La domenica delle salme

La verità è che l’Isis se ne frega. Al netto della complessità geopolitica e dell’entropia sociale innescata dai grandi fenomeni storici, l’Islam – d’accordo, nella sua versione peggiore e quindi radicale, estremista, assassina con vocazione egemonica – ecco, l’Islam odia il pacchetto completo griffato Occidente. In senso lato, certo. Che poi quest’ultimo veda scannarsi tra di loro i propri figli è un elemento fattuale decisamente marginale per le bestie di Allah.

La Russia diviene vittima e carnefice nello stesso medesimo istante, ricoprendo quindi il doppio ruolo in maniera pressoché simultanea lungo il continuo fluire del tempo; come fosse l’esito di un’illusione ottica andata male o come se stessimo parlando di una canzone di Vasco Rossi. I terroristi hanno paradossalmente colpito Mosca nel suo volto più occidentale, cioè quello ancora non corrotto da contaminazioni putiniane, ovvero laddove sono ancora praticati usi e costumi impregnati di leggerezza, svago, cultura. Un teatro, della buona musica, una serata per staccare, famiglie, bambini.

L’islamismo riesce a trovare quel che di buono si cela perfino dietro la peggiore forma di Governo al fine di annientarla o, comunque, di assopirla per gettare nel caos l’intero sistema. È il Joker, e quindi l’irrazionale, che umilia il procuratore distrettuale Harvey Dent in quanto emblema di logica e coerenza. E così l’Isis se ne frega: di Vladimir Putin e della guerra in Ucraina poiché ha come scopo quello di annichilire la speranza in tutte le sue espressioni e testimonianze, nelle sue manifestazioni e in quel tentativo essenzialmente umano di ricercare feritoie dietro ferite a volte lancinanti.

Aggiornato il 25 marzo 2024 alle ore 14:43