![Da Draghispia al tram numero 8](/media/8310104/lehner.jpg?crop=0.15058109277433793,0.054528664225028049,0.16160474345896869,0.60838043028931321&cropmode=percentage&width=370&height=272&rnd=133836555390000000)
Sassolini di Lehner
Dato che ormai a Roberto D’Agostino non rimane che attaccarsi al tram, il direttore de L’Opinione delle libertà, Andrea Mancia, che cerca sempre di aiutare i colleghi con problemi di equilibrio lessicale, ha dato incarico al redattore capo Stefano Cece di individuare la linea tranviaria idonea, per far attaccare l’astioso studioso matto e disperatissimo di nome non Giacomo Leopardi, ma Roberto D’Agostino. Stefano Cece, ispirato dalle pendolari aggiornate ed erudite, Valentina e Claudia Diaconale, ha scartato i tram periferici, indicando la linea 8, che interessa parte della Ztl capitolina, come la più consona agli attaccamenti, talora pure al piffero, da parte della borghesia déraciné, quella parolacciara e un po’ razzista versus Giorgia Meloni, la demonizzata popolana e, purtroppo per loro, “popolare” della Garbatella, che non frequenta i “salotti buoni” della Roma bene. Il tram che si chiama desiderio di putsch sarà l’ultima speranza?
Roberto aveva provato a destabilizzare il governo di centro-destra col dìvide et impera, mettendo contro Giorgia Matteo Salvini, poi Antonio Tajani, quindi Marina e Piersilvio Berlusconi, arrancando ed aggrappandosi financo alla corrente interna a Fratelli d’Italia capeggiata dal presunto incursore-guastatore Fabio Rampelli. Esaurita senza esiti desiderati la tiritera sulle auspicate faide interne, ecco la risorsa di Maria Rosaria Boccia, l’immacolata concezione laica che potrebbe essere stata ingravidata dal ministro della Cultura, nonostante neghi d’aver avuto rapporti intimi con Gennaro Sangiuliano. Tuttavia, Boccia si rivelò solo graffiante Gennaro, per nulla perigliosa per l’Esecutivo. Se la prese, perciò, con la sorella Arianna e addirittura con la mamma, l’esemplare Anna Paratore, che da sola, col lavoro e l’ingegnosità, fece crescere e bene due figlie. Neanche le bordate alla famiglia riuscirono a creare le agognate scene da parenti serpenti.
Roberto, stressato sino all’esaurimento, si affidò alla “mummia sicula”, a Peppiniello appulo, al deep State, lo Stato profondo ritenuto allergico a Giorgia. Infine, cercò aiuto in Europa, appiccicandosi addirittura ai morti viventi Olaf Scholz ed Emmanuel Macron sino all’utile idiota degli eurozombies Donald Tusk e al socialperdente e ridicolo famil-nepotista amorale Pedro Sánchez, intento a inventare dicasteri per il fratello. Denudatosi del tutto da uomo di mondo laico-liberale, s’incollò al pontefice castrista, ormai troppo raffreddato, però, per tentare da santa Marta un colpo di Stato e rovesciare l’eretica Giorgia. Nel frattempo, sposò la causa Pro-pal e l’antisionismo, sovrapponendo l’odiato Benjamin Netanyahu alla delenda Cartagine chiamata Giorgia.
Tramontata la stella spenta di Kamala Harris, rimanevano da demonizzare, in funzione veleno made in Usa alla Meloni, il “fascista” Donald Trump e il “nazista” Elon Musk, però, troppo potenti e lontani dal centro storico romano per essere davvero scardinanti Palazzo Chigi, per contagio tecnodestrorso. Su Trump, inoltre, succhiando la ruota del gradoliano Romano Prodi, già sodale del golpista neobolscevico Valentin Pavlov, oggi amico sviscerato dei capitalmaoisti, Roberto s’è spinto a brutalizzarlo, elevando Xi Jinping al ruolo di Lorenzo Garrone, “anima nobile”, che difende il mondo dal cattivo e bullo Franti a stelle e strisce: “Xi Jinping, impassibile, tranquillo come un pisello nel suo baccello… annunciati i dazi Usa… la ritorsione di Pechino… è stata immediata”.
Così, l’ossessione giorgiafobica riflessa su Trump, sospinge Draghispia alla stupidaggine di considerare il dittatore cinese, imperialista, colonialista, sfruttatore, stragista, il più affidabile avvocato dei palestinesi. Niente da fare: Giorgia Meloni, nonostante gli sforzi da ernia incarcerata e pure strozzata di Roberto, seguitò maledettamente a crescere nei sondaggi. In piena crisi di nervi attribuì il successo meloniano al genio della lampada televisiva, Bruno Vespa, individuato come vero e perfido autore del miracolo sondaggistico. Vespa è un professionista preparato e serio, ma non risulta possedere le stigmate del portentoso Padre Pio.
Annaspando, annaspando, annaspando, assetato, rorido di sudore, le pupille allucinate gli hanno fatto credere reale un miraggio: Ursula von der Leyen, vestita da Wonder woman, che bullizza Giorgia, la strattona, l’afferra per la collottola e l'avverte: “Sono cazzi tuoi”. Tale il linguaggio quando l’angoscia travolge e riconduce allo stato ferino ed alla maleducazione militante. No, purtroppo, Ursula non è nemmeno la sosia di Batgirl. Le sviste da torride dune desertiche gli incerottarono occhi e neuroni, sino a puntare su Matteo Renzi, molliccio e stantio bollito avanzo di Partito democratico, in veste di kriptonite debilitante il centrodestra. Allora, ecco lo sfogo da bollore tremens contro le opposizioni, che non incidono e, anzi, si suicidano. Scaglia l’accusa di tafazzismo a Elly Schlein (in disavanzo com’è di leadership, di carisma e dialettica comunicativa) e a Dario Franceschini, ispirandosi a Goffredo Bettini tutto falce e martello. Non rimane nulla? No.
Una speranza sussiste, basta superare anche l’idea della tripartizione dei poteri, affidando, per ora, alla magistratura il ruolo del Parlamento e domani l’intero Esecutivo. La strategia del buco nero che risucchi e azzeri la Costituzione traspare dalle seguenti intossicate note robertiane: “Il vero sfidante del governo non è l’opposizione ma la magistratura. Se prima, ad opporsi alla riforma dell’ordinamento giuridico voluta da Palazzo Chigi, era una minoranza, anche se qualificata, oggi è la maggioranza”. Tuttavia, in attesa del golpe giudiziario, visto che l’unica postazione attualmente disponibile per Mario Draghi si trova nella Tribuna Monte Mario dello Stadio olimpico di Roma, non a Palazzo Chigi e tantomeno al Quirinale, la linea tranviaria 8 (Casaletto-Gianicolo-Trastevere-Piazza Venezia) resta ultima spes per Roberto D’Agostino.
Sempre che un controllore con le temute sembianze di Giorgia Meloni non gli chieda il biglietto Bit.
Aggiornato il 10 febbraio 2025 alle ore 10:05