Le esternazioni da occupante abusiva d’immobili pubblici della neo deputata al Parlamento europeo, Ilaria Salis, ci hanno scioccato. Molte sarebbero le ragioni del nostro sgomento. La sfacciata impudenza nel rivendicare un comportamento criminale; la violenza insita nelle parole di chi asserisce che occupare abusivamente un immobile sia un atto di giustizia; il potenziale sovversivo di un pensiero fondato sul convincimento che le regole del gioco democratico possano essere disattese in base a una insindacabile valutazione soggettiva di cosa sia giusto; l’arroganza di voler farla franca e non risarcire economicamente l’ente pubblico danneggiato dalle procurate occupazioni abusive e violente; il giustificazionismo surreale di una condotta riprovevole; l’illogicità nel vestire i panni di un bizzarro Robin Hood, intento non già a rubare ai ricchi per dare ai poveri – come nella storia leggendaria del personaggio originale – ma beccata a defraudare “gli ultimi” dei pochi diritti che spettano loro.
Ilaria Salis è tutto questo. Non lo diciamo noi, indiziabili di una dichiarata avversione ideologica alla persona. Lo dicono i processi che l’hanno vista condannata, le inchieste giudiziarie svolte a suo carico; lo dice la cronaca nera quando il suo nome compare associato a violenze compiute ai danni delle forze dell’ordine. Lo dice la sua orgogliosa rivendicazione di appartenenza alla galassia teppistica dell’antagonismo sociale. Ciascuna delle ragioni che abbiamo elencato è stata ampiamente indagata da chi non ci sta ad accodarsi all’opera di beatificazione che la sinistra ha allestito per immunizzare la sua nuova icona dalle sacrosante critiche che le vengono rivolte. C’è stato chi le ha gridato contro: “Vergogna!”, chi invece ha condiviso l’iniziativa del Consiglio regionale della Lombardia di chiedere all’Aler, l’ente che gestisce il patrimonio immobiliare pubblico delle case popolari in Regione, di predisporre gli atti esecutivi per riscuotere le morosità dovute dalla Salis a fronte delle occupazioni abusive praticate. L’importo dovuto ammonterebbe a circa 90mila euro. E c’è stato chi ha applaudito all’iniziativa della magistratura ungherese di chiedere la revoca dell’immunità parlamentare per consentire la prosecuzione del processo penale a suo carico.
Tutto legittimo, tutto comprensibile. Ma, su di noi, le sue parole terrificanti hanno prodotto un singolare effetto. Sono state come la spermidina, assunta per rimettere in moto i neuroni dopo aver ripulito il cervello dagli aggregati proteici tossici accumulati nei troppi anni di narrazione subita del politicamente corretto. E la memoria, così traumaticamente risvegliata, non è dovuta andare lontano per riaversi dalle parole-choc della Salis. È corsa fino alla provincia settentrionale di Napoli, a Quarto, comune dell’area flegrea. Ha raggiunto Umberto, la sua storia, la tragedia vissuta e scampata. Umberto non è un fenomeno social. Non è uno che un casting di partito selezionerebbe per regalargli un posto da sogno all’Europarlamento. Non è un radical-chic che passa le giornate a spaccare porte e crani altrui per poi concedersi qualche weekend di meritato riposo – perché, come dice la Salis, occupare logora – nel cottage di famiglia all’Abetone.
Umberto è un “povero cristo”. Lavora nell’edilizia, dove e quando può. La vita non gli ha concesso granché. Però, un affitto di un alloggio popolare quello sì, glielo ha donato. Nessuna meraviglia allora se quella casa povera in tutti sensi, per Umberto sia il suo mondo, il suo luogo intangibile, il tempio delle poche cose che sono il suo tesoro. Anche nella miseria vi può essere nobiltà. E sacralità. Quel posto, la sua casa, lo rende un uomo libero. Ragione per la quale nessuno, qualsiasi motivazione abbia da addurre a giustificazione, avrebbe dovuto recargli offesa provando a portargliela via con la violenza e con la vigliaccheria. Eppure, è accaduto. A novembre dello scorso anno, in una giornata che sembrava somigliare a tutte le altre, la vita di Umberto è stata travolta dall’imponderabile. Era appena uscito per recarsi al lavoro e un vicino lo avvertiva che degli sconosciuti si erano introdotti in casa e l’avevano occupata. Una notizia del genere ti fa crollare il mondo addosso. Ed è quello che è capitato allo sfortunato Umberto.
