Il suo nome risuona a molti fin troppo poco musicale, con una cadenza e affiancamento di lettere il cui suono suscita spesso un irrefrenabile inarcamento delle sopracciglia con tanto di grandi e spalancati occhi increduli - il tutto completato dal comune e ormai banale commento: “Ma quel posto è sicuro?”.
Ebbene, l’Azerbaigian è molto più di un “posto”: è uno Stato, una forma di governo repubblicana bagnata dal ricco Mar Caspio e vicina terra dell’Iran sciita, della sempre più europeista Georgia, della grande Russia e del suo cugino nemico, l’Armenia, Paese col quale da anni si combatte una guerra congelata ed a tratti infuocata, per la rivendicazione del Nagorno Karabakh, rivendicazione rafforzata da varie risoluzioni della comunità internazionale, in primis l’Onu. È in questo breve richiamo che il tutto è condensato nel presentare alla Società geografica italiana (Sgi) lo scorso 1 luglio l’Azerbaigian dopo che alcuni rappresentanti della blasonata Sgi, accompagnati da Paola Casagrande, presidente dell’Associazione di Amicizia Italia-Azerbaigian, hanno potuto visitare il Paese in un tour di dieci giorni.
A Villa Celimontana, presenti tutte le massime istituzioni - da rappresentanti del Senato e della Camera, alla Regione Lazio, a Roma Capitale, nonché un delegato dell’Ufficio italiano della Commissione europea, oltre ad esponenti della società civile - si è così svolto un incontro diviso in tre momenti che, dopo i saluti di Azar Karimli, massimo esponente del Parlamento di Baku e presidente dell’Interparlamentare di amicizia Azerbaigian-Italia, ha potuto dare un quadro esaustivo del Paese caucasico e delle tante opportunità non solo economiche ma anche turistiche che può offrire. Baku è la capitale di quello che oggi è un Paese ed una realtà a noi sempre più vicina e necessaria, nonostante i racconti e la storia non diano giustizia ad esistenze statali ex sovietiche ora in forte accelerazione per consenso internazionale. La ricchezza della città, la grande città con quasi 2 milioni di abitanti, è violenta nel suo imponente modo di manifestarsi, nel suo prendere forma con strutture, edifici, parchi geometricamente curati, grattacieli così specchiati da vederci dentro cieli riflessi con nuvole annesse. Un lungomare che sembra proteggere e accogliere le varie piattaforme di estrazione di petrolio, la cantieristica incessante per l’avvio del Tanap e del Tap (di cui si parla in questo articolo), gasdotto che approderà direttamente sulle coste salentine per soddisfare gli affamati di gas e allontanare il vizio di dipendenza chiamato Russia. Tuttavia Baku non è soltanto modernità portata all’estremo, vie lussuose per chi ama passeggiare, cordialità per lo straniero di turno. Baku è volutamente in gara per sentirsi nominare principale referente dello scambio di saluti e affinità, mani che si salutano e discorsi preimpostati sul tema della globalità e diversità al tempo stesso, da tutelare e da rispettare.
In uno di questi futuristici edifici, il centro culturale Heydar Aliyev Center, si è svolto nelle giornate del 18 e 19 maggio il terzo “World Forum of intercultural dialogue”. Un evento di richiamo internazionale promosso dall’Unesco, dall’Alleanza delle Civiltà delle Nazioni Unite, dall’Organizzazione mondiale del Turismo, dal Consiglio d’Europa, dall’Isesco e dal Centro Nord-Sud del Consiglio d’Europa. Il tema di questa terza edizione è stata la cooperazione e la sostenibilità per l’agenda post 2015. Tanti Paesi rappresentati da alte cariche ministeriali e diplomatiche, incroci di culture, religioni e modi di pensare. E qui Karimli ha voluto ricordare le parole del presidente Ilham Aliyev all’apertura del Forum: “L’Azerbaigian, Paese di convivenza culturale, religiosa, un orgoglio reale dove chiese, moschee, sinagoghe condividono lo stesso territorio. Azerbaigian simbolo di multireligiosità”. Questa gioviale condivisione si respira davvero tra le strade di Baku, come di Gakh (situata a nord) o di Quba dove esiste una antica comunità ebraica e ciò nonostante la sua posizione geografica collochi il Paese in un’area ora di grande frammentazione e rivalità che sfocia sempre più spesso in odio religioso.
Qui comunque è forte la connessione con l’Europa; un’identità, quella azera, che non nasconde influenze europee. E tutte le più importanti città azere si presentano al turista o al ricercatore con stradine alberate pulite e ben aslfaltate; nel pieno del camminare osserverete quella stessa Europa e, per diretta derivazione, quell’immancabile Occidente, prendere vita nelle boutique della capitale dai marchi di alta moda – Bulgari che sovrasta un angolo di strada affiancato dalle vetrine di Dolce & Gabbana, e poi ancora Versace, Burberry fino allo stordimento che porta a credere di passeggiare in via Monte Napoleone. Ma questo è anche il magico e irruento effetto del petrolio e del gas naturale, di cui l’Azerbaigian dopo la guerra civile in Libia è diventato il primo esportatore per l’Italia, del prezzo che ne consegue e del suo perenne potere attrattivo per chi in casa sua non ne ha mai sentito l’odore ed è costretto a giocare di ruolo nella caccia al tesoro nero.
Aggiornato il 08 giugno 2017 alle ore 11:58