L’Eurofregatura

Sassolini di Lehner

Brontolo, appena arrivato a Bruxelles, è stato ribattezzato Volenteroso. Rimane nano totale, ma il nuovo nome gli fornisce il piglio del guerriero e la manìa bombarola, che rimanda agli interventisti del 1914-15. Costoro dalle colonne soprattutto di Lacerba propugnarono la guerra per la guerra, sull’esempio decadente dell’arte per l’arte. Giunsero addirittura a fornire giustificazioni da provetti ortolani, attenti alle salutari diete vegetariane. Teorizzarono, ad esempio, che il sangue versato sui campi di battaglia, rigenerasse e concimasse la terra, il cui humus impregnato di globuli rossi avrebbe garantito cavoli e broccoli di qualità superiore. E in quantità mai viste. Purtroppo, con gli armamenti odierni il risultato sarebbe un terriccio più velenoso dell’amanita falloide e, comunque, fortemente tossico. Vladimir Putin alla vista di Brontolo con la scritta “Volenteroso” si darà alla fuga precipitosa. Dato per volenterosamente supposto che Carlo Magno fu una mezza calzetta, se confrontato con il marziale e tronfio Emmanuel Macron, viene in mente la rotta di Roncisvalle, 15 agosto 778 dopo Cristo, dove cadde il prode Orlando. Ebbene, la débâcle della Federazione russa aggredita dal nano volenteroso, si presume possa essere molto più rovinosa. Davanti alla force de frappe o, peggio, alla macroniana force de frappé, si cede e basta.

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Romano Prodi avrebbe dovuto essere cacciato dall’Italia, dopo la balla della seduta spiritica dove i morti, probabilmente seppelliti alla Lubjanka, sede del Kgb, indicarono “Gradoli”. Dopo essere stato l’unico al mondo a plaudire al golpe neobolscevico dell’agosto 1991; dopo il tentativo di svendita dell’agroalimentare (la Sme) a Carlo Debenedetti. Avrebbe meritato il linciaggio verbale, quando deprezzò la lira nel passaggio all’euro, transizione che non fu demandata alla sovranità popolare – da noi non ci fu il referendum – peraltro gabbata e derubata da un cambio sfavorevole. Prodi non richiese, inoltre, ai cittadini italiani se consideravano gemelli omozigoti i tedeschi, eppure, giustificò le quasi duemila lire (1.936,27) per un euro come dovuto sacrificio per finanziare la riunificazione delle Germanie. Se ci avesse consultati, probabilmente avremmo risposto come il savio Giulio Andreotti: “Amo talmente tanto la Germania, che ne preferivo due”. Se ci avesse interpellati, gli avremmo riferito che un chilo di zucchine, costo mille lire una settimana prima, era subito schizzato a un euro. Come a dire che donammo per ogni euro 936,27 lire alla Germania. Invece, il sodale del Kgb ed estimatore sviscerato di Valentin Pavlov fu sempre graziato, anzi venne promosso a capo dell’ennesima gioiosa macchina da guerra postcomunista e cattocomunista. Lo chiamarono “Ulivo”, ma trattandosi di un’accozzaglia, sarebbe stato semanticamente più corretto definirlo “olio di scemi vari”, pardon “di semi vari”. Oggi, per una gaffe da vegliardo forse sulla via del rimbambimento viene messo in croce. Una tirata di capelli a una giornalista, certo, non è segno di educazione e di civiltà, tuttavia, dato il probabile rincoglionimento senile, meglio chiuderla subito e non insolentire più il fratello maggiore, purtroppo neuronicamente meno dotato dell’indimenticabile studioso di fisica. Onore a Franco Prodi, dunque, solo oblio per Romano.

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Ai forzisti ed agli ex forzisti, agli Antonio Tajani e ai Guido Crosetto, a tutti i miracolati e trampolinati da Silvio Berlusconi, sarebbe cosa buona ricordare, volenterosi o no, che la pace sicura e giusta non è quella raccontata dal pugnace Volodymyr Zelens’kyj. Il leader ucraino vorrebbe indietro la Crimea, pretesa non solo esagerata, ma anche anacronistica e sbagliata, ammesso e non concesso che la pace la voglia davvero, visto che la guerra produce sì tanta morte, ma anche parecchi miliardi. Proprio Silvio Berlusconi certificò, essendone stato partecipe e testimone oculare, che la Crimea tornò legittimamente a far parte della Russia. In Forza Italia e dintorni, pensarla come Zelens’kyj, quindi in netto contrasto col padre fondatore, avrebbe il sapore del più efferato parricidio perpetrato da figliocci ingrati.               

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Con un pizzico di vanità, affermavo d’essere stato assistente alla Sapienza, poi lessi il post della docente Donatella Di Cesare in morte della brigatista Barbara Balzerani: “La tua rivoluzione è stata anche la mia”. Il malessere fu tale che cancellai dal curriculum ogni riferimento alla Sapienza. Mi vantavo d’essere stato professore di italiano e latino e di latino e greco, ma davanti ai licei centri di spaccio difesi da docenti e genitori, nonché habitat di safari sulla pelle degli insegnanti, evito di citare l’obbrobrioso precedente. Stimai di fregiarmi a vita del titolo di onorevole, ma Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, maestri di cinquestellismo, dell’antipolitica e dell’antiparlamentarismo, che manco Gabriele D’Annunzio o Benito Mussolini, di deputato e senatore fecero sinonimi di banditi, ladri e mascalzoni. Mi rimaneva il titolo di giornalista, anch’esso reso impresentabile da troppi iscritti all’Ordine. Stavo per proclamarmi storico, ma avendo sfogliato con stupore Mussolini il capobanda di Aldo Cazzullo, mi sono vergognato e ho cassato anche quella indegna attività, decaduta a dilettantismo. Potrei dire d’essere italiano, ma suonerebbe “sovranista”. Europeo? ma sono rigorosamente nolenteroso. Ebreo? Sarebbe mettere a rischio la vita, mia e dei miei familiari, ammetterlo pubblicamente. Sono, perciò, ridotto a dichiarare: Io? Esistenza sprecata, uomo senza qualità, ectoplasma, anzi, per essere accettato almeno dagli abortisti, neppure venuto al mondo.

Aggiornato il 28 marzo 2025 alle ore 11:22