Per l’Europa di Ventotene occorre il popolo bue

Sassolini di Lehner

Il Manifesto di Ventotene letto oggi dà oggettivamente una pessima impressione, giacché esorta alla edificazione di una pòlis continentale anacronistica e soprattutto illiberale, statalista e antidemocratica; non comunista, invero, ma di origine platonico-massonica, fondata, appunto, sul diritto della setta dei “pochi che sanno” ad incarnare il “Principe” perfetto. Gli attuali sedicenti eurosapienti, in realtà, ignorano che il padre di tutti i regimi autoritari e totalitari fu, appunto, Platone, teorico non solo della superiorità morale, spirituale e culturale della pederastia a danno dei fanciulli, a scopo, a suo dire, pedagogico, ma anche del Governo degli elevati, che nessuno, però, si sarebbe dovuto permettere di scegliere, essendosi eletti da soli. Il pensiero politico del filosofo dalle spalle larghe fu ben poca cosa, riducendosi al teorema, secondo il quale gli educati al sapere debbono dirigere e comandare non sui cittadini, bensì sui sudditi, che hanno il dovere di obbedire ai “migliori” e tacere. Da un lato, i sapienti; dall’altro, il popolo bue.

Aver distribuito il manifesto giorni fa, come se debba considerarsi tuttora attuale, è provocazione demenziale, commessa da ignoranti o da persone in perfetta malafede, che, di fatto, hanno maltrattato e offeso gli stessi Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, sottraendoli al contesto storico, da cui scaturì il loro pensiero. Il disprezzo nei confronti dei popoli, dati per immaturi, e dello “stupido sentimento patriottico”, allora, nel 1941, si poteva ben giustificare, alla luce delle terrificanti folle oceaniche comuniste, naziste, fasciste, prone e plaudenti davanti ai rispettivi dittatori; così come è comprensibile che il progetto di Europa unita e libera dovesse necessariamente essere immaginata come frutto del pensatoio degli ottimati, i rari illuminati, geneticamente alieni dal portare il cervello all’ammasso, come fu regola pressoché collettiva in quella malsana temperie. Quella era la stagione dove le masse manipolate, idiotizzate, ipnotizzate e deliranti presero il posto dei popoli, funesto esito della Prima guerra mondiale. Nel 1941, Iosif Stalin e Adolf Hitler sono ancora alleati – l’operazione Barbarossa scatterà solo nel giugno – due anni prima, s’erano spartiti e pappata la Polonia – pappare è verbo appropriato, dato che tedeschi e russi non solo occuparono e terrorizzarono, ma rubarono pure il cibo di bocca ai polacchi.

Intanto, da Parigi a Vienna, da Liegi a Praga garriscono al vento le svastiche. La Francia, il 22 giugno 1940, si arrende ai nazisti, avendo resistito poche ore, sputtanando tutte le mitologie sul presunto ardimento gallico e la grande armée. Già Vittorio Alfieri nel suo Misogallo mise ben a fuoco le miserie dei vanagloriosi cugini. L’inizio dell’estate 1940 rivela che Asterix è un fifone, Obelix è un mix di ciccia e viltà, mentre Panoramix spaccia Lsd e canne in quel di Petibonum. Rilevante, però, l’astuzia transalpina: Charles de Gaulle a Londra e Philippe Pétain a Vichy significò che, comunque finisse, un leader francese si sarebbe seduto con pari dignità e autorevolezza al tavolo della pace e delle spartizioni. Da ricordare nel Dopoguerra le pretese di De Gaulle sui confini alpini e sull’Italia francofona. Nel 1941, gli Stati Uniti non sono ancora entrati in guerra e non è stata bloccata l’onda lunga degli amorosi sensi americani nei confronti del nazismo (nel 1938, l’importante rotocalco Time elegge Hitler “uomo dell’anno”; la Ford motor company, dal 1938 al 1941 fabbrica aerei da guerra e blindati per la Wehrmacht). I pochi antifascisti spediti al confino assistono perplessi alla schiacciante superiorità, riconosciuta ed apprezzata, di coloro che vincevano dovunque e sempre. Poteva mai la liberaldemocrazia battere la potenza di fuoco dei totalitarismi? Tale l’interrogativo di Spinelli, Colorni e Rossi.

Nel 1940, il leggendario trasvolatore Charles Lindbergh fonda l’America First Committee, che vanterà 800mila iscritti, tra cui anche i futuri presidenti John Fitzgerald Kennedy e Gerald Ford, per contrastare l’interventismo di Franklin Delano Roosevelt. L’impegno della commissione era finalizzato a che gli Stati Uniti restassero neutrali nella seconda guerra mondiale, causata, secondo Lindbergh, non dall’ “innocente” Hitler, ma dalla congiura ebraica. Anche il moscovita Palmiro Togliatti, del resto, sino al 1941, ritenne lo psicotico Adolf vittima dei capitalisti e degli imperialisti francobritannici, non dell’adorato satanico Volksgeist. A contrastare la variamente elogiata avanzata nazional-socialista – le deviazioni dal socialismo democratico furono alla base di tutti i totalitarismi e dei regimi autoritari di massa – sussisteva nel 1941, come unica tosta muraglia, il bevitore di 42mila bottiglie di champagne, il caparbio Winston Churchill. Insomma, il contesto poteva autorizzare un’idea d’Europa che, oggi, ripugnerebbe a qualsiasi liberaldemocratico, benché l’attuale Ue, con i commissari Ue che decidono, ordinano, impongono, vietano e sanzionano, ma che nessuno elettore europeo ha votato, ricalchi le parti peggiori del manifesto di Ventotene, con l’aggiunta negativa, peraltro, che non si tratta affatto di elevati, ma spesso di complessati, di falliti e di presuntosi incapaci. Resta, infine, una verità inconfutabile: chiunque, oggi, spacci come attuale ed esemplare quel progetto d’Europa, che sia un leader politico, un presidente, un sindaco, un senatore, un deputato, un europarlamentare al soldo del Qatar o della Cina, un cantante o un guitto bestemmiatore e comunista, va annoverato tra le persone aduse a spargere fumo, forsennatamente sospinte dalla più esecrabile simulazione o da un’imperdonabile sconoscenza del testo e della Historia.

Aggiornato il 21 marzo 2025 alle ore 10:21