Le debolezze francesi

Sono passati pochissimi giorni dalla carneficina di Nizza, gli occhi sono ancora umidi per le lacrime versate dai parenti che hanno perso un figlio, una moglie, un padre ma dopo questa ennesima strage che segue quelle di Parigi di Charlie Hebdo e poi quelle di novembre del Bataclan e gli altri attentati terroristici, la Francia intera si domanda ora se gli organi dello Stato sono in grado di assicurare ai cittadini livelli sufficienti di sicurezza.

Di fronte a una minaccia terroristica diretta al paese senza precedenti nella storia, ci si chiede se il governo francese abbia adottato tutte le misure necessarie per contrastare i jihadisti. Davanti agli oltre 80 morti di Nizza che si vanno ad aggiungere ai tantissimi altri caduti negli attentati, i cittadini francesi pretendono a gran voce che si faccia molto di più.

A Nizza il dispositivo di sicurezza del 14 luglio era stato deciso dal Prefetto Adolphe Colrat, un veterano di grande esperienza, di concerto con il Sindaco Philippe Pradal, un fedelissimo dell’ex presidente Sarkozy. Il piano rispondeva “ad un livello molto elevato di sicurezza” come ha detto in parlamento il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve. Sulla Promenade des Anglais c’erano 64 agenti della polizia nazionale, 42 della polizia municipale e 20 soldati dell’esercito, dispiegati dagli inizi di quest’anno in tutto il territorio francese nella missione “Sentinelle”. Tutti i varchi alla zona erano controllati da autovetture della polizia, venivano effettuati controlli a campione sul pubblico e nella sala regia della prefettura, operatori specializzati monitoravano di continuo le 1.400 telecamere di videosorveglianza sparse in tutta la città.

Nessuno poteva immaginare che Mohamed Lahouaiej Bouhlel, il killer tunisino, forzasse violentemente e improvvisamente il blocco, con il suo camion assassino, salendo sul marciapiede. Se un terrorista determinato a uccidere fino a morire, lascia la sua casa armato senza essere scoperto, è ormai troppo tardi, dicono gli esperti di antiterrorismo. Una volta in azione, la polizia può solo cercare di limitare al minimo i danni. E per limitare i danni gli agenti debbono essere addestrati e ben equipaggiati. Il folle killer tunisino di Nizza ha guidato seminando morte per quasi due chilometri prima di essere colpito dai colpi sparati dalla polizia.

In Francia, dopo gli attacchi del 13 novembre, il governo ha impartito nuove regole di ingaggio per gli agenti di polizia; sono stati distribuiti i micidiali fucili d’assalto, HK G36, in uso alle forze speciali, i poliziotti hanno ricevuto nuovi giubbotti antiproiettile e scudi resistenti ai proiettili di Kalashnikov. Ma qualcuno sostiene che ai poliziotti non bastano solo armi più sofisticate ma occorre anche aumentare le ore di addestramento al poligono, come hanno chiesto i deputati della Commissione parlamentare di inchiesta sugli attacchi del 2015.

Anche i sindacati dei poliziotti francesi sono critici sull’attuale gestione della sicurezza da parte del governo: chiedono innanzi tutto che anche la magistratura supporti l’azione delle forze di polizia, in questa nuova fase della guerra al terrorismo; ci sono ancora giudici, sostengono i sindacalisti, che continuano a pretendere dai poliziotti impegnati in prima linea prudenza e discernimento nell’uso delle armi da fuoco. Ed è vero che i fucili d’assalto sono stati distribuiti alle pattuglie, ma le regole prevedono che le armi vengano conservate nel bagagliaio di veicoli e non all’interno dell’abitacolo, e quindi di pronto utilizzo, come è negli Stati Uniti o in Israele.

Il dibattito che si è acceso, dopo Nizza, in tutti i paesi compresa l’Italia, è sulla opportunità o meno di vietare grandi raduni, facile bersaglio per attentati terroristici. Vietarli, a nostro giudizio, sarebbe cedere ai terroristi; dobbiamo iniziare però a vivere in modo diverso, a pensare alla sicurezza in modo diverso, sul modello per esempio di quanto hanno imparato sulla propria pelle in Israele. Ridisegnare i parametri della nostra sicurezza nella vita quotidiana ai tempi del terrorismo jihadista significa anche non farci disturbare da posti di blocco in centro urbano, controlli di sicurezza per accedere a bar, discoteche, luoghi di svago, sempre nella consapevolezza, purtroppo, che la sicurezza assoluta è un mito.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:36