All’improvviso non ha potuto accedere a ciò che gli apparteneva di diritto, alle sue cose, ai suoi effetti personali. Per giorni ha dormito in auto. Ha indossato gli stessi abiti. Ha temuto che i violatori del suo domicilio buttassero via, con la sua vita, anche i mobili e le suppellettili. Umberto ha denunciato. Ha pianto. Ha implorato. E le autorità? Lo hanno invitato a star calmo, a non fare stupidaggini, ad avere fiducia nella legge. Poi, per sua fortuna, gli è arrivato il soccorso di un politico napoletano, Francesco Emilio Borrelli, noto in città per le battaglie combattute contro le occupazioni abusive. Il trambusto scatenato dal focoso parlamentare, la preoccupazione che sul piccolo centro flegreo si accedessero i fari dei media nazionali, hanno spinto le autorità locali a risolvere rapidamente il problema restituendo Umberto al suo diritto, alla sua vita e alla sua dignità.
Un lieto fine che però non vale per tutti, perché tanti ancora sono i casi in cui i violenti alla Salis hanno avuto la meglio sui più deboli. Ma c’è stata un’appendice esilarante che, se l’argomento non fosse drammatico farebbe sganasciare dalle risate. Già, perché l’ottimo deputato Borrelli, difensore dei diritti degli ultimi e al quale va tutto il nostro rispetto, appartiene – udite, udite – ad Alleanza Verdi e Sinistra, cioè lo stesso partito che alle Europee ha candidato la occupatrice seriale Ilaria Salis. È proprio vero che quei due, la coppia Nicola Fratoianni-Angelo Bonelli, al posto della faccia hanno un’altra parte del corpo che per decenza non citiamo. Per giustificare l’ingiustificabile – e per tutelare il loro investimento elettorale – ora dicono che violare la legge si può, quando occorre. Se è così che stanno le cose abbiano il fegato – e qualche altra cosa che sta più in basso – di raccontarlo a Umberto. Lo vadano a dire a quelle decine di migliaia di poveri fessi che, disciplinatamente incolonnati nelle graduatorie pubbliche per l’assegnazione di alloggi popolari, aspettano invano da tempo immemore che lo Stato si ricordi di loro. Lo vadano a spiegare a chi, questa notte, dormirà in auto perché al suo posto, nel suo letto, c’è qualcun altro che non ci dovrebbe stare.
E lo dicano al loro compagno di partito che, nella Napoli della camorra e del degrado, ha fatto della lotta contro le occupazioni abusive ragione di vita e d’impegno politico. Anzi, facciano di meglio. Ci mandino la Salis in persona a ripetere le cose farneticanti che ha detto ai microfoni dei media dalle ovattate stanze del Parlamento europeo. Provi lei a spiegare ai poveri cristi come debbano sentirsi gratificati del fatto che portargli via un diritto, abusare della loro debolezza, sia un atto di giustizia sociale pensato e realizzato a loro beneficio. Difficile però che il “pacco raccomandato” Ilaria Salis abbia voglia di farsi vedere da quelle parti, lì dove la miseria ha un volto e una carta d’identità. Lei, brianzola di buona famiglia, cocca di papà, ipocrita borghesuccia convertita per noia alla religione satanica dell’antagonismo sociale dei fighetti gonfi di odio e di quattrini, la sua battaglia di rivoluzionaria immaginaria la combatterà più comodamente dal fronte dei salotti e delle apericene di Strasburgo.
Cara Ilaria, sarai stata pure brava a convincere 176.554 individui, da Nord a Sud, a votarti alle Europee. Che l’abbiano fatto per disciplina di partito, o perché condividono il tuo modo di fare o perché pensano che tu sia una povera vittima del “cattivo” sistema giudiziario ungherese, non fa differenza. Ti hanno votato e sta bene così. Ma sappi che non ci incanti. Perché, citando Pericle: “Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso”. Dalle nostre parti facciamo così. Ma siamo anche ben consapevoli che “Questa democrazia l’abbiamo conquistata col sangue e la galera. Non possiamo correre il rischio di perdere la libertà per colpa di chi la usa per rubare”. Sai chi la diceva questa cosa, che l’ha insegnata a noi? Un tale Sandro Pertini. Se il nome non dovesse suggerirti niente, informati in giro per scoprire chi fosse. Magari avrai una bella sorpresa.
Aggiornato il 28 giugno 2024 alle ore 11:02