ucraina). I russi chiedono giustizia contro gli abusi di potere e lotta alla corruzione, più che una maggiore libertà.

Navalny stesso non è mai stato noto come campione della democrazia liberale. Espulso dal partito socialdemocratico Yabloko nel 2007 per le sue posizioni troppo nazionaliste, la sua ex collega Engelina Tarajeva non aveva esitato a definirlo “l’uomo più pericoloso della Russia”. Benché formalmente liberale, non ha mai disdegnato la compagnia dei più estremi gruppi nazionalisti. Li ha in parte assolti, asserendo che le loro manifestazioni peggiori fossero solo il frutto di provocazioni e infiltrazioni orchestrate dal Cremlino. È per il “muro” (cioè per il ripristino delle dogane chiuse) contro l’immigrazione delle repubbliche ex sovietiche dell’Asia Centrale e non ha risparmiato gli insulti per le classi dirigenti e i popoli del Caucaso, a cui vorrebbe togliere i fondi. Non è un caso che se la prenda ora con Medvedev e non direttamente con Putin. Dell’inquilino del Cremlino ha approvato anche la guerra in Georgia nel 2008 e aveva proposto, sempre con un linguaggio molto colorito, l’espulsione di tutti i georgiani dalla Russia. Quanto alla guerra in Ucraina, stupendo molti in Occidente, ma pochi in Russia, ha accettato l’annessione della Crimea: “Benché la Crimea sia stata occupata con un’oltraggiosa violazione di tutte le norme internazionali – aveva poi detto in un’intervista – la realtà è che ora la Crimea è parte della Federazione Russa”.

Ma è proprio questo, secondo gli osservatori più attenti della scena politica russa, lo spirito dominante dell’opposizione. Non mettere in discussione il patriottismo e neppure il nazionalismo, ma puntare il dito contro la corruzione e l’abuso di potere del Cremlino. “Rubano” è, in una sola parola, lo slogan degli oppositori. Che non attaccano frontalmente Putin, ma il giro di affari (sporchi) che si è formato attorno a Mosca. Tutto questo porterà a una Russia più liberale? Forse sì. Per ora limitiamoci ad osservare che qualcosa è in movimento e non va sottovalutato. La storia russa, nel corso dei secoli, ci ha sempre mostrato lo spettacolo di un grande impero, solo apparentemente immobile, che viene scosso da cambiamenti drammatici e improvvisi.

Aggiornato il 12 giugno 2017 alle ore 22:04