Giorgia Meloni in Egitto: che domenica bestiale

Domenica 17 marzo è una data da cerchiare in rosso. La ricorderemo a lungo. Già, perché al Cairo è stato scritto un pezzo di storia. E a farlo sono state due signore – Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni – che da qualche tempo fanno coppia fissa. Ursula e Giorgia erano nella capitale egiziana per sottoscrivere accordi con il leader di uno dei Paesi chiave in tre settori dello scacchiere globale: il Mediterraneo, il Medio Oriente, l’Africa del Nord e dell’Est. La visita si è articolata in due distinte missioni: una europea, l’altra specificamente italiana. La prima. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen – accompagnata, oltre che dal premier italiano, dal cancelliere austriaco Karl Nehammer e dai primi ministri belga Alexander De Croo, greco Kyriakos Mītsotakīs, cipriota Nikos Christodoulidīs – ha sottoscritto con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi un partenariato globale e strategico tra l’Unione europea e la Repubblica araba d’Egitto. La seconda. In un bilaterale Italia-Egitto sono stati siglati 10 memorandum d’intesa su accordi di cooperazione. Un indubbio successo della presidente della Commissione europea, stimolato e propiziato dall’ottimo lavoro diplomatico svolto dal Governo italiano. L’intesa di fatto colloca il Paese nordafricano nella zona d’influenza dell’Europa.

Nella dichiarazione congiunta Ue-Egitto è scritto testualmente: “L’Unione europea riconosce l’Egitto come un partner affidabile, così come riconosce il ruolo geo-strategico unico e vitale dell’Egitto come pilastro di sicurezza, moderazione e pace nella regione del Mediterraneo, del Vicino Oriente e dell’Africa”. Con tutto quello che sta accadendo nell’area – dall’operazione israeliana anti–Hamas a Gaza, al terrorismo houthi nel Mar Rosso, alla perenne instabilità della Libia e del Sudan, ai capovolgimenti politici in chiave anti-occidentale nel Sahel – si comprenderà bene l’importanza capitale che assume la decisione dell’Unione europea di aiutare l’Egitto a sopravvivere, nell’auspicio che possa costituire un’efficace barriera allo scatenarsi di un’ondata migratoria dall’Africa e dal Vicino Oriente verso l’Europa. L’argomento più credibile, che gli europei hanno messo sul tavolo per sostanziare l’elenco di buoni propositi illustrati nel documento di costituzione del partenariato strategico, è rappresentato da un pacchetto finanziario ripartito in sovvenzioni e investimenti da 7,4 miliardi di euro per i prossimi 4 anni. L’obiettivo che i partner europei intendono raggiungere si focalizza sul sostegno concreto all’implementazione dei 6 pilastri della cooperazione Ue-Egitto sui quali poggia l’Agenda di sviluppo 2030 dell’Egitto.

In particolare, si punta allo sviluppo anche in terra egiziana di settori dell’economia moderna quali l’energia rinnovabile e l’idrogeno rinnovabile, l’industrializzazione avanzata, l’agricoltura, la sicurezza alimentare, la connettività e digitalizzazione, la sicurezza idrica e la gestione delle acque. La formula è: produrre ricchezza per migliorare la qualità della vita della popolazione e creare lavoro perché gli egiziani possano restare a casa loro e non desiderare di migrare in Europa. L’asse portante di un’operazione finanziaria di tale portata mira a dare all’Egitto sufficiente stabilità macroeconomica connessa a una crescita economica sostenibile nel lungo termine. È la ricetta giusta per bloccare il fenomeno migratorio da una nazione di oltre 112 milioni di abitanti con un Pil pro-capite a prezzi correnti, nel 2023, di circa 3.800 dollari. La sinistra italiana è insorta contro il duo Meloni-von der Leyen accusato di aver offerto un’ancora di salvezza a un dittatore.

Al-Sisi non sarà un campione di democrazia e di rispetto dei diritti umani, ma domandiamoci – cosa che la sinistra si guarda bene dal fare – cosa accadrebbe all’Europa e all’Italia se l’argine egiziano cedesse? L’invasione del Vecchio continente. Ma non devono preoccupare solo i potenziali migranti egiziani. Il Paese nordafricano è anche un crocevia di transito delle migrazioni dal Sud. Ecco perché il sostegno all’Egitto resta determinante per depotenziare i fattori di rischio derivanti dalla deflagrazione del quadrante mediterraneo-africano-medio orientale. Riguardo, invece, ai rapporti bilaterali Italia-Egitto, la firma di oltre 10 memorandum d’intesa, che spaziano dall’agricoltura sostenibile al sostegno per le Pmi, a progetti di sviluppo delle infrastrutture e di miglioramento della sanità, rappresentano una pietra angolare nella costruzione di quel “Piano Mattei per l’Africa” che è la stella polare del Governo Meloni nella costruzione della politica estera dell’Italia.

