Venezuela: Maduro chiude le frontiere

Solo alcuni giorni fa, il presidente venezuelano Nicolás Maduro aveva annunciato il ritiro di alcuni tagli di banconota e di monete e l’introduzione di nuovi pezzi che vanno dai 500 ai 20mila bolivares. La notizia aveva scatenato la fuga di piccoli capitali verso la vicina Colombia, identificata da molti sia come “deposito” sia come ultima possibilità di cambio delle banconote in altre valute. Il fenomeno aveva scatenato le ire del presidente Maduro che, dopo aver sostenuto altre misure restrittive sull’uso e lo scambio del contante, ieri ha comunicato la decisione di chiudere per tre giorni i confini nazionali con la Colombia. Lo scopo dichiarato è quello di ostacolare “i gruppi criminali che acquistano merci sovvenzionate a basso costo in Venezuela, per poi rivenderle in Colombia”, ma gli osservatori internazionali sostengono che si tratti di una misura per evitare ulteriori fughe di capitali, in attesa dell’introduzione dei nuovi tagli, prevista per il 15 dicembre.

Il valore del Bolivar, la valuta venezuelana, si è dimezzato in meno di un anno a causa della crisi finanziaria che colpisce il Paese sudamericano da ormai diversi anni, conseguenza delle politiche economiche socialiste promosse prima da Hugo Chàvez e poi dal suo successore, Nicolás Maduro. Non ultima l’inflazione, che nell’ultimo mese è salita del 50 per cento, rendendo impossibile per i cittadini l’acquisto dei beni di prima necessità. Il Fondo Monetario Internazionale ha previsto un’inflazione del 1600 per cento per il 2017, un’ulteriore conferma che la crisi venezuelana sembra lontana dall’essere risolta. Il Paese rimane ancora devastato dalla scarsità di cibo, medicinali e beni di prima necessità. Elementi che, purtroppo, non fanno che incentivare i frequenti fenomeni di sciacallaggio nei pochi negozi rimasti, gli episodi di micro-criminalità e la diffusione di una povertà che oggi colpisce, secondo un recente studio pubblicato dall’Economist, il 76 per cento della popolazione. Dati che non rappresentano solo numeri, ma persone che soffrono, muoiono di fame e di stenti, in nome di un’ideologia che non sembra essere stata dimenticata.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:04