Futuro Medio Oriente e relazioni israeliane

Le problematiche geopolitiche non cessano di assumere connotati sempre più caratterizzati da una visione transnazionale, che vanno affrontate attraverso strumenti di portata globale. A partire dal Medio Oriente, dobbiamo impegnarci nel comprendere quelli che sono i fenomeni sociali e politici che possono generare cataclismi o produrre speranze. Israele resta un punto di riferimento all’interno di un contesto caratterizzato da mille problematiche. Ascoltiamo la voce Dan Haezrachy, vice ambasciatore di Israele in Italia, per tentar di non smarrire il filo dell’analisi politica contemporanea dal Mediterraneo al Medio Oriente.

L’ambasciatore Naor Gilon lascia il suo incarico. “Dopo 4 anni e mezzo, spero di poter dire di aver contribuito anch’io al rafforzamento di tali relazioni” ha affermato l’ambasciatore Gilon durante la festa dell’Indipendenza dello Stato di Israele svoltasi a maggio. Quale risultato si è raggiunto in questi anni di intenso lavoro diplomatico?

In questi ultimi anni le relazioni diplomatiche tra Israele e Italia si sono approfondite in ogni settore. Oggi, con fierezza, possiamo dire di essere tra i partner principali dell’Italia in settori fondamentali quali l’hi-tech, la cooperazione accademica, la cooperazione militare e di sicurezza e il turismo. In merito al turismo, basti sapere che il 4 per cento della popolazione israeliana visita annualmente l’Italia, considerata la meta prediletta non solo per la bellezza del territorio e la sicurezza, ma anche per l’affinità che il popolo israeliano sente verso quello italiano. In Italia, inoltre, vive una storica Comunità ebraica che ha influito enormemente sulla storia del Paese e sul suo tessuto sociale e culturale. L’Ambasciata di Israele a Roma e quella italiana a Tel Aviv lavorano attivamente per promuovere le relazioni tra i due Paesi. In questi anni, queste Ambasciate hanno potuto trarre il massimo beneficio dalla dinamicità dei loro recenti ambasciatori. Colgo l’occasione, quindi, per dare il benvenuto al nuovo ambasciatore di Israele in Italia, Ofer Sachs, che sono certo riuscirà ad approfondire i già ottimi rapporti tra Israele e Italia.

In questi anni molti sono stati i successi e i meriti di Israele in Italia e non solo: le visite in Israele di tre presidenti del Consiglio italiani (Enrico Letta, Mario Monti e Matteo Renzi), il successo del padiglione israeliano all’Expo (tra i più visitati di tutta l’esposizione universale), l’anteprima mondiale della mostra “Open a Door to Israel” tenutasi al Vittoriano di Roma, la quinta edizione italiana di “Start Tel Aviv” (contest internazionale per startupper) e i rapporti sempre più solidi con la comunità ebraica e con il mondo istituzionale, accademico ed imprenditoriale italiano. Quali auspici possiamo augurarci con la ripresa delle attività dopo la pausa estiva, soprattutto dopo l’inizio del nuovo anno ebraico?

Come suddetto e come sottolineato, lo scorso anno è stato ricco d’importanti occasioni per mostrare agli italiani la bellezza e le opportunità che Israele offre. In particolare, Israele ha investito molto nell’Expo, progettando un padiglione davvero innovativo e unico. Per il futuro prossimo, non posso che augurarmi un approfondimento delle relazioni in ogni settore, particolarmente in aree strategiche quali la sicurezza, cyber security, gli scambi culturali, lo sviluppo economico e tecnologico. Guardo positivamente a quest’obiettivo, non soltanto per gli eccellenti rapporti tra il Governo israeliano e quello italiano, ma anche per la recente nascita dell’“Associazione interparlamentare di Amicizia Italia-Israele”. Un’associazione presieduta dall’onorevole Maurizio Bernardo e che, in poche settimane, ha visto l’adesione di oltre 170 parlamentari di vari schieramenti politici. Aggiungo che, il 30 ottobre prossimo, Israele ospiterà il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Per noi sarà un grande onore e sono certo che la visita del Presidente Mattarella darà grande risalto agli ottimi rapporti tra Israele ed Italia.