Ma la domenica cairota non restituisce soltanto una pagina di successo della politica europea, e italiana. L’accresciuta sintonia personale tra la Meloni e la von der Leyen sposta a destra il baricentro dell’Unione che auspicabilmente risorgerà dalle urne delle prossime elezioni europee. Lo dicono i sondaggi: per una destra che avanza in tutte le sue declinazioni c’è una sinistra rossoverde che arretra. Tra le destre, dovrebbe prevalere l’ala conservatrice rappresentata dal Partito dei conservatori e dei riformisti europei, guidato da Giorgia Meloni. Ursula von der Leyen, com’è noto, è stata riconfermata dal Partito popolare europeo come candidata alla guida della Commissione europea per il quinquennio 2024-2029. La sua presidenza nella legislatura che sta per concludersi è stata sostenuta da un accordo tra popolari, liberali e socialisti – la cosiddetta maggioranza “Ursula” – che difficilmente, stando sempre ai sondaggi, potrà essere riproposta dopo il voto di giugno. Diversamente, potrebbe avere una chance di successo un’intesa di centrodestra circoscritta a popolari e conservatori. É questa l’ipotesi a cui sta lavorando la Meloni e che non dispiace affatto alla presidente von der Leyen. Soluzione, invece, sgradita al francese Emmanuel Macron e al tedesco Olaf Scholz.

Un liberale ibrido il primo, un socialdemocratico il secondo. I due, interpreti dell’asse carolingio, hanno un comune obiettivo che supera il livello delle loro stesse divergenze: emarginare Giorgia Meloni e tenerla lontana dalla plancia di comando della Ue. Obiettivo velleitario se si considera che entrambi i leader, con buone probabilità, andranno incontro a umilianti sconfitte elettorali nei loro Paesi. L’unica possibilità che i due hanno di ribaltare il pronostico resta quella di spingere il Partito popolare europeo a chiudere la porta a intese con i conservatori. Se così fosse la guerra si trasferirebbe all’interno del Partito popolare europeo, dove si confronterebbero le due anime del popolarismo continentale: quella che tendenzialmente si presta a svolgere un ruolo ancillare rispetto all’egemonia culturale del progressismo relativista, ateo, materialista e succube dei furori ambientalisti e quella tradizionalmente ancorata ai valori cristiani, fedele ai pilastri dell’economia sociale di mercato, contraria alla politica delle “porte aperte” riguardo ai grandi fenomeni migratori del nostro tempo. In tale cornice di scenario è ipotizzabile che il sostegno tattico offerto dalla Meloni alla von der Leyen miri a condizionare il dibattito all’interno del Partito popolare europeo.

Il ragionamento che supporta la tattica di Giorgia Meloni è comprensibile: offrire a Ursula l’opportunità di incassare risultati positivi nella guida della Commissione ne rafforza la posizione quale candidata a succedere a sé stessa e, soprattutto, sbarra la strada a quella componente attiva nel Ppe che la sacrificherebbe volentieri sull’altare di un patto anti-destra con il “campo largo” delle sinistre in Europa. È forse un caso che Matteo Renzi, la voce di Emmanuel Macron in Italia, abbia sferrato un attacco a freddo alla von der Leyen dicendo che la sua politica ha fallito e per questo non merita un secondo mandato? È forse un caso che Emmanuel Macron e Olaf Scholz s’inventino un triangolare con la Polonia del neo Primo ministro Donald Tusk, campione del popolarismo ancillare che tanto piace ai progressisti, per discutere di guerra in Ucraina, ignorando platealmente la von der Leyen e l’Italia? In politica nulla accade a caso. Lo scontro tra due opposte visioni dell’Europa è in atto. Se fosse una partita di calcio, l’intesa con Abdel Fattah al-Sisi sarebbe un goal segnato dalla coppia Meloni-von der Leyen a pochi minuti dal novantesimo, che i radiocronisti racconterebbero pressappoco così: Ursula a rete su un assist di Giorgia.

Aggiornato il 20 marzo 2024 alle ore 09:42