Singapore, sarà malese il prossimo presidente

Singapore è uno degli Stati con maggiore diversità etnica del sud-est asiatico. Tra gli oltre 5 milioni di abitanti convive una popolazione composta al 76 per cento da cittadini di etnia cinese, 15 per cento di etnia malese, 7,5 per cento di etnia indiana e una minoranza composta da cittadini di altre etnie, dall’Europa all’Asia Centrale.

Non stupisce quindi che il Parlamento, guidato da oltre vent’anni dallo stesso partito, abbia scelto di varare una legge “ad hoc” per la tutela delle minoranze, nell’elezione del presidente. Il primo ministro, Lee Hsien Loong, ha infatti promosso una legge elettorale che vincola la nomina di un presidente di un’etnia che non sia stata rappresentata negli ultimi sei mandati, quindi negli ultimi trent’anni.

“Ogni cittadino, cinese, malese, indiano o di qualsiasi altra etnia, deve essere consapevole che qualcuno della sua comunità può diventare presidente”, ha dichiarato recentemente Lee Hsien Loong. L’intento è quello di costruire una comunità multirazziale che possa valorizzare le minoranze etniche, anche formalmente. La decisione nasce da un lungo studio commissionato dal governo ad un pool di esperti formato da giudici, ufficiali governativi, ma anche imprenditori e manager del settore pubblico e privato. Si tratta della prima modifica dal 1991.

La legge verrà ufficialmente pubblicata tra due settimane e risulta quindi più semplice per gli analisti locali ed internazionali azzardare un toto-nomi per il prossimo presidente. La ragione? Da oltre trent’anni non viene eletto un presidente di etnia malese e questa sarà quindi l’etnia che dovrà, per legge, essere rappresentata. Tra i nomi maggiormente favoriti alla presidenza vi sono l’amministratore delegato della Bank of Singapore Bahren Shaari, e l’ex Ceo di una delle più’ grandi società di telecomunicazioni dell’Asia.

Vi è poi un’ulteriore curiosità. Per la stessa legge costituzionale, i requisiti per la candidabilità riguardano non solo la cittadinanza o l'età, ma anche l’esperienza manageriale e la (non) appartenenza a partiti politici. Il presidente di Singapore non deve essere iscritto ad alcun partito politico e deve aver maturato una esperienza manageriale significativa in aziende di grandi dimensioni e fatturato, o in un equivalente ambito della Pubblica amministrazione. Due requisiti che, applicati in Italia, avrebbero escluso la maggioranza dei nostri presidenti della Repubblica, e che evidenzia, ancora una volta, la contaminazione “aziendale” di questo piccolo, grande Stato.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:08