Un Egitto con l'ombra della guerra civile

Da oggi gli egiziani sono di nuovo chiamati alle urne, per votare il nuovo presidente. Ma si può solo immaginare con quale spirito voteranno. Dopo le sentenze della Corte Suprema di giovedì, gli elettori sanno che i loro voti per l'Assemblea Popolare sono stati totalmente inutili, perché l'organo costituente e legislativo è stato sciolto per volontà di giudici non eletti. A perderci sono stati soprattutto i Salafiti e i Fratelli Musulmani, che avevano conquistato la maggioranza dei seggi. Ma anche i rivoluzionari laici e democratici, come quelli del Movimento 6 Aprile, sono delusi e temono il ritorno del regime di Mubarak. Piuttosto che votare per il candidato laico, nonché ex premier del vecchio sistema, Ahmed Shafiq, ora preferirebbero annullare la scheda o votare per Mohammed Morsi, leader di Libertà e Giustizia (emanazione dei Fratelli Musulmani). E ormai non è da escludere neppure lo scoppio di una guerra civile. Lo prevede Ayman El Sayyad, esperto giuridico e capo redattore delle rivista Whagat Nazar: « La violenza sarà inevitabile - dichiara ai microfoni dell'Ansa - Gli eredi del vecchio partito di potere vorranno vendicarsi, i servizi di sicurezza vorranno vendicarsi, i giovani rivoluzionari altrettanto. È una lotta per l'esistenza».

Mohamed Morsi ha avvertito che se al voto ci saranno «irregolarità» ciò scatenerà una «grande rivoluzione». Morsi ha aggiunto che le sentenze della Corte suprema che hanno annullato la legge che avrebbe impedito al suo rivale Ahmad Shafiq di candidarsi e quella che ha sciolto il Parlamento controllato dalla Fratellanza, indica che «c'è chi si sta battendo per un piano maligno contro il popolo».

Nessuno entra nello specifico. Cosa comporterebbe il ritorno del vecchio regime? E cosa, invece, una nuova vittoria degli islamisti? Questo secondo scenario è esaminato con lucidità pessimista solo da alcuni militari israeliani, fra cui il generale della ricerva Amos Ghilad, un consigliere politico del ministro della difesa Ehud Barak: «Morsi, che forse sarà presidente dell'Egitto già questa settimana, dice: "Voglio un Califfato islamico con capitale a Gerusalemme". Da noi c'è chi già commenta: "Non credetegli, lui stesso non ci crede". Ma io ritengo che lui invece ci creda davvero». La sentenza della Corte Suprema è un tentativo di bloccare, con metodi tutt'altro che democratici, questo progetto totalitario. Ma forse è troppo tardi: un ritorno al potere delle élite del vecchio regime farebbe scoppiare una rivoluzione, ormai, come minaccia Mohammed Morsi.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 17:32