![Enzo Tortora e minori](/media/8307817/1526469248636_enzo-tortora.jpg?crop=0.10812013348164622,0.041389675798087257,0.1510567296996668,0.02067928971915467&cropmode=percentage&width=370&height=272&rnd=133788146730000000)
Sassolini di Lehner
Secondo Giuseppe Santalucia, presidente dell’associazione nazionale dei vari partitini della magistratura (Anm), dedicare il 17 giugno alle vittime della malagiustizia avrebbe l’effetto di “ledere il prestigio della magistratura”.
La data, 17 giugno 1983, è quella dell’arresto con tanto di telecamere spianate a fucilare Enzo Tortora, subito esposto alla gogna a mezzo video.
Quelle immagini, a riprova dell’associazione mediatico-giudiziaria per infangare, eterna vergogna del patto scellerato tra magistrati e giornalisti, diverranno il film noir quotidiano nella stagione di Mani pulite e non solo.
Di fatto, il gentiluomo Enzo Tortora, colpevole soprattutto d’essere liberale piuttosto che politicamente corretto, cioè comunista, fu condannato a morte da imputazioni infamanti (associazione camorristica e spaccio), che scatenarono il tumore da stress giudiziario, alimentato ed aggravato dalla insopportabile sofferenza di chi è accusato ingiustamente.
Poco meno di cinque anni dopo l’arresto-spettacolo, l’indimenticabile Enzo si spense il 18 maggio del 1988.
Al dottor Santalucia si potrebbe rispondere che a “ledere il prestigio della magistratura” non sarà una data in ricordo del massacro di Enzo Tortora, giacché alla lesione ci hanno già pensato molti magistrati, visto che circa il 10 per cento dei condannati sono risultati innocenti.
Le 80mila vittime della malagiustizia bastano ed avanzano per sfiduciare l’Ordine lievitato a Potere.
A ledere l’immagine contribuiscono, quindi, i milioni dei contribuenti spesi per risarcire le vittime degli errori e, talvolta, orrori di Procure e Tribunali (nel solo 2023, l’ingiusta detenzione ci è costata 28 milioni di euro).
Ad incrementare anno dopo anno il discredito è l’immagine di una corporazione divenuta casta faraonica esondante, velleitaria ed esosa.
Una vecchia pubblicità dettava: Galbani vuol dire fiducia.
La verità di oggi detta: Magistratura italiana vuol dire sfiducia.
Tiziana Panella de La7 ha ripreso da Dagospia l’imperativo del “Dìvide et impera”. Siccome non ha argomenti, né lo spessore semantico necessario, per attaccare frontalmente Giorgia Meloni, dedica parecchie puntate a demolire Matteo Salvini, contrapponendolo all’Esecutivo, come una sorte di alleato paradossalmente oppositore del centrodestra. La signora ce la mette tutta, ma non possiede la potenza di fuoco di Dagospia, che, al momento, rimane l’unica opposizione feroce ed incisiva, sia pure patologica e demenziale, al Governo. Patologica e demenziale certamente, visto che, D’Agostino, avendo esaurito la personale discarica di ingiurie, si è scatenato financo sugli arti della Meloni, rea di possedere non normali braccia muliebri, bensì “braccioni da boscaiola”. La povera Tiziana, dunque, resterà sempre una panchinara, perché il fuoriclasse, nonché fuori di testa, dell’antimelonismo rimane Roberto D’Agostino. La signora, forse, aspira ad essere assunta da Mediaset? Non lo so, ma se così fosse, bisogna compatirla e consolarla, perché gli eredi di primo letto, quel poco che resta di Silvio Berlusconi, puntano direttamente sui figli del Pci, a cominciare da Bianca Berlinguer.
Giorgio Mulé, esponente di spicco non più della Forza Italia del grande Silvio, bensì di “Forza Mediaset”, ridottasi ad essere più epicentro di sismi pulciari che politici, s’è ormai dimenticato d’essere stato giornalista, ignorando, ad esempio, che alcune case farmaceutiche che ci imposero il loro vaccino anticovid sono state costrette ad ammettere che l’intruglio poteva anche uccidere. E chi, a causa del vaccino che poteva e procurò trombosi, è rimasto in vita ma invalido in eterno, pesa sulle tasche dei contribuenti perché è lo Stato che, ex lege, deve risarcirlo con una adeguata pensione vita natural durante. Paga Pantalone, insomma, in luogo di chi incassò miliardi con i vaccini.
Era sembrata una buona cosa abbonare le multe a chi, nutrendo dubbi non del tutto infondati, preferì non sottostare all’obbligo delle vaccinazioni.
Ebbene, a nome degli interessi della ditta, Mediolanum compresa, Mulé, ignorando le tragedie delle vittime dei vaccini, ha raccontato il falso (“… non c’è nessuna evidenza che dimostri che i vaccini hanno fatto male”) come premessa dell’eroico gesto ordinato dall’alto: ”… certamente io non voterò l’amnistia delle multe”.
Certo, anche Silvio salvaguardava gli interessi delle sue aziende, ma, intanto, si dedicava all’arte della politica ed incollava le diverse anime del centrodestra. Ora, gli esponenti di “Forza Mediaset”, tipo Mulé, si sono specializzati in scollamenti.
Aggiornato il 16 dicembre 2024 alle ore 09:24