Dopo una transizione politica durata circa un mese, il Gambia ha eletto definitivamente il nuovo presidente: Adama Barrow.
Il passaggio di consegne non è stato semplicissimo. Il piccolo Paese africano, le dimensioni sono simili a quelle della Basilicata per una popolazione di un milione e 700mila abitanti, era governato dal 1994 anni dallo storico presidente Yahya Jammeh, arrivato al governo con un colpo di Stato militare. Il potere di Jammeh era stato confermato per più di vent’anni da voti plebiscitari fino allo scorso dicembre, quando, inaspettatamente, uno dei due candidati delle opposizioni ha vinto le elezioni tenutesi con l’insolito sistema di votazione gambiano: nessuna scheda da compilare, ma solamente delle biglie da inserire in dei contenitori rappresentanti i volti e i nomi dei candidati premier. La vittoria era quindi stata assegnata ad Adama Barrow, musulmano moderato (anche se con due mogli), imprenditore edile con alle spalle una lunga residenza nel Regno Unito e primo oppositore del presidente uscente Jammeh. Un uomo molto apprezzato dal popolo gambiano e ritenuto più vicino alle persone “comuni”.
La transizione post-voto è stata però tutt’altro che semplice. Per oltre un mese, l’ex presidente, sconfitto, ha tentato invano di ricalcolare i voti, appellandosi alla Corte interna e denunciando presunti brogli elettorali, rimandando il più possibile le dimissioni. A poco o nulla erano serviti gli interventi politici della Mauritania e della Nigeria, i cui corpi diplomatici e governativi avevano tentato di costruire una fine conciliativa del mandato. Fino al 19 gennaio, giorno previsto per l’insediamento del nuovo presidente. In quell’occasione Jammeh aveva inviato un comunicato stampa ma aveva nuovamente evitato di parlare di dimissioni. Nella stessa giornata il presidente neoeletto (ma non ancora insediato), Adama Barrow, aveva però deciso di giurare sulla Costituzione del Paese, nell’Ambasciata del Gambia di Dakar, suolo gambiano ma nei sicuri territori senegalesi, da subito sponsor e sostenitori dell’opposizione. Quel giorno il Gambia ha avuto per qualche ora due presidenti. Si erano quindi susseguiti appuntamenti e incontri diplomatici per cercare di ufficializzare l’elezione di Adama Barrow, e mettere fine alla presidenza di Jammeh. Il giorno successivo avevano fatto il loro ingresso in Gambia alcune forze militari del governo senegalese e nigeriano. Un’azione non violenta, ma con un chiaro significato politico: le economie africane più importanti avevano scelto di appoggiare il risultato delle elezioni, e sostenere il nuovo presidente Adama Barrow. Trovatosi senza più alleati politici - molti membri del suo Governo erano nel frattempo fuggiti all’estero - Jammeh ha quindi dichiarato la sconfitta e accettato l’esilio.
Inizia quindi la presidenza di un uomo nuovo, che non ha mai ricoperto incarichi governativi. Adama Barrow è infatti un imprenditore del settore immobiliare, famoso per aver svolto, mentre studiava nel Regno Unito, i lavori più umili, dal commesso all’addetto alla sicurezza. Adama Barrow rappresenta quindi il “sogno” gambiano. Un uomo che si è costruito da solo e che porta speranza ad un Paese in cui le libertà civili rappresentavano un lontano miraggio per i cittadini. Un Paese che si trova ora di fronte alla grande sfida di riformare il sistema educativo, rafforzare l’economia e l’autosufficienza energetica e promuovere i diritti umani. I segnali della popolazione - da sempre considerata come la più pacifica e sorridente della Costa Africana - sono tutti positivi. Il detto locale “Gambia No Problem” rappresenta al meglio la cultura di questo popolo, che ha scelto di cambiare e di guardare verso il futuro con la speranza che le libertà civili possano diventare la priorità e la guida del nuovo governo Barrow.
(*) Foto di Carlotta Borgiani
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:11