Obama corteggia gli immigrati

Tempo di campagna elettorale per il presidente Obama, che, forse segnato dalla sconfitta nelle elezioni di Mid–Term del 2010, o spaventato dai sondaggi che danno la popolarità al 47%, ha deciso di tentarle tutte pur di recuperare l’entusiasmo iniziale della campagna “Yes We Can”. 

Questa volta, il Premio Nobel per la “Pace” (altrimenti detta “Guerra”) ha deciso di rispolverare temi di diritti civili, dimenticati per 4 anni, particolarmente cari ai suoi elettori.

Ritiro delle truppe da Iraq e Afghanistan? Si può fare, anche se con calma. Matrimonio gay? Giammai, anzi ora sì. Ma l’ultima clamorosa mossa politica, a sei mesi dalle elezioni, si chiama “Dream Act”. È un ordine esecutivo che permette a numerosi immigrati illegali, di regolarizzare la loro posizione all’interno del territorio statunitense. I requisiti per partecipare a questa “amnistia” sono semplici: aver risieduto negli Usa per 5 anni, aver frequentato il liceo, essere entrati negli Usa prima dei 16 anni e non oltre i 25, non aver ricevuto condanne penali. Venendo ai numeri, l’approvazione di questo provvedimento permetterà a oltre 800mila immigrati di ottenere la ricercatissima cittadinanza made in Usa.

L’iniziativa ha incontrato il favore della sponda repubblicana (specialmente quella libertaria), che da anni vanta una tradizione pro–immigrazione basata sulla convinzione che a un libero mercato di merci e servizi, debba necessariamente corrispondere un libero flusso di forza lavoro. «Un paese nato dall’immigrazione non può impedire l’immigrazione»: è questo il mantra ripetuto da intellettuali come David Boaz, esponente del think tank libertario Cato Institute. Le critiche non si sono però fatte attendere: durante l’amministrazione di Obama (4 anni) sono state deportate più persone che in tutti e due i mandati di George W. Bush. E allora viene da chiedersi: come mai questo cambio di marcia? Semplice: l’elettore medio di Obama, secondo diversi sondaggi, ha tra i 18 e i 30 anni, frequenta il college e spesso proviene da etnie “non caucasiche” (spesso latine o afroamericane). E nel paese a più alta astensione politica al mondo (oltre 50%), diventa inevitabile inseguire fino all’ultimo elettore, cosi quel che costi, anche l’onestà intellettuale di chi fino a 6 mesi prima, ordinava di deportare (o arrestare) fino a 50mila immigrati al giorno. 

Ma le elezioni son elezioni, e con Romney alle calcagna questa potrebbe essere la prima di una lunga serie di retromarce “elettorali”...

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:58