L’esercito della Siria ha ammesso di aver abbattuto un aereo e un drone israeliano nel suo territorio e più precisamente nel sud del Paese mediorientale e nella provincia di Damasco, come risposta ad un attacco subìto contro una delle proprie posizioni. Israele nega che suoi velivoli siano stati abbattuti. Che cosa sta avvenendo lungo i confini del caos siriano?

L’esercito israeliano ha negato l’abbattimento di un nostro drone da parte dell’esercito siriano. Ritengo quindi che si è trattato di pura propaganda da parte del regime di Assad. Purtroppo il dramma siriano è sotto i nostri occhi: il Paese oggi è diviso tra milizie paramilitari jihadiste, sciite e sunnite e la tragedia di Aleppo ci ricorda dolorosi crimini del passato. Le prime, ovviamente, al servizio del regime iraniano e con il chiaro obiettivo di rendere il Sud della Siria una base per colpire Israele. Per questo motivo, l’aviazione israeliana è intervenuta diverse volte per colpire convogli di Hezbollah e dei Pasdaran iraniani intenti a trasferire armi pericolose, o per rispondere al lancio di colpi di mortaio contro il territorio israeliano. Da quello che ho appreso sinora, di questi lanci è praticamente sempre stato responsabile l’esercito siriano al servizio di Assad. Un chiaro segno del tentativo di costringere Israele ad entrare direttamente nel conflitto. Israele, come risaputo, non prende posizione tra le parti in causa, ma agisce quotidianamente per curare tutti i feriti che raggiungono il nostro confine: che siano civili o combattenti, Israele tratta questi feriti solamente come esseri umani, rispondendo al dovere morale di salvare vite. Ovviamente, non posso entrare più nello specifico, al fine di rispettare la sicurezza dei siriani attualmente in cura in Israele e direttamente a rischio di essere colpiti in seguito al loro rientro in Siria.

Stati Uniti e Israele hanno raggiunto un accordo sul nuovo pacchetto di aiuti in campo militare. Washington verserà quasi 34 miliardi di euro nel giro di dieci anni, riportano alcune fonti stampa. Otto miliardi in più rispetto all’attuale pacchetto militare che scade alla fine del 2018. Come possiamo concepire il futuro delle capacità militari e le politiche per la sicurezza dello stato di Israele?

Qualche mese fa, rispondendo ad una domanda relativa alla politica estera israeliana, il presidente Reuven Rivlin ha descritto le priorità diplomatiche di Israele in tre parole: Stati Uniti, Stati Uniti, Stati Uniti. Quello che il presidente intendeva dire era che, al di là delle differenze su questo o quel tema, le relazioni con Washington sono per noi strategiche e fondamentali. Non solo per ragioni geopolitiche, ma anche per i profondi legami storici e culturali. Israele oggi è uno Stato forte, una realtà importante dell’intera Comunità internazionale. Questa consapevolezza, ovviamente, è legata anche ai numerosi rischi che Israele corre: il fondamentalismo islamico, l’estrema fragilità della regione mediorientale e, soprattutto, le minacce che provengono dalla Repubblica Islamica dell’Iran, un Paese che ha come obiettivo dichiarato la distruzione di Israele. È la politica del regime iraniano che ha determinato lo scontro settario all’interno dell’Islam e la stessa nascita dello Stato islamico, figlio anche delle politiche anti sunnite portate avanti dall’ex Premier iracheno Nuri al-Maliki, un uomo al servizio dell’Iran. Nonostante i rischi, anche in questo caso vedo delle importanti opportunità: proprio le politiche di Teheran hanno portato ad importanti mutamenti in Medio Oriente, determinando un livello di cooperazione tra Israele e Paesi Arabi - ufficiale e non - mai visto in precedenza. Chissà che proprio dai drammi che stiamo vivendo non possa fiorire un nuovo Medio Oriente in cui Israele e il mondo arabo riusciranno a trovare un modo non solo per convivere - a questo ci obbliga la geografia - ma anche per cooperare alla luce del sole e prosperare insieme.

Permettetemi di usare questo spazio per fare i miei auguri per il nuovo anno ebraico, il 5.777, cominciato da appena pochi giorni. Spero che questo nuovo anno porti non solo salute e gioia, ma che ci permetta anche di trovare importanti soluzioni per risolvere conflitti che stanno causando profondo dolore, soprattutto a migliaia di innocenti civili. Shana’ Tova’!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:11