La riforma sanitaria di Barack Obama, l'ObamaCare, non comporta solo una maggior spesa pubblica e una possibile (e più che probabile) impennata della pressione fiscale. La riforma va a colpire direttamente l'etica e il credo degli americani. È su quest'ultimo punto che la lite fra amministrazione e opposizione repubblicana sta arrivando al calor bianco.
Occorre fare una piccola premessa. In Italia, dopo il referendum
sull'aborto, le interruzioni di gravidanza avvengono in strutture
pubbliche, pagate da tutti, anche dai cattolici. Il dibattito, da
noi, riguarda semmai l'introduzione di nuove pratiche abortive
(come la pillola Ru486), sempre in strutture pubbliche. Oppure
sull'obiezione di coscienza: i medici che, essendo cattolici,
rifiutano di praticare aborti. Nel nostro Paese c'è un doppio
problema: i cattolici sono costretti a pagare per ciò che ritengono
un peccato, mentre una donna che vuole abortire, anche se non è
cattolica, lo può fare solo dove non vi sia un medico
obiettore.
In Italia, insomma, vige il principio della democrazia: è la
maggioranza che decide. La minoranza deve arrangiarsi. Negli Stati
Uniti la sanità non ha mai avuto questi problemi, perché è privata.
Può avere mille difetti: l'aumento dei prezzi e il rischio di chi
non è assicurato, anche temporaneamente. Ma, per lo meno, oltre
Oceano, non si era mai posto un problema etico: i cristiani
praticanti sono liberi di scegliere per sé, per i propri familiari
o per i propri dipendenti, di acquistare la copertura sanitaria che
escluda le operazioni di interruzione di gravidanza,
sterilizzazione, i farmaci contraccettivi. E i laici, allo stesso
tempo, sono sempre stati liberi di comprarsi un'assicurazione che
copra tutte queste scelte. Vige il principio della libertà
individuale.
Con l'ObamaCare il servizio pubblico entrerà nelle decisioni del privato. E l'America diventerà un po' più simile all'Italia. Non si parla di nazionalizzare il servizio sanitario. Ma di imporre l'obbligo di acquistare un'assicurazione sanitaria. Quale copertura minima dovrebbe dare? Un capitolo della riforma prescrive che debba includere anche l'aborto e tutte le pratiche connesse. Anche le organizzazioni cattoliche che hanno sostenuto Obama sono insorte nel momento in cui la proposta è diventata pubblica, nell'agosto del 2011 e poi, soprattutto, quando è stata confermata nel febbraio scorso. I repubblicani ne hanno fatto uno dei loro cavalli di battaglia elettorale. Benché Obama abbia esentato le chiese e le istituzioni religiose dall'obbligo di assicurarsi con polizze che includono pratiche contrarie ai loro principi, il problema rimane per tutti i datori di lavoro cristiani praticanti, che dovrebbero assicurare i loro dipendenti. Insomma, ogni intervento statale genera un problema di scelta individuale. E anche qualsiasi compromesso su una scelta collettiva, finché resta obbligatoria, calpesta i diritti di una minoranza.
Il dibattito riguarda la libertà individuale e niente altro. Non c'entra la Chiesa, né la sua vera o presunta influenza sulle istituzioni dello Stato. A sottolinearlo, in questi giorni, è Ryan Messmore, ricercatore del think tank conservatore Heritage Foundation. Giovedì ha pubblicato un paper che smonta, uno per uno, tutti i principali miti sulla sanità che impediscono di affrontare seriamente la questione. Prima di tutto: la riforma e i suoi oppositori non stanno discutendo sul rapporto fra Stato e Chiesa. «La frase "separazione fra Stato e Chiesa" non appare nemmeno nella Costituzione - rileva Messmore - ma se proprio volessimo darle un senso, significa: lo Stato non deve interferire con le istituzioni religiose, costringendole a violare la loro coscienza. I datori di lavoro, privati, che vogliano fornire ai loro impiegati la copertura per la contraccezione, sono liberi di farlo. Ma i datori di lavoro religiosi che obiettano contro la riforma, stanno esercitando lo stesso diritto di libertà».
Secondo mito da smontare: il dibattito non riguarda solo il finanziamento pubblico. Perché la riforma non si applica solo alle organizzazioni che ne beneficiano, ma si estende ai privati e copre tutti i piani assicurativi, «sia quelli che ricevono fondi pubblici, sia quelli che non li ricevono».
Quarto: il dibattito non riguarda solo gruppi o istituzioni religiose, ma direttamente i diritti individuali, perché la riforma della sanità di Obama influisce sulle scelte dei singoli. «Molte organizzazioni religiose stanno chiedendo protezione dall'ObamaCare, appellandosi a una legge federale chiamata Religious Freedom Restoration Act ("legge sul ripristino della libertà religiosa", ndr) - constata Messmore - In quanto individui razionali, le persone vivono e soddisfano le loro necessità entro istituzioni. Attraverso istituzioni, i cittadini formulano ed esprimono le loro identità. Ha dunque senso che sia gli individui che i gruppi possano godere del diritto di libertà religiosa».
Infine, ma non da ultimo, il dibattito non si focalizza su chiese e datori di lavoro che interferiscono nelle scelte personali dei loro dipendenti. Perché chi non condivide i valori e la missione del proprio datore di lavoro (specie se questo è una chiesa o un'istituzione religiosa) può anche cercarsi un altro impiego. Una coscienza "laica" imposta dallo Stato, al contrario, non dà libertà di alternativa. «Il succo del discorso è la libertà. La libertà di culto, la libertà di individui e gruppi da uno Stato che vuole imporre loro di violare la loro stessa coscienza». Negli Stati Uniti, dunque, è in discussione uno dei principi cardinali della Costituzione. E per questo sarà ancora una battaglia lunga e senza esclusione di colpi.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:56