La Giornata della Memoria ormai è usata in chiave antisemita

I casi di Liliana Segre, insultata sui social dei cinema dove si proiettava Liliana, il docufilm sulla sua vicenda di sopravvissuta alla Shoah, e quello di Moni Ovadia, salito in cattedra a Massa Carrara durante una di queste commemorazioni preparatorie al 27 gennaio per legittimare l’azione di Hamas del 7 ottobre 2023, riaprono il dibattito sull’utilità imposta per legge o consuetudine di una Giornata della Memoria dell’Olocausto. In pratica, dietro la foglia di fico di una giornata dedicata al tragico ricordo di uno sterminio di sei milioni di persone, tutti oggi si sentono legittimati a fare paragoni incredibili e in malafede con l’attuale situazione mediorientale. E la trama è sempre la stessa: i perseguitati di ieri sarebbero i persecutori di oggi. Mentre le attuali vittime del su menzionato preteso genocidio sarebbero i “poveri palestinesi”. “Poveri” per antonomasia. Anche se decidono di farsi rappresentare dai terroristi islamici di Hamas e della Jihad islamica. Che sono da decenni semplicemente i mercenari dell’Iran nella guerra asimmetrica allo stato ebraico. E anche se accettano per quasi due anni di custodire a casa propria gli ostaggi rapiti in Israele quel maledetto 7 ottobre 2023.

Anche se vestono i bambini da guerriglieri fin dalla tenera infanzia. Anche se usano le case come depositi di armi. E le terrazze condominiali degli edifici di Gaza, ormai libera da ogni presenza israeliana da quasi vent’anni, non per riunioni conviviali tra vicini ma per piazzare batterie di missili da sparare su Israele. Ecco, ormai da tempo, ma mai come in questi ultimi due anni, la Giornata della Memoria viene usata per piangere lacrime di coccodrillo ormai sedimentate come le stalattiti sugli ebrei morti e per prendersela con quelli che si ostinano a rimanere vivi. Inoltre, da quando questa pur doverosa celebrazione è stata istituita il tasso medio di antisemitismo nel mondo, e in Europa in particolare, grazie anche alla presenza di milioni di immigrati di fede musulmana non certo definibili come “moderati”, si è moltiplicato per dieci. Se non per cento o per mille. Quindi l’istituzione del 27 gennaio in sé è fallita e addirittura si è rivelata contro producente. Preso atto di tutto ciò non appare nemmeno provocatorio ripensare questo pedagogismo para-buonista rivelatosi inutile sia verso i giovani sia verso chi coltiva da destra, ma soprattutto da sinistra, l’odio antiebraico. Uno porta la scolaresca ad Auschwitz e i bulli di classe si fanno i selfie davanti al cancello del campo di concentramento inneggiando a Adolf Hitler.

L’antisemitismo diventa come gli aereoplanini di carta che si lanciano in classe tra un’ora di lezione e l’altra mentre si attende il professore della materia successiva. Si è creata un’occasione per una stupida e incosciente trasgressione, spesso incoraggiata dal terzomondismo di tanti professori “de sinistra” per i quali Israele è sinonimo degli odiati americani. Un immaginario rimasto fermo alla Guerra dei sei giorni e a quella del Vietnam. D’altronde, chi nel 1968 ha inneggiato a Ho Chi Minh e Pol Pot può “coerentemente” oggi sostenere Hamas e Ali Khamenei. La Giornata della Memoria quindi è stata ridotta a un ipocrita simulacro di esecrazione di un orrendo crimine del passato che allegramente qualcuno sta cercando di ripetere nel presente e magari anche nel futuro. Quel qualcuno si rifugia dietro l’Islam del fanatismo sciita di Teheran. Ma in tutti i Paesi in cui l’Islam ha un’influenza, di solito nefasta, sullo Stato di diritto e dove la democrazia non è mai esistita, l’odio contro gli ebrei è incoraggiato. E, d’altronde, quasi tutti i Paesi arabi negli anni Quaranta erano alleati e ammiratori di Hitler. Ci sarebbe quasi da proporre un esperimento che sa di provocazione quasi paradossale: e se questa fosse l’ultima Giornata della Memoria? Magari si scoprirebbe che gli episodi di antisemitismo in Europa regredirebbero. La prova, per chi scrive, andrebbe fatta.

Aggiornato il 27 gennaio 2025 alle ore 17:57