Giustizia israeliana:  lezione di garantismo

Ennesima lezione di garantismo della giustizia israeliana al resto del mondo: a diciassette anni da quell'orrendo linciaggio di Ramallah, cui presero parte anche agenti della polizia palestinese, contro due poveri soldati di Tsahal che si erano persi e che si erano rifugiati proprio dentro il posto di polizia locale, è stato scarcerato in Israele uno dei presunti complici degli assassini e degli autori del duplice omicidio che proseguì indisturbato dentro le stanze del commissariato.

I due israeliani si chiamavano Vadim Nurzhitz e Yossi Avrahami. Il poliziotto palestinese scarcerato dopo una controversa decisione della corte suprema israeliana si chiama tuttora Hatam Magari. Era quello che si mostrò alle telecamere con le mani macchiate del sangue dei due soldati. La corte suprema ha ritenuto che questo macabro gesto in realtà fosse dovuto al terrore di Hatam di venire a sua volta linciato dai propri compatrioti. Che infatti furono liberi di entrare nella stazione di polizia e uccidere i due soldati, mutilandone anche i cadaveri. Uno spettacolo bestiale, per chi se lo ricorda.

Quelle immagini trasmesse in tutto il mondo dalle tivù di Berlusconi crearono anche quell’incredibile polemica che seguì a una sorta di lettera di scuse dell’allora corrispondente Rai nella West Bank Riccardo Cristiano all’Anp. Cristiano scrisse a un giornale palestinese sottolineando il fatto che le immagini erano state trasmesse dalle reti Mediaset “su loro iniziativa”, contravvenendo alle regole di ingaggio fino a quel momento esistenti con il servizio pubblico radiotelevisivo italiano, evidentemente soggetto al placet palestinese prima di mandare in onda riprese che potessero danneggiare “la causa”. Ne seguì una buriana incredibile e Riccardo Cristiano venne spostato a fare il corrispondente in Vaticano, ma mai si indagò su chi a viale Mazzini avesse accettato simili regole dall’Anp che mortificavano e tuttora mortificano la libertà di stampa.

Adesso, a distanza di quasi diciassette anni da quel maledetto agosto del 2000, Israele ha ritenuto di dovere scarcerare un complice dei linciatori perché sarebbero venute fuori nuove prove a suo favore. Senza nemmeno avvisare le famiglie delle vittime che hanno saputo tutto a cose ormai fatte. Il figlio di Avrahami, Roi, ha detto ai media di non essere affatto contento di questa decisione e che a distanza di tutti questi anni per lui la morte del padre provoca ancora un dolore indicibile. Tuttavia ha detto pure di accettare la decisione perché la giustizia, in Israele, non in Italia, non è vendetta, ma “logica e garanzia di fatti, cose ed eventi temporali”.

Ragioniamo dunque in parallelo tra un Paese come Israele, in guerra, fredda o calda, da decenni contro tutti i propri bellicosi vicini arabi che vorrebbero semplicemente farlo scomparire dalla carta geografica del Medio Oriente, e che perpetrano o incoraggiano al suo interno una forma di terrorismo, di matrice islamica, che qui in Europa solo adesso cominciamo a conoscere, e l’Italia, che le lotte giudiziarie e poliziesche quando non le ha se le inventa, calpestando tutto e tutti in nome della presunta ragion di Stato. Nonostante per noi italiani dovrebbe essere più facile essere garantisti che per gli israeliani, accade esattamente il contrario. Vorrà dire qualcosa?

Aggiornato il 09 maggio 2017 alle ore 11